Sergio Spirito faceva il veterinario a Foggia, terra di canili e di randagismo, ma anche di persone che si adoperano per limitarne i danni. Ci siamo conosciuti alla fine degli anni ’90, per la mia attività di allora nel Consiglio nazionale di ENPA. Ci siamo piaciuti subito, forse perché entrambi non amavamo i giri di parole. Diciamo, per amore di verità, che le cose che ci hanno accomunato erano la totale assenza di diplomazia e l’amore per l’ironia. Oltre a un grande amore e rispetto per gli animali, naturalmente.
Con Sergio, insieme a Ettore Degli Esposti, un altro grande amico scomparso prematuramente, andammo a Bucarest nei primi anni duemila, per vedere di capire come poter arginare l’orrore contro i randagi. Allora mi occupavo di comunicazione per ENPA e decidemmo che dovevamo fare qualcosa, almeno provarci, per interrompere maltrattamenti atroci. Con la caduta del regime di Ceausescu, nel 1989, molte cose erano andate fuori controllo, randagismo compreso.
L’allora sindaco di Bucarest, Basescu, aveva lanciato una campagna per ripulire la città e come sempre accade, quando ci sono queste decisioni, a pagare il prezzo più alto sono sempre gli ultimi. E le immagini che arrivavano dalla Romania facevano vedere cassonetti pieni di randagi, morti e moribondi, dati alle fiamme.
Sergio Spirito era un combattente, che per carattere non poteva piacere a tutti
Non riuscimmo, né con Sergio né con ENPA, a interrompere la mattanza e il discorso sarebbe lungo: però fornimmo almeno piccoli aiuti per far nascere in qualcuno una speranza. Diventando la fiammella che diede origine all’intervento di Sara Turetta e di Save The Dogs, che iniziarono a mettere le basi per una maggior civiltà in quella terra così particolare.
Credo che tutti nella sua regione, amici e antagonisti, riconoscano nella vita di Sergio perseveranza, coraggio, visione e totale assenza di interessi personali. Un veterinario che si è sempre speso nel contrasto del randagismo, nel curare gli animali di chi aveva poche possibilità, nel seguire come veterinario il lavoro dell’associazione A Largo Raggio. Con la tenacia, probabilmente spesso irruente, di chi crede in quello che dice e in quello che fa.
In questi anni ci chiamavamo di tanto in tanto, per parlare di animali, per cercare di mettere insieme qualche iniziativa, ma anche per il solo piacere di sentirci. Anche durante i primi tempi della malattia, quando la speranza e la tempra del combattente non erano ancora fiaccate dalle bordate del nemico mortale. Sicuramente mancherà agli amici, a chi gli ha voluto bene, ma credo che mancherà anche agli animali e persino ai suoi nemici. Che non potranno fare a meno di inchinarsi di fronte alla memoria di una persona limpida e perbene. Che poi, diciamolo, non sono caratteristiche che si trovano facilmente.
Gli occhi sbarrati di questo cucciolo sono lo specchio del terrore che lo attanaglia, in un canile di Ovidiu, vicino a Costanza, nota località balneare sul mar Nero, in Romania. Uno dei tanti cani catturati sul territorio della provincia per essere abbattuti dopo 14 giorni.
Certo indigna la morte, la stupidità di poter pensare di combattere il randagismo sopprimendo i cani senza occuparsi di chiudere il rubinetto che, anche in Romania, alimenta il grande fiume del randagismo. Quello delle nascite che dipendono in massima parte dai cani padronali, lasciati liberi di vagare e dagli abbandoni dei cuccioli sul territorio.
La crudele agonia dei cani rumeni in attesa della morte indigna anche per le condizioni di maltrattamento in cui sono tenuti i cani prima di essere soppressi, chissà come. In una pessima struttura, fatiscente e con gabbie sovraffollate, in un paese comunitario nella quale, dalla sola città di Costanza, pare arrivino 150 cani al mese. Almeno la metà usciranno da questo canile morti.
Questa è una storia ciclica in Romania, un fantasma che appare e scompare, un incubo che talvolta sembra svanire, quello di cattura e soppressione dei randagi, per poi ricomparire. Sempre con le stesse orrende modalità, fatte della più completa assenza di rispetto verso la sofferenza degli animali, ma anche verso la popolazione di un paese che subisce il peggio da una politica troppo spesso corrotta.
La crudele agonia dei cani randagi
Un paese in cui molti cittadini protestano contro queste mattanze. Inutilmente, purtroppo. Così a tempi alterni le amministrazioni si impegnano per sterilizzare i cani sino a che, al cambio di amministrazione o semplicemente per convenienza, muta la strategia e riprendono catture e uccisioni.
Purtroppo, come in Italia, la corruzione in Romania è un fenomeno endemico, mai sconfitto, e così accade che un’amministrazione riprenda le uccisioni solo per garantire buoni affari a qualche amico compiacente.
Da anni si procede così e il probema non sono solo le uccisioni, ma la barbarie che accompagna la cattura, il trasporto e la detenzione di questi cani, condannati a morte, nelle strutture di custodia. Pessime, fatiscenti, gestite senza nessun rispetto per gli animali.
Una gestione che l’Europa non dovrebbe accettare perché se è vero che in molti paesi l’eutanasia dei randagi è ancora vista come il miglior metodo per contrastare il randagismo (anche nella civilissima Gran Bretagna), non può essere consentito a un paese membo di essere così crudele con animali condannati a morte.
L’associazione Save the Dogs, da anni é impegnata in Romania in attività di contenimento del randagismo, di soccorso ma anche di collaborazione con le autorità nei momenti in cui queste si comportano in modo civile e rispettoso dei diritti animali. Ora si sta impegnando con tutte le sue energie per fare cessare i massacri che avvengono nel canile di Ovidiu, vicino a Costanza.
Ha diffuso accorati appelli tramite la sua pagina Facebook, per cercare di coinvolgere più persone possibile, ha attivato una petizione (la trovate qui)per ottenere la chiusura dell’azienda Green Life Recycling. Azienda una volta si occupava solo di riciclare cartoni, ha scritto una lettera alla tennista rumena Simona Halep (leggi qui), la numero uno nel mondo, ma nulla al momento sembra essere efficace per fermare questo campo di concentramento per cani.
In Italia, con tutti i suoi difetti, si applica la linea no-kill
Certo noi italiani non possiamo fare finta di essere primi della classe, non ci mancano i canili lager o gli avvelenamenti, come recentemente successo a Sciacca, né siamo migliori nelle attività di sterilizzazione, come dimostra la nostra triste situazione meridionale. Non abbiamo più l’eutanasia dei cani, ma non sappiamo chiudere tutti gli affluenti del grande fiume che si chiama #randagismo con sterilizzazioni a tappeto.
Questo video non contiene immagini forti, ma alcune volte gli occhi dei cani, gli sguardi, colpiscono l’aima più di una ferita, di una violenza. Forse perchè peggio del dolore c’è l’espressione rassegnata di chi fa i conti con il suo destino. E in queste immagini è proprio questa consapevolezza a fare orrore.
Forse siamo anche più colpevoli di una democrazia giovane come quella della Romania, ma non possiamo per questo rinunciare a far sentire la nostra voce quando accadono fatti così, quando si calpesta ogni diritto di tutela che gli animali dovrebbero avere. Almeno in Europa.
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