Amazzonia polmone verde mondo

L’ Amazzonia, polmone verde del mondo, si sta progressivamente riducendo nella sua parte forestale per lasciare spazio agli allevamenti. Ma anche a vaste distese di latifondo coltivate a soia, anche per soddisfare le esigenze di produrre mangimi per gli animali. Con una concentrazione di bovini che ha davvero dell’incredibile.

Secondo Amnesty International, organizzazione che si è occupata delle violazioni dei diritti umani delle comunità locali, ha pubblicato uno studio sulla gestione del territorio. Le multinazionali della carne starebbero allevando in Brasile 214 milioni di bovini, destinati a trasformarsi in bistecche in gran parte destinate al mercato interno, ma anche per rifornire molti mercati esteri. Come gli Stati Europei, ma anche Cina e Russia.

I bovini, insieme ai mercanti di legnami stanno letteralmente mangiandosi la foresta amazzonica, con un tasso di distruzione che pare inarrestabile. E probabilmente il periodo di lockdown, unito alle visioni decisamente poco ambientaliste del presidente Jair Bolsonaro, ha dato un ulteriore spallata al traballante equilibrio.

Amazzonia un polmone verde ricco di biodiversità che rischia di andare perduta per sempre

Sempre secondo Amnesty International dal 1988 a oggi il numero di animali nell’area amazzonica è quadruplicato. Distruggendo ampie zone di foresta pluviale. Un danno che non si riesce a calcolare, come perdita di biodiversità ma che in un solo anno, fra il 2018 e il 2019, ha comportato la perdita di 497 kmq di foresta. Sottratta alle comunità indigene che qui vivono e dalla quale traggono risorse indispensabili per la sopravvivenza.

Secondo le norme brasiliane, le agenzie statali devono raccogliere dati completi sull’allevamento. Tra questi figurano: la posizione degli allevamenti, anche quelli nelle aree protette, il numero, la fascia d’età e il sesso dei capi di bestiame e i trasferimenti degli animali tra gli allevamenti. Sebbene questi dati siano di interesse collettivo, non sono pubblicamente a disposizione.

Dal rapporto di Amnesty International

La pandemia sembra non aver lasciato traccia nei futuri programmi di sviluppo del Brasile, ma purtroppo non soltanto di quel paese

Il mondo sembra preoccuparsi sempre più solo dell’oggi, del come far ripartire l’economia e di come contrastare la pandemia. Senza preoccuparsi con attenzione delle cause che l’hanno originata: troppi animali d’allevamento vicino alle aree naturali. Non facendo emergere in modo chiaro che la direzione tenuta sino ad ora è alla base dell’attuale situazione.

Continuando a sottrarre foreste al pianeta, ritardando interventi indispensabili contro il cambiamento climatico, rischiamo che questa ultima chiamata resti inascoltata. Ma il tempo corre, sin troppo velocemente, e se non agiamo ora contro il riscaldamento globale rischiamo di non riuscire più a fermarlo. Come dimostrano i 38°C raggiunti in questa estate nella gelida Siberia.

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