Combattimenti fra cani canile Palermo

I combattimenti fra cani, il canile di Palermo e la storia infinita del randagismo in Sicilia sono i soliti ingredienti di questa rappresentazione, che finisce sempre in tragedia.

Avevo già scritto delle problematiche del canile di Palermo e del randagismo in Sicilia esattamente un mese fa in un articolo pubblicato sul blog.

Certo senza pretendere di riuscire a cambiare la realtà, ma neanche immaginando che di li a poco sarebbe emersa una realtà ancora peggiore di quella tratteggiata.

Il raccontato in un post sulla pagina Facebook di Giusy V Caldo, che si definisce operatrice del canile di Palermo, e rivela una situazione sconcertante, documentandola  con la pubblicazione di un video. La notizia è diventata virale nel giro di poco ed è stata ripresa dall’agenzia di stampa GeaPress , che ha anche fornito una spiegazione più che plausibile per giustificare la motivazione per la quale molti cani del canile di Palermo, in particolar modo pittbull, siano costretti a vivere in piccole gabbie assolutamente non idonee per la loro custodia.

Secondo le informazioni in possesso di  GeaPress questi cani sono alcuni di quelli che derivano dai sequestri operati dalle forze dell’ordine, durante le operazioni di contrasto delle attività di combattimento fra animali che a Palermo, purtroppo, sembrano aver conosciuto una nuova primavera. Molto probabilmente anche grazie alle pene risibili previste per i responsabili di queste attività malavitose.

I cani addestrati a combattere sono mansueti con le persone, ma aggressivi con gli altri cani a causa del condizionamento ricevuto dai criminali, che sfruttano quest’aggressività, non naturale ma indotta in questi molossoidi, per gestire un fruttuoso giro di scommesse clandestine, che accompagna da sempre i combattimenti fra animali ed è la vera leva economica di questa attività.

Per questa ragione ogni cane da combattimento deve essere custodito in un box singolo, almeno fino a quando un intervento umano, opposto al primo, riesca a depotenziare e comprimere l’aggressività verso gli altri cani. Il problema dei combattimenti è noto e non esiste un fenomeno criminale che non generi problematiche per il suo contrasto, essendo necessario operare sequestri e allontanare le vittime dai loro carnefici, quale che sia la loro specie o razza: uomini e animali sono sempre accomunati nelle varie forme di violenza senza fine.

Lo Stato ed i Comuni dovrebbero organizzarsi, secondo le reciproche competenze, per garantire la corretta custodia degli animali, creando strutture che siano in grado di fornire condizioni di vita idonee ai soggetti ospitati. In particolare i Comuni hanno l’obbligo di avere un proprio canile, singolo o consortile, come disposto dal DPR 320/54 meglio conosciuto come Testo Unico di Polizia Veterinaria, sin dal lontano 1954!

Il Comune di Palermo, al pari di molti comuni della regione Sicilia, gestisce un canile pessimo che dovrebbe essere ristrutturato da anni, ma che nonostante promesse e mancati interventi di chi dovrebbe far rispettare la legge, si trova sempre in condizioni di degrado vergognose, nonostante le attività dei volontari che vi operano, e a nulla  son serviti almeno due trasferimenti di molti cani operati fuori regione. Ma vediamo come l’amministrazione comunale di Leoluca Orlando, sindaco del capoluogo di regione, tiene una parte dei cani, proprio nel video girato dall’operatrice del canile:

Il problema è sempre lo stesso e riguarda la gestione del randagismo: un canile anche modernissimo e ben strutturato, serve a poco se non si affronta il problema nel suo complesso. Occorre ridurre gli ingressi con pianificazioni di medio/lungo termine che cambino radicalmente la gestione dei cani padronali, incentivino la sterilizzazione, che dovrebbe essere obbligatoria sicuramente per i meticci, aumentino il volano delle adozioni e il controllo dell’identificazione dei cani e della loro iscrizione in anagrafe.

Solo in questo modo, espresso ora in modo molto sintetico, sarà possibile far si che il canile di Palermo, ma anche quelli di molte altre realtà italiane, si trasformino da deposito di animali senza speranza in strutture temporanee di ricovero, dove gli animali possano transitare per un breve periodo in attesa di adozione.

 

 

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