Stop al Giappone sulla caccia alle balene!

Militanti di Greenpeace contrastano le baleniere giapponesi.

Militanti di Greenpeace contrastano le baleniere giapponesi.

La sentenza del tribunale internazionale dell’Aja che ha stabilito il divieto per il Giappone di continuare a praticare la caccia ai cetacei, in nome di una finta ricerca,  ha un valore storico, non solo per l’integrità della loro popolazione, sempre più minacciata dal peggioramento delle condizioni ambientali di mari ed oceani, ma soprattutto per l’inversione di rotta che testimonia.

In questi anni solo poche organizzazioni hanno davvero combattuto contro lo strapotere dei giapponesi, che per garantire il consumo di carne di balena hanno giustificato questa caccia sotto la bandiera della ricerca: Greenpeace e Seashpherd(altro…)

Delfini: la strage di Taiji

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In questi giorni in Giappone, a Taiji, si sta riproponendo l’orrenda mattanza dei delfini destinati a finire come filetti nei piatti dei nipponici oppure, per più sfortunati, a rimpolpare i delfinari di tutto il mondo.

Questo massacro si ripete, da sempre, nella più completa indifferenza delle potenze mondiali, che per ragioni economiche continuano a tollerare che il Giappone faccia scempio dei cetacei, con la caccia alle balene, le mattanze e la cattura dei delfini.

Le proteste delle associazioni, i documentari come “The cove” e tante azioni messe in atto in ogni parte del pianeta stanno costringendo il governo nipponico a riflettere, a moderare, a diminuire le proporzioni della mattanza. Non una vittoria ma certamente un progresso, un passo verso la definitiva chiusura di una pratica barbara, percorso su una strada ripida.

Impossibile però non pensare ai delfinari, strutture presenti in quasi tutti i paesi del mondo, Europa compresa: questi luoghi di prigionia, spesso ammantati da scopi scientifici, alimentano la strage di Taiji. Ma è il pubblico che alimenta e incrementa queste strutture. Il classico girotondo non virtuoso dove la benzina di un’economia negativa sono i consumatori, i fruitori degli spettacoli, gli insegnanti che portano in gita i bambini dove ci sono delfinari.

Quante volte siamo noi che premiamo il grilletto della pistola che conficcherà un pistone d’acciaio nella testa di un vitello oppure armiamo il braccio che lancerà l’arpione verso uno dei delfini di Taiji? Quante volte siamo noi che vogliamo avere in casa il pappagallo, il serpente o il cagnolino di razza, senza voler vedere cosa nasconde il traffico di esseri viventi?

Penso che una riflessione sia necessaria, specie da parte di quanti amano il loro cane e vanno al circo, adorano il loro gatto ma portano i bambini al delfinario, dicono di amare gli animali ma tengono l’uccellino in gabbia o il pappagallo sul trespolo.

Diversamente la sottile linea rossa che divide il bene dal male rischia di diventare evanescente, labile, invisibile e con la sua scomparsa, purtroppo, spariscono i diritti di uomini e animali.

 

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