Un’altra apertura della caccia

Terza domenica di settembre significa apertura della caccia, ufficiale, su tutto il territorio nazionale. Concedendo a pochi quello che è vietato a tutti, un retaggio di quando gli uomini andavano a caccia per fame. Mentre ora vanno a caccia per divertimento. Certo la morte è sempre tale, ma impartirla per divertimento e non per necessità un poco sconcerta.
Come ogni stagione venatoria che si rispetti la caccia si apre seguendo sempre lo stesso straccio e stereotipato copione: i cacciatori invadono le campagne, ci scappano sempre morti e feriti, il mondo venatorio lamenta che non c’è più selvaggina e gli ambientalisti auspicano che a scomparire siano i cacciatori.
Un tormentone che oramai conoscono tutti, ma che viene ignorato a piè pari dai politici. In fondo qualche argomento di riflessione ci dovrebbe pur essere no? Morti e feriti, campagne e boschi interdetti ai cittadini che non siano in armi e gli stessi cacciatori che lamentano manchino le prede. Non pare nemmeno necessario fare il totale di questi addendi, ci si arriva lo stesso. Ma non è così.
La politica ha bisogno dei cacciatori
Il vero motivo per cui la politica non guarda in modo diverso, come sarebbe logico, la caccia è semplice, comprensibile, logico. Si chiama voto di scambio: io lascio fare qualcosa a te, tu voti per me. Comportamento che ha nella Lega il suo massimo esponente, da sempre legata a doppio filo con gli armieri e con i cacciatori del Nord, seguito a ruota dal PD e da altre formazioni. I cacciatori sono una certezza, votano compatti, ci sono, mica come spesso avviene per ambientalisti e animalisti, che si occupano anche di altre questioni per esprimere una preferenza.
Durante il fascismo la caccia era vista con grande favore per il motivo che si trattava di un’attività propedeutica alla guerra. Un po’ come dire che esercitare la violenza sugli animali, esercitarsi a sopportare la vista del sangue, sarebbe poi stato utile in caso di conflitto. Ancora una volta riemerge il salto di specie.
Detto millenni da quando l’uomo ha conquistato la stazione eretta, essendo divenuto quello che oggi è identificato come homo sapiens sapiens un po’ inquieta. La guerra, in tutte le sue variegatissime forme, è nel nostro DNA, l’alleviamo sino da piccoli e non riusciamo a combatterla nemmeno quando siamo grandi. La violenza ci appartiene, solo che qualcuno cerca di spingerla in fondo al pozzo della sua vita, mentre qualcun’altro la alimenta, la nutre, la coccola.
Uccidere per divertimento è una patologia e non può essere ritenuta un’attività normale
L’apertura di caccia inizia solitamente con lo sterminio della fauna che è stata rilasciata dai cacciatori: fagiani, lepre, starne e pernici. Prima che qualcun’altro sottragga loro quello che hanno pagato, questo presumibilmente deve essere il loro pensiero.
Dopo si spara un po’ a tutto e l’abbattimento di specie protetta (umani compresi) diventa il filo conduttore di tutta la stagione, dall’apertura della caccia alla sua chiusura. Un periodo in cui ai normali cittadini, che dovrebbero essere i proprietari legittimi del capitale naturale, anche se in modo traslato visto che la natura non dovrebbe avere padroni, sono invece espropriati dei loro diritti.
La legge recita che “la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelato nell’interesse della comunità nazionale e internazionale“. Un’affermazione tanto fondamentale quanto smentita dai fatti. Pochi centinaia di euro, una licenza di caccia è quello che dovrebbe essere anche mio viene svenduto a un manipolo di armigeri.
Una colpa però gli italiani che osteggiano la caccia ce l’hanno: nessun referendum ha mai raggiunto il quorum per essere ritenuto valido, forse perché troppi han preferito i litorali in tarda primavera che le cabine elettorali. Vanificando gli sforzi di chi ce l’aveva messa proprio tutta per consentire alle persone di esprimersi.
Prima o poi dovremo comunque fare i conti con attività che non ci possiamo più permettere, con una gestione faunistica incentrata sulla caccia, sul perno sbagliato per il raggiungimento di un risultato intelligente.