Difendere fauna e ambiente non può diventare un costante scontro fra fazioni. In un momento in cui la politica sembra essersi polarizzata in due schieramenti. Ogni argomento diventa divisivo, grazie alla politica che ha volutamente costruito due tifoserie, due curve da stadio contrapposte. Sempre più inclini allo scontro, per ora (fortunatamente) quasi sempre verbale.
Così se si fa presente che almeno una componente di questo governo, la Lega, è fortemente connotata da un orientamento politico filo venatorio, che strizza sempre l’occhio al mondo agricolo per convenienza, si è etichettati come avversari politici.
Uno scontro perenne, sempre più virulento sui social dove ci sono scontri, francamente incomprensibili a chiunque sia pensante e prediliga il ragionamento all’insulto, visto come miglior strumento per risolvere ogni contesa. Certo non sarà possibile ripulire la rete dai #webeti, come li definì Mentana tempo addietro (leggi qui), ma bisogna scrollarsi di dosso questo senso di neutralità obbligata.
Tutela delle categorie fragili e razzismo
Personalmente ritengo, come esempio, che difesa diritti degli animali e razzismo siano concetti che non possono convivere in uno stesso cervello, non possono fare parte di uno stesso ragionamento. Sono due opposti che non si possono toccare, non hanno tangenze e dovrebbero creare soltanto imbarazzi quando coincidono nei discorsi di una persona.
Quando però lo scrivo vedo che il numero delle condivisioni diventa improvvisamente inferiore a quello dei like. Sembra la classica pacca sulla spalla che ti danno, dopo una presa di posizione ferma, quelli che non vogliono esporsi, che non vogliono rischiare nulla, non vogliono perdere followers. Certo la neutralità è più appagante, permette di accontentare molti, quando non proprio tutti, fra quelli che stanno dalla tua parte su un argomento come la tutela degli animali.
Questo però non può bastare per sentirsi cittadini, non basta per sentirsi una parte attiva di questa società. Con garbo ed educazione, ragionando e non urlando, tocca esporsi, bisogna prendere una posizione sui problemi. E questo non significa schierarsi politicamente, ma solo dire con chiarezza la propria opinione.
Che non coincide per forza con una posizione politica. Solo sana critica senza convenienze nei confronti di chi si reputa stia sbagliando, magari a torto.
La Lega di Salvini è legata a doppio filo con il mondo venatorio e agricolo
Se uno scrive che questo governo ha una fortissima componente filo venatoria, che ha sempre difeso il mondo agricolo più retrivo, questa non è una valutazione politica ma fattuale. Basta andare a informarsi sulla rete per vedere le posizioni (e le foto) dei principali esponenti della Lega: dai banchetti con le zampe d’orso, agli spiedi di uccellini della Valsabbia per arrivare alle posizioni sull’abbattimento dei lupi.
La Lega è pro caccia, lo strillano anche i siti legati al mondo venatorio. Punto. Un dato di fatto, non una supposizione. Ma questo comportamento non è solo della Lega e la scarsa attenzione verso i diritti degli animali non è un patrimonio esclusivo di Salvini e dei suo colleghi.
Il PD non ha scherzato nulla in quanto a politiche filo venatorie e Martina, come ministro dell’Agricoltura, non ha fatto certo cose memorabili per la tutela dei diritti animali. E’ riuscito anche a inaugurare un nuovo reparto degli elefanti in uno zoo, che non passa certo per essere un paradiso per gli animali. Che però, è non è certamente un caso, è nel suo collegio elettorale.
Senza dimenticare Franceschini che si era impegnato per abolire tout court i circhi con gli animali e che ha portato a casa un misero traguardo senza previsioni temporali fornendo un esempio memorabile del cerchiobottismo di democristiana memoria.
La politica non dovrebbe diventare uno scontro fra tifoserie
Quando però tutto viene riportato come scontri fra opposte tifoserie, se si mortifica il ragionamento, se ognuno zappa il proprio orticello fatto di insicurezze e di paure indotte, di bisogni individuali in cui si coltiva anche un pizzico di odio, allora siamo arrivati al capolinea. Le persone dovrebbero imparare a non farsi condizionare dai politici, ma a pensare con il proprio cervello. Non credendo troppo ai proclami, ma valutando i fatti (che sono sempre molti meno delle promesse).
Il problema di questo paese non sono i migranti, ma il costante mancato rispetto delle regole. Abbiamo fin troppe leggi ma non le applichiamo e non c’è nulla di peggio di questo. Il problema non sono nemmeno i lupi ma come ce li raccontano, perché cacciatori e agricoltori hanno un peso elettorale importante. E l’elenco potrebbe essere infinito.
Se venisse estirpata la corruzione e la silente connivenza che la circonda, se ci fosse il rispetto delle regole l’Italia potrebbe diventare uno splendido paese dove vivere, specie se ognuno di noi si impegnasse per questo. La soluzione potrebbe essere dietro l’angolo: far crescere il livello culturale, alimentare la conoscenza, riconoscere i valori della tolleranza e della visione collettiva.
Senza alimentare contrapposizioni che generano solo violenza. Quella violenza che critichiamo se agita nei confronti degli animali, ma che alimentiamo e alleviamo nel modo di rapportarci con chi non ha le nostre posizioni. Dimenticando il valore della diversità, della biodiversità, anche di ragionamento.
Bisogna fornire e accogliere spunti di riflessione, non verità assolute che, proprio perché tali, non possono essere convincenti. Continuerò a pensare e a scrivere che i diritti degli animali e il razzismo non posso convivere nello stesso ragionamento, poi ognuno decida se condividere o scartare quest’ipotesi.