
Animali, temi etici e violenza: quando la tifoseria da stadio non aiuta la convivenza ma aumenta la diffidenza delle persone attente verso l’argomento significa aver già perso. Chi usa i social per comunicare ben conosce quanto sia respingente una comunicazione ostile e quanto spesso si debba rinunciare a rispondere malamente alle provocazioni. Sia chiaro non per buonismo, non sarebbe proprio il caso di usarlo con chi è arrogante e maleducato, ma solo per evitare che la contrapposizione verbale porti le persone normopensanti ad abbandonare il terreno. Trasformando i social da luoghi di comunicazione a teatri di lotta libera.
Le note vicende degli orsi trentini sono un esempio tristissimo, ma perfettamente calzante, dei danni compiuti dalle tifoserie emotive. Se ancora qualcuno riesce a credere che con qualche insulto a Fugatti la questione sia risolvibile forse la colpa è anche di chi non cancella questi commenti. Parimenti se vogliamo difendere la convivenza non si può dire “non toccate gli orsi”, ma bisogna anche argomentare la questione. Per non lasciare campo libero a quanti pensano che difendere un singolo orso sia inutile e controproducente perchè bisogna salvaguardare la popolazione ursina e non il singolo individuo.
Bisogna provare a ccontrastare le idee, non a combattere le persone, ma per farlo occorre un minimo di preparazione. Quando manca, e non possiamo essere informati sull’intero scibile, sarebbe meglio non lanciarsi in elucubrazioni fantasiose e, men che mai, in insulti. Personalmente non concordo che la via intelligente sia la rimozione di un orso, salvo casi davvero estremi che non rientrano fra quelli accaduti. Questo pensiero si basa sulla convinzione che la rimozione sia solo un palliativo e non insegni la convivenza. Rende concreta l’idea di un uomo padrone, che sposta e risolve, non che convive e cerca di comprendere come evitare il danno.
Animali, temi etici e violenza: certi interventi portano più acqua ai mulini degli intolleranti che non alle buone cause
Ci sono temi che scaldano gli animi più di altri e quelli che riguardano i grandi carnivori, come lupi e orsi, sono certamente fra questi. Io ne scrivo spesso, per proporre un angolo di visione, che difenderò con tenacia, ma senza avere la presunzione di avere la verità in tasca. Ho illustrato i motivi per cui ritengo che l’ipotesi di Fugatti e del ministro Pichetto di trasferire gli orsi altrove sia surreale. Spingendomi anche a dire che la competenza non pare star proprio di casa nelle due istituzioni. Come appare evidente quando affermano, per esempio, che il numero massimo di orsi previsto dal progetto LIFE Ursus fosse di 50 esemplari. Un dato smentito da tutte le altre istituzioni e dagli addetti ai lavori.
L’incompetenza porta alla supponenza, al contrario di quanto facciano conoscenza e intelligenza: non è un caso che Socrate affermasse l’importanza del “so di non sapere”. Avere il senso del limite aiuta le cause etiche, riducendo il rischio di dire o scrivere stupidaggini, specie se dette per giunta con l’arroganza dell’ignoranza. Un vero peccato poi quando questo atteggiamento scomposto, che è anche un poco urticante, viene usato anche da persone di spessore. Causando danni inutili e ben pochi vantaggi se non quelli che possono derivare dalla bulimia del proprio ego.
Bisognerebbe capire anche da che parte stia la violenza e in cosa si traduca effettivamente. Un esempio molto attuale: le attività messe in atto dalla squadra di Ultima Generazione. Che possono sembrare violente ma che in realtà sono soltanto il grido disperato che cerca di toccare il cuore delle persone, contro una politica sorda alle grida della realtà del nostro tempo. Colorare con una sostanza innocua l’acqua di una fontana non è un gesto di violenza, solo l’ultima risorsa contro scelte irresponsabili. Mettendoci la faccia, senza violenza contro le persone e senza fare danni alle cose, anche se certo si può obiettare che ripulire la fontana o il portone del Senato costa.
Bisogna saper dividere la violenza degli atti e dei contenuti dalla manifestazione, seppur colorita e colorata, di un dissenso pacifico
Sono certo che qualcuno troverà inquietante questo doppio binario, ma credo che ci sia più violenza in certi atti compiuti dai pubblici amministratori che nelle proteste di Ultima Generazione. Apprezzo sempre il coraggio di chi non si nasconde, né dietro le istituzioni che rappresenta né dietro maschere o travisamenti. Francamente vorrei che si capisse la differenza della disperazione giovanile, perché vien fin troppo facile etichettarli come pericolosi delinquenti. In un mondo dove pochissimi detengono la ricchezza e moltissimi pagheranno a caro prezzo le scelte irresponsabili fatte da altri.
Criminale è chi investe nella devastazione ambientale del nostro Paese, non chi denuncia con proteste nonviolente.
— Ultima Generazione (@UltimaGenerazi1) May 9, 2023
✒️ 23 avvocati hanno scritto un appello contro la criminalizzazione della protesta – #UltimaGenerazione #resistenza #repressione #clima pic.twitter.com/vXpm6JbxRO
Per cercare di fare buona informazione, per gettare uno spunto di riflessione sul tavolo non è detto che non si possano fare scelte di campo discutibili. Come questa di difendere le scelte barricadere dei ragazzi di Ultima Generazione, che certo può non essere condivisa, ma almeno è motivata, civilmente illustrata e pronta anche a essere rifiutata in toto. Credo però che sia importante saper riconoscere la violenza, dividerla dalla protesta civile senza usare uno spiacevole doppiopesismo. Diversamente sarebbe come spegnere la possibilità di protestare e di manifestare. Al massimo si può chiedergli conto dei costi causati dalla protesta, a patto poi che lo stesso sia fatto con tutti, a cominciare dai danni causati dalle tifoserie calcistiche.
In un tempo in cui poco è l’ascolto e ancor meno la partecipazione popolare l’importanza dell’informazione è fondamentale. L’importanza di tutto quello che fa deviare dal pensiero unico, lasciando spazio al ragionamento e alla coscienza civile. Un mondo senza valori etici, senza persone che combattono per questi valori, sarebbe davvero un brutto mondo. Peggiore di quello che abbiamo creato, noi delle generazioni che protestavano per tutto e poi si sono assopite sul divano della comodità, facendo attivismo sui social, credendoli spesso una palestra di arti marziali piuttosto che una piazza virtuale.