
La vigliaccheria criminale dei piromani ha colpito ancora. Sta bruciando il Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga e altri incendi devastano la Sicilia. Distruggendo aree naturali protette, di una bellezza incommensurabile, creando un danno non solo all’ambiente ma anche alle economie locali. Mettendo a rischio la vita delle persone e di migliaia e migliaia di animali.
Brucia come anno l’Italia e appare evidente che la scelta di dove far scoppiare le fiamme non sia casuale. Gli incendiari scelgono spesso aree di pregio naturalistico, come fosse una vendetta nei confronti dei tanti che operano per difendere il nostro meraviglioso ambiente. Così va in fiamme in Sicilia l’area di Monte Cofano, poco distante da San Vito Lo Capo e vedere l’immagine dell’intero monte in fiamme stringe il cuore.
La vigliaccheria criminale dei piromani deve far adottare contromisure d’eccezione per non mandare in fumo il capitale naturale
Gli incendi naturali sono una fonte di rinnovamento ambientale, non devono essere considerati in assoluto un fenomeno negativo. Considerazione che non può essere considerata valida quando gli incendi hanno un’origine umana, dolosa. Azioni che equivalgono allo sfregio di un monumento, all’incendio doloso di una cattedrale. L’ambiente deve essere considerato come un monumento vivente, un bene collettivo con un’importanza enorme per la collettività.
Per questo occorre fare molto di più per contrastare la distruzione ambientale, mettendo in campo misure repressive che costituiscano un effettivo strumento di deterrenza. Che in parte compensino la difficoltà d trovare i responsabili degli incedi dolosi, che come avviene per gli avvelenatori, sono criminali che hanno gioco facile. Durante la stagione secca far prendere fuoco alla macchia è un gioco da ragazzi, proprio come spargere bocconi avvelenati.
I responsabili, in entrambi i casi, seppur con entità di danno molto differenti, accettano lo stesso rischio: quello di poter uccidere persone. Senza preoccuparsi delle reali conseguenze delle loro azioni, che condannano a morte territori e fauna. Per gli incendi boschivi l’articolo 423 bis del Codice Penale, introdotto nel 2000, prevede la reclusione fino a 10 anni per i responsabili. Oltre al risarcimento dei danni provocati dall’incendio, anche se l’evento si concretizza per colpa della persona imputata. Ma evidentemente non basta per costituire un deterrente efficace.
Esclusione dalle attenuanti, processi con corsie preferenziali per i reati ambientali e misure di prevenzione potrebbero fare la differenza
Ma se le sanzioni tardano e la prescrizione può salvare molti dei responsabili occorrono allora differenti attività di prevenzione degli incendi. Misure cautelari per gli indagati, dall’obbligo di firma al divieto di dimora in determinati luoghi per arrivare alla creazione di una rete di sorveglianza capillare, che possa consentire l’individuazione dei focolai prima che si trasformino in incendi di proporzioni devastanti.
I costi che la collettività paga ogni anno a causa delle attività degli incendiari sono enormi. Con la perdita non soltanto di migliaia di ettari di superficie boscata ma anche con la morte di moltissimi animali che non riescono a scappare prima dell’arrivo del fuoco. Eppure la tecnologia potrebbe venire in aiuto contro gli incendi, con la creazione una rete di rilevamento intelligente, che potrebbe in tempo reale monitorare il territorio facendo confluire i dati una centrale operativa, deputata a verifiche e spegnimenti.
In Italia siamo sempre molto, troppo, in ritardo nello sfruttare i vantaggi che la tecnologia ci consentirebbe di avere, che se non possono annullare rischi e danni riuscirebbero almeno a contenerli. Ora la speranza è che i fondi europei possano essere efficacemente impiegati anche per modernizzare il sistema prevenzione incendi, per non dover più assistere a scene come quelle di questi ultimi giorni.