il randagismo si può combattere

Il randagismo non è un fenomeno invincibile, ma è il frutto di una serie di errori umani nella gestione degli animali, di omissioni delle pubbliche amministrazioni, di leggi incomplete e inadeguate, di cattive logiche amministrative e di scarsa conoscenza. Il randagismo si può ridurre, contrastare e battere. In modo scientifico, non solo emotivo.

Su molte cose il nostro Paese sembra essere più votato alla rassegnazione che all’azione e questo ci porta spesso a considerare problematiche come quella del randagismo, una piaga che ha grandi proporzioni in Italia, come realtà con le quali sia necessario convivere, ma così non è.

Il randagismo ha delle origini conosciute, è un fenomeno indagato, studiato da organizzazioni mondiali come l’OIE  (World Organization for Animal Health), contro il quale sono state da tempo elaborate delle strategie, purtroppo ignorate, disattese, sconosciute anche a chi si occupa di animali, certamente a moltissimi amministratori locali. Il mancato rispetto delle leggi esistenti in materia (poche) e l’assente valutazione del rapporto costi/benefici da parte delle pubbliche amministrazioni ha colpevolmente causato che il fenomeno “randagismo” raggiungesse numeri incompatibili con un paese davvero civile e minimamente attento ai problemi degli animali.

Questo comportamento ha agevolato speculazioni sulla pelle dei cani e sull’intera comunità,  ha visto il sorgere di canili lager, spesso volutamente invisibili agli organi di controllo che non vogliono vedere per non dover cercare soluzioni, ha fatto nascere un infinito business sul randagismo, in molti casi accertati finito in mano ad organizzazioni criminali. Quel che peggio è che tutto questo è avvenuto senza ottenere alcuna significativa contrazione del randagismo canino nel nostro paese e un miglioramento della situazione del Sud Italia, nonostante gli sforzi di associazioni e privati cittadini.

Se al nord del paese la situazione non è rosea come si vorrebbe far credere al sud ha raggiunto proporzioni tale da costringere molti cittadini a dar vita ad attività spontanee e spesso non coordinate, realizzate con l’intento di strappare gli animali da condizioni di vita inaccettabili nei canili. Queste azioni rappresentano un momento di speranza per molti cani, ma anche talvolta un problema, come scrivevo in un precedente articolo dal titolo “Le staffette dei cani dal sud al nord: aiuto o maltrattamento?”, che ha dato il via a più di una polemica, spesso per libere interpretazioni che andavano oltre al testo, stravolgendone il senso.

il randagismo si può combattere

Togli gli animali dalla strada: sterilizzali.

Non sempre però la pubblica amministrazione commette errori e quando opera in concerto con tutti quelli che devono essere gli attori nella gestione del problema randagismo. Da questo nascono idee e lavori da valorizzare come il progetto realizzato dalla Provincia di Grosseto, con una serie di istituzioni, come l’università di Roma, ma anche di organizzazioni che pur avendo posizioni antitetiche, come le associazioni protezionistiche e quelle venatorie, si siedono a un tavolo per cercare di ottenere un risultato.

Il lavoro si intitola “Piano strategico provinciale per la riduzione del randagismo canino” (per scaricarlo cliccare sul titolo) ed è la dimostrazione che quando le volontà e le abilità si uniscono si riesce sempre a sviluppare lavori di grande rilievo, che fra l’altro hanno costi di attuazione davvero ridotti e grandi potenzialità di riuscita, se messi correttamente in atto sul territorio. Il randagismo si può combattere.

Certamente è presto e non ci può essere valutazione dei risultati però si possono giudicare le metodiche, le proposte e l’analisi fatta: la valutazione complessiva di questo progetto, a mio modesto parere, è assolutamente buona. Ora bisogna sperare in una rapida attuazione e attendere i dati del monitoraggio. Sicuramente queste sono attività di medio/lungo periodo i cui risultati arriveranno dopo anni, ma se messe in atto seriamente non vi può essere dubbio sul successo.

Questo piano, con difficoltà minime, potrebbe essere rivisitato e riproposto a tutte le amministrazioni che si trincerano dietro l’impossibilità di combattere il randagismo, ma andrebbe letto con attenzione anche a tutte quelle realtà non pubbliche che tanto magari fanno, alcune volte senza avere nessuna base tecnica per incidere realmente sul problema.

Il futuro che vorremmo è senza canili ed è  per questo che dobbiamo lavorare, in modo serio, perché cambiare si può e dipende da ognuno di noi. Proviamo a stilare una breve lista di quello che dovrebbero fare tutti i cittadini responsabili:

  1. identificare con microchip il proprio cane e anche il proprio gatto;
  2. sterilizzare i propri animali, in modo particolare se sono liberi di uscire senza controllo, e non farli riprodurre;
  3. adottare gli animali nelle strutture, salvandoli da una vita infelice, anziché comprarli;
  4. non adottare mai un animale per un impulso emotivo: l’emozione passa e l’animale resta, con i suoi costi, le sue necessità ed esigenze. Meglio pensarci bene prima che disfarsene dopo;
  5. gestire con attenzione i rifiuti nelle zone dove vi è presenza di randagi e comunque nelle zone non urbane e rurali;
  6. pretendere che le leggi in materia siano fatte rispettare (questa è l’azione più faticosa, ma più sono le persone che lo chiedono, più quelle che sono ben informate e più facile sarà ottenere un risultato);

Dimostriamo che il randagismo si può combattere.

 

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