Non comprate animali

Un’animale non è un oggetto, non comprarlo, adottalo

L’uomo, troppo spesso, ha la tendenza a soddisfare i propri bisogni senza chiedersi quanto le sue scelte, l’appagamento dei suoi desideri, creino un danno o una sofferenza a un altro essere vivente. Lo può fare per malinteso amore, per possesso, per avidità, per egoismo oppure per semplice stupidità, senza nemmeno avere la percezione del danno prodotto, fatto quest’ultimo che se lo assolve dalla volontarietà del gesto non cancella i danni dell’averlo commesso.

Se questo comportamento avviene con certa frequenza con i nostri simili a maggior ragione lo mettiamo in atto nei nostri rapporti con gli animali da compagnia, quelli con i quali la nostra specie crea spesso rapporti univoci di benessere: l’uomo è felice e realizzato grazie al suo rapporto con l’animale mentre l’animale è infelice e sottoposto a un grave stress, proprio a causa di questa scelta di convivenza unilaterale. Uno degli esempi eclatanti di “rapporto” che alimenta sofferenza è quello che si instaura fra l’essere umano e le tante possibili specie di uccelli che noi teniamo recluse, spesso in gabbie molto piccole, sempre senza far esercitare loro la principale necessità etologica: volare. L’uomo è sempre stato affascinato dal volo degli uccelli, che ha guardato con grande invidia e spesso ha associato, sembra assurdo il non considerarlo, proprio al concetto di libertà. Se proviamo a chiedere a un amico cosa provi guardando un gabbiano nel cielo molto probabilmente ci risponderà “invidia per questa straordinaria capacità di essere libero, di poter volare”. Ma tant’è, nonostante il volare rappresenti nell’immaginifico umano proprio il sentirsi liberi, gli uccelli sono venduti a centinaia di migliaia ogni anno, dal bengalino all’ara, per essere costretti in gabbia, per essere privati del volo e tenuti prigionieri, molto spesso in solitudine.

Pappagallo in gabbia

La frustrazione di un pappagallo è sfogata sulle sbarre che lo imprigionano

Il pappagallo prigioniero sfoga la sofferenza causata dalla solitudine sulla gabbia come farebbe un uomo prigioniero in isolamento, come si può vedere in questa foto di un’associazione protezionistica australiana. Purtroppo il suo carceriere riterrà invece che il pappagallo sia un distruttore e che giocando con la gabbia si diverta tantissimo, senza essere consapevole che invece si starà intossicando con i metalli pesanti e sarà con il tempo diventato autistico. Quest’analisi possiamo estenderla anche alla grande moltitudine di animali che, a torto, obblighiamo a convivere con noi, tenendoli in gabbia nelle nostre case: canarini, criceti, conigli, pappagalli ma anche serpenti e rane, iguane e camaleonti. Forse dovremmo dire “potremmo estenderla”, perchè nella realtà molte persone non lo fanno, non lo vogliono fare, non vogliono rinunciare un rapporto che li appaga, anche se spesso si riduce a pochissime interazioni ed a moltissima sofferenza e noia per i pets, gli animali che definiamo “da compagnia”.

Questa sofferenza viene talvolta tramandata di padre in figlio, perchè i genitori spesso non sanno come spiegare a un bimbo le ragioni per le quali gli animali non dovrebbero stare con noi se non sono felici: i bambini sono nella fase del possesso e dell’apprensione, legata alla necessità di conoscere, ma possono essere “accompagnati” nelle loro ricerche da adulti consapevoli, cosa che non sempre purtroppo accade. Questi adulti non possono spiegare in modo convincente quello che nemmeno loro, in fondo, capiscono. Così si segue la logica basata sull’assunto “tanto è un animale, soltanto un animale” e ci si risparmia un capriccio, salvo poi accorgersi che passati tre giorni l’interesse infantile vira su altro, come sempre e correttamente accade nelle creature che sono in fase di continuo apprendimento. A questo punto l’animale non riceve più attenzioni e in alcuni casi diventa un peso di cui disfarsi.

Per questo gli animali non dovrebbero essere un regalo, non dovrebbero essere acquistati e a maggior ragione non lo dovrebbero essere seguendo un impulso o un capriccio. Sarebbe importante riuscire a comprendere a fondo l’importanza, invece, di adottare consapevolmente un animale, presso un rifugio, un canile, un centro di accoglienza di una associazione. Un’adozione è responsabile è per sempre, è una scelta fatta con la testa e con il cuore.  Fateci riflettere anche i vostri amici: in fondo le grandi modifiche culturali partono da gesti piccoli, ma importanti.

 

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