impegno ONU contro il traffico fauna

L’impegno ONU contro il traffico fauna deve essere  visto come un momento storico, seppur non vincolante, nel quale le Nazioni Unite riconoscono la fauna come un patrimonio della comunità internazionale.

La risoluzione, promossa dalla Germania e dal Gabon, due paesi che si situano ai poli opposti dell’economia mondiale, è stata sostenuta da 70 paesi di tutto il mondo e dimostra un accresciuto livello di consapevolezza sulla necessità di tutelare l’ambiente, in perfetta sintonia con le decisioni della CE che richiama i propri membri a un’efficace difesa del proprio patrimonio faunistico e ambientale. Scelte che solo fino a qualche anno fa erano davvero impensabili e che sono probabilmente dovute ad un accresciuta conoscenza sui pericoli derivanti dalla distruzione ambientale, oramai non più procrastinabili, ma anche dall’accresciuta coscienza e pressione esercitata dall’opinione pubblica, sempre più attenta ai diritti degli animali, alla difesa dell’ambiente e alla tutela delle condizioni fondamentali per garantire la nostra stessa sopravvivenza.

 

Senza estremismi, senza creare fossati che separano invece di avvicinare, bisogna cercare di avvicinare più persone possibile a concetti come diritti delle categorie fragili, rispetto per uomini e animali, difesa della natura e dell’ambiente, tutela delle comunità e vantaggi derivanti dalla protezione degli ecosistemi, fruibili solo attraverso condotte realmente eco-sostenibili, ben diverse dal turismo di rapina che è stato, ad esempio, il protagonista principe del periodo a cavallo fra la fine del secolo e il terzo millennio. Non basta infatti indignarsi per l’uccisione, stupida, di #CecilTheLion, ma bisogna capire quanto le risorse naturali siano divenute un polo attrattivo per interessi economici creati dal turismo di massa, spesso volutamente non educato e quindi non in grado di comprendere i danni provocati.

Si dice che la caccia sia una delle fonti primarie di estinzione, ma questo concetto è valido solo per alcune specie, dove caccia e bracconaggio rappresentano un fattore in grado di incidere pesantemente sulle dinamiche di popolazione. Nella maggioranza dei casi però la pressione venatoria può rappresentare solo una concausa sulle cause di rarefazione di una popolazione, anche se questa è una verità che a molti non piace: la causa primaria è rappresentata dalla perdita di ambiente, di territorio, di diminuzione della portanza ambientale. I leoni in Africa non si estingueranno per la caccia, come la maggioranza dei grandi predatori, degli animali totemici dell’Africa come i big five della foto, ma bensì per la sottrazione di habitat, per il confinamento in spazi sempre più piccoli, per la fine dell’eterno ciclo delle migrazioni, che l’uomo ha interrotto sui grandi corridoi con barriere artificiali volute per evitare il contatto fra specie selvatiche e bestiame d’allevamento. Questo non toglie nulla alla brutalità della caccia ed ai safari basati sui canned-lion come potete vedere in questo filmato, fatto per attrarre clienti, di uno dei tanti organizzatori di safari per ricchi turisti, con leoni allevati come prede:

 

La tutela della fauna è una scommessa sulla quale l’uomo si gioca la sopravvivenza dell’ambiente, ma è importante che anche queste brutture, dove finti combattenti vanno a caccia di poveri leoni con il ruolo di comparse, diventino al più presto solo un ricordo del passato.

La crudeltà deve arrivare ad essere riconosciuta come un crimine grave, su qualsiasi specie questa sia esercitata. La violenza è solo prodromica a generarne altra e vorrei davvero sapere qualcosa di più sulla vita di questi cacciatori e delle loro famiglie. Secondo gli studi criminologici l’indifferenza verso la violenza sugli animali è una palestra per replicarla sugli umani.

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