Cani vaganti e lupi ibridi, una realtà vecchia e un piano di intervento serio mai realizzato per contrastare vagantismo e randagismo. In questo modo l’ibridazione continua, il randagismo resta endemico e crescono le leggende che vogliono gli ibridi più aggressivi e meno timorosi dell’uomo. Convinzione che non trova alcuna conferma scientifica, ma che come tutte le storie intriganti corre veloce di bocca in bocca. Alimentando paure ingiustificate, ma costruendo strade pericolose che fanno sentire odore di caccia e abbattimenti.
Bisogna sgombrare il campo dalla prima falsità: gli ibridi non sono pericolosi per l’uomo, come non lo sono i lupi. Non esistono evidenze scientifiche che dimostrino una maggior aggressività o una propensione ad avvicinarsi agli insediamenti umani. Un lupo ibrido è soltanto un incrocio che mette in pericolo esclusivamente la purezza genetica della sottospecie canis lupus italicus. Quindi è inutile cercare di far passare questo indesiderato prodotto, derivante dalla cattiva gestione dei cani di proprietà, come un pericolo.
Peraltro è bene dire che gli incroci fra specie o sottospecie affini, sono fenomeni che avvengono in modo naturale per varie cause. Il problema, come sempre, è quando l’uomo ci mette del suo creando i presupposti perché l’ibridazione avvenga grazie alla non gestione dei cani domestici. Il problema, senza scendere troppo in argomenti che è giusto lasciare ai tecnici, non è quindi l’ibridazione in sé, ma il fatto che questa sia antropogenica, cioè causata dai comportamenti umani. Come accade per il mancato governo dei cani di proprietà.
Cani vaganti e lupi ibridi sono un problema causato dalle attività umane, per una gestione “distratta” dei cani
Un problema questo che non mette in pericolo solo la specie lupo, ma che costituisce il principale serbatoio di alimentazione del randagismo canino. Una realtà che accade per disinteresse, per ignoranza, per scarsa attenzione da parte di chi ha cani e li lascia liberi di vagare, non sterilizzati, senza controllo. Un comportamento che per inciviltà produce gravi danni e costi per la comunità. Generando sofferenze evitabili ai cani randagi che popolano la penisola, con particolare rilievo numerico al sud del paese.
Per decenni si è pensato che per risolvere il randagismo fosse sufficiente catturare i cani vaganti e rinchiuderli in canili o peggio ucciderli nelle camere a gas, come avveniva sino al 1991. Poi si è capito quanto fosse importante la sterilizzazione, che però avviene dopo la cattura dei cani e, quasi sempre, con la loro custodia nei canili. Nessun legislatore, sino ad ora, ha avuto il coraggio di imporre la sterilizzazione dei cani di proprietà e così il randagismo prolifera, sia in senso figurato che nella realtà.
Vagantismo e randagismo hanno creato occasioni di accoppiamento lupo/cane, non così scontate ma certo non infrequenti. Specie dove il tasso di randagi e cani vaganti risulta essere particolarmente alto. Per questo il Parco dell’Appennino Tosco Emiliano, con il suo Wolf Apennine Center, aveva messo in piedi il progetto M.I.R.CO.-Lupo, un progetto LIFE comunitario, realizzato per lo studio del fenomeno e la rimozione incruenta degli ibridi o la loro sterilizzazione.
Rimozione incruenta e sterilizzazione dei lupi ibridi sono attività complesse da attuare, come peraltro lo sarebbero gli abbattimenti
Non si può fermare il vento con le dita, come non si possono rimuovere per magia tutti gli ibridi, in tutte le declinazioni immaginabili. Si possono solo minimizzare gli impatti di questa problematica, che non potrebbe essere agevolmente risolta nemmeno a colpi di fucile, come qualcuno vorrebbe fare. Inutile cercare scorciatoie, perché è dagli anni ’80 si sente parlare, a cadenze cicliche, della necessità di preservare i lupi, magari abbattendo i cani randagi (ma non intervenendo sul vagantismo). Un’idea cruenta e senza possibilità di successo, già declinata su altre specie senza ottenere alcun risultato efficace.
Per questo l’idea di studiare e minimizzare gli impatti sulla purezza della specie lupo causata dagli ibridi, attraverso un processo di rimozione dei cuccioli, quando si riescono a individuare, e alla sterilizzazione pare l’unica via intelligente. Come ha dimostrato il LIFE M.I.R.CO-Lupo, un progetto oramai giunto al termine naturale.
L’ibridazione antropogenica rappresenta una grave minaccia per la conservazione del lupo. Il progetto LIFE M.I.R.CO-Lupo si propone di assicurare migliori condizioni di conservazione per il lupo agendo sulla perdita dell’identità genetica della specie dovuta al fenomeno dell’ibridazione con il cane attraverso la neutralizzazione del potenziale riproduttivo degli individui ibridi lupo-cane e dei cani vaganti eventualmente presenti nell’area di progetto.
Tratto da una pubblicazione del Wolf Apennine Center
Cosa significa neutralizzazione riproduttiva? Gli esemplari identificati come ibridi su base genetica vengono catturati e sterilizzati, sia i maschi che le femmine. Non si tratta in nessuno dei due casi di interventi invasivi né di asportazione di parte degli organi riproduttivi: gli interventi lasciano agli animali piena funzionalità ormonale, semplicemente evitano la fecondazione e dunque la trasmissione di un patrimonio genetico in parte di eredità canina alle generazioni successive.
Nell’ibridazione l’aspetto inganna: per stabilire la purezza di un lupo occorrono esami genetici e quindi catture
Nulla è facile in natura e questo purtroppo mal si combina con l’irruenza umana, che spesso ritiene di poter risolvere senza prima capire. E spesso senza nemmeno avere i rudimenti più banali per poter pensare di affrontare un problema complesso, comportamento questo tipico del peggior mondo venatorio e anche agricolo. Ma alcune volte neanche la conoscenza scientifica aiuta, quando in nome della purezza della specie si invocano gli abbattimenti dei cani randagi.
Quanti sanno che Nerone, il lupo capobranco nell’oasi di Castel di Guido, è un ibrido, eppure resta saldamente al comando del suo gruppo familiare? Quanti conoscono la storia di Luce, ibrido fulvo che ha vissuto da lupo, sino a quando un cinghiale non ha posto fine alla sua vita? Uccidendo la lupa in uno scontro che fa parte della vita selvatica, mentre era di un bracconiere il pallettone che è stato, invece, trovato infisso nel suo radiocollare quando è stata recuperata per la necroscopia. Un bracconiere che è stato meno efficace, come spesso avviene, di un cinghiale.
Per avere certezze sulla purezza di un lupo, sul suo eventuale condizione di ibrido e su altre considerazioni che riguardano le generazioni, occorrono esami genetici, che hanno senso solo su lupi catturati. Se si vogliono mettere in atto azioni di riduzione del problema e non solo raccolte di dati che possono essere ottenuti, in questo caso, anche senza catture. La sintesi di un problema reale è che, come sempre, la conoscenza e l’onesta intellettuale sono due doti indispensabili per fare progetti intelligenti. Il resto costituisce solo disinformazione interessata.
Per difendere i lupi (e non solo) occorre combattere il randagismo: per farlo occorrono azioni, informazione e corretta divulgazione
Non si può parlare di tutela dei lupi e degli animali selvatici in genere, se non si fanno piani di medio/lungo periodo di reale contrasto al randagismo. Un’emergenza che oggi viene ancora affrontata con criteri che hanno dimostrato i loro limiti già nel secolo scorso. Occorre partire da un concetto più severo, ma certo più efficace: chi si occupa di gestire un cane deve essere responsabile delle sue azioni. Ma anche delle omissioni di controllo e di vigilanza, proprio come accadrebbe con un minore.
Ci vuole programmazione e determinazione, con il coraggio di abbandonare schemi che si sono dimostrati perdenti. I canili non sono la soluzione e i costi che genera questa politica di contrasto al randagismo andrebbero indirizzati meglio. Per cercare di risolvere il problema, per non trasformare il randagismo in una fonte di reddito per il malaffare. Senza continuare a farsi tentare da soluzioni solo apparenti: i canili stanno al contrasto del randagismo come i fucili stanno alla gestione faunistica.