Caccia, violenza e inquinamento

Una bambina americana di dieci anni posa sorridente tenendo un cervo appena abbattuto.

Questa immagine rappresenta una sintesi della caccia: una vittima (il cervo), un minore istigato a compiere azioni violente nei confronti di un animale (la bimba di 10 anni), un incosciente (il padre) e uno strumento che utilizza materiale inquinante (il fucile). 

Certamente qualcuno potrebbe sostenere che la caccia sia un’attività ancestrale, sempre compiuta dall’uomo e che, come tale, non sia possible considerarla diseducativa; però la giustificazione non pare motivata in modo così efficace da poter essere ritenuta accoglibile. Non vi è dubbio che altrettante attività compiute dall’uomo abbiano origini antiche, ma ogni situazione merita di essere giustificata e giudicata sulla base del contesto storico in cui si compie e che la valutazione debba essere aggiornata secondo il costume e la morale del tempo presente. In nome della religione, ad esempio, l’uomo ha compiuto nei secoli una serie lunghissima di vergognose nefandezze: dalle crociate alla santa inquisizione, dai roghi delle streghe alle lapidazioni delle donne adultere, dall’infibulazione delle donne allo sterminio di popolazioni indigene di terre da conquistare. Nonostante alcune pratiche siano tutt’ora presenti in determinate aree del mondo, facendo indignare le culture occidentali, sono secoli che in Europa non bruciamo una strega, che la schiavitù è stata abolita e che la violenza è riconosciuta come un disvalore. Ci siamo affrancati da molte tradizioni inumane ed abbiamo fatto enormi progressi scientifici, culturali e anche sociali. Abbiamo, ad esempio, accertato scientificamente come l’esposizione dei minori alla violenza nei confronti degli animali sia una causa di alterazione della percezione della gravità degli atti violenti e di come la rottura dell’empatia con gli animali rappresenti uno dei fattori di rischio primari per la comparsa di possibili devianze.

Guardando la faccia sorridente di questa bimba il primo pensiero che mi ha trafitto era proprio il sorriso: aveva appena assistito all’uccisione di “Bambi” eppure, pur avendo distrutto una componente emotiva della sua vita (quale bambino non ha avuto un peluche con le fogge di un animale al quale dormire abbracciato?), si dimostra orgogliosa e sorridente. Badate bene che non ha ucciso un leone, dove l’immaginifico può incarnare la creatura cattiva e pericolosa, ma un cervo, una preda e quindi un animale mite, con gli occhi dolci, che quando è ferito piange come un bimbo. Allora il pensiero va al padre, al suo reale potere educativo, a questa istigazione alla violenza che dovrebbe essere considerata un reato e che invece viene probabilmente vista dal genitore come un regalo, uno splendido regalo fatto a una bimbetta di 10 anni. Certo qualcuno potrebbe dire che siamo in America, il paese delle armi, il paese dove un certo tipo di violenza è di casa, dove la sottile linea rossa spesso non è costituita da vita o morte, da giustizia o crimine, ma semplicemente dal ruolo che svolge chi ha il calcio del fucile appoggiato alla spalla. Osservazione giusta, ma queste situazioni accadono anche nel nostro paese, in Europa, e questo avviene per un motivo semplice: troppe persone non hanno ancora capito che stimolare la contiguità dei minori con pratiche violente, di qualsiasi natura siano, può corrompere l’emotività di un bambino e che lo spezzare la naturale empatia che esiste fra bambini e animali sia un grosso errore, dannoso come lo è esporre un bambino alla violenza, sia quella vissuta fra le pareti domestiche che quella che può subire o far subire a scuola con azioni di bullismo.

Domenica 600.000 cacciatori, tanti sono rimasti in Italia, potranno occupare le campagne in armi e pur rappresentando poco più di un 1% della popolazione italiana potranno rendere precaria la fruibilità del territorio ai non cacciatori, attentare al patrimonio faunistico italiano, ferire decine di migliaia di animali che moriranno di stenti e gettare nel territorio una quantità compresa fra le 6 e le 10.000 tonnellate di piombo, facendo una stima basata sul loro costante decremento. Il piombo è una delle sostanze maggiormente inquinanti, un metallo pesante, che avvelena le acque, provoca la morte degli animali per saturnismo, una forma di intossicazione, e mette a serio rischio la salute umana. Nonostante questo sull’altare della dea Diana si continuerà a sacrificare non solo la fauna selvatica, l’ambiente, la biodiversità e la salute, ma anche la democrazia, considerato che un’infima maggioranza decide per tutti e il parlamento sta a guardare, come fin troppo spesso accade.

Se siete interessati a leggere i danni provocati dal piombo e quanto sia lontana la sua totale eliminazione date un occhiata a questo studio fatto dall’ISPRA, istituto certo non contrario all’attività venatoria, scaricandolo qui.

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