Tutelare la biodiversità attraverso il mirino del fucile

Tutelare la biodiversità attraverso il mirino del fucile è un’attività incompatibile con il buon senso e altera la percezione corretta dei possibili rimedi, ma non bisogna dirlo a Donald Trump Jr., fotografato con quello che era un bufalo, prima di diventare solo un inutile trofeo.

Difficile sentirsi rassicurati dall’elezione a presidente della prima super potenza planetaria di Donald Trump, sicuramente non un pacifista né un ecologista, con figli che hanno girato i quattro angoli del globo uccidendo ogni tipo di animale, come dimostrano le foto che hanno oramai fatto il giro del web.

Ma non è The Donald il fulcro di questo articolo, già sono scorsi fiumi di inchiostro e non solo, prima ancora che si sia insediato e ben poco si potrebbe aggiungere al profilo di un presidente che vede l’ambiente come un nemico da battere e il riscaldamento globale come un’invenzione fatta per danneggiare le imprese americane.

Lo spunto me l’ha invece fornito la vicenda degli ammotraghi presenti nel parco del Beigua, una specie di capra di montagna simile al muflone ma originaria dell’Africa settentrionale, già reintrodotta in Spagna per ragioni legate, neanche a dirlo, alla caccia e arrivate invece nel Beigua a causa di una fuga da una riserva, come indica un articolo de Il Secolo XIX . Ora questi ammotraghi, un gruppetto di 3/4 individui, sono stati messi sotto osservazione da parte dell’ISPRA che deve valutare il da farsi, considerando che secondo le direttive europee le specie alloctone andrebbero rimosse dal territorio.

Trattandosi di 3/4 animali prudenza vorrebbe che venissero individuati, anestetizzati con apposito fucile e portati in un ambiente controllato, prima che si riproducano, che aumentino di numero, che diventino una popolazione da abbattere a fucilate per la gioia dei cacciatori. Questo è proprio il nocciolo del problema: come mai in Italia non si riesce a intervenire con tempestività sin da quando si tratterebbe di catturare solo pochi animali e si aspetta che diventino, invece,  una popolazione consistente? Peraltro 3/4 ammotraghi potrebbero anche essere sterilizzati e reimmessi nel territorio, tanto si tratta di capre di montagna che non fanno danni se contenute numericamente.

A pensare male viene da dire che questi alloctoni di varie specie che sono stati fatte crescere numericamente in modo importante rappresentino poi una preda per i cacciatori nostrani, che nella loro costante attività di supporto alla collettività possano così indossare i panni dei protettori della natura e avere una specie in più sulla quale far fuoco, per giunta durante tutto l’anno: il cosiddetto selecontrollo.

Ma quello che fa specie sono certi ambientalisti, certe associazioni di protezione ambientale, che vorrebbero sterminare anche a fucilate e/o con qualsiasi altro metodo tutti gli animali alloctoni, rei di entrare in competizione con la nostra fauna. Certo la tutela ambientale è prioritaria però bisognerebbe tenere conto anche della realtà, che di fatto impedisce l’eradicazione di buona parte delle specie alloctone quando sono state fatte crescere a dismisura proprio per la politica dell’immobilismo o per l’immobilismo politico, a seconda dei casi. In questo modo una piccolissima colonia di procioni comparsi nella zona dell’alto Adda alla fine degli anni ’90 sono stati lasciati crescere indisturbati, per non affrontare i costi delle catture, e ora che la popolazione si stima essere di almeno un centinaio di soggetti si stanziano fondi per affrontare la presenza di questi animali. Per catturarli? Nossignore, per abbatterli a fucilate.

Scientificamente è provato che una popolazione, numerosa e in grado di adattarsi e riprodursi, non può essere eradicata a fucilate o con altri metodi violenti: non perché lo dicano gli animalisti, come sostengono certuni ambientalisti e il popolo dei cacciatori, ma perchè lo dicono la scienza, gli insuccessi e la mancanza di dinamiche di decrescita delle popolazioni, motivate dalla pressione venatoria. Per indicare i nomi dei responsabili dell’insuccesso degli abbattimenti possiamo tranquillamente parlare di cinghiali, cornacchie grigie, nutrie, parrocchetti, gamberi della Louisiana, scoiattoli grigi e molte altre specie ancora. 

Tutto questo dimostra che tutelare la biodiversità attraverso il mirino del fucile è non solo un tentativo inutile, crudele, insensato ma anche e soprattutto rappresenta un’attività non risolutiva. La soluzione a questa tipologia di problema è possibile solo quando le specie animali che lo originano provengano dal commercio destinato al mercato amatoriale o degli allevamenti per scopo alimentare o per la pellicceria, vietando l’importazione delle specie alloctone che possono ragionevolmente adattarsi ai nostri climi. Nulla si può fare quando le specie esotiche arrivano per migrazione o dispersione causata da vari fattori, che vanno dal raddoppio del canale di Suez al riscaldamento globale.

 

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