Bufala in allevamento

Una bufala in uno dei tanti allevamenti della Campania

Gli allevamenti intensivi sono sempre una causa di sofferenza per gli animali non considerati come esseri viventi, ma bensì come fonte di materie prime. Già questo spostamento di piano comporta che l’animale spesso venga visto come un oggetto animato, come qualcosa a cui non possono e non devono essere riconosciuti diritti. Ogni diritto riconosciuto comporta un costo, una riduzione del profitto, un’attenzione che distrae dalla produzione, unico cardine dell’allevamento.  

Oggi sono aumentate le norme poste a tutela dei diritti degli animali, la coscienza delle persone è diversa e più attenta, vegetariani e vegani stanno crescendo e la sensibilità nei confronti degli animali risulta essere incredibilmente aumentata. Troppe persone però sono attente solo a quanto avviene agli animali domestici o quasi che gli sono vicini, con i quali hanno un rapporto empatico, non verso altri animali, che spesso sono ignorati o visti come fornitori di proteine e quindi privi di diritti. Ma un cane e un bufalo sono molto simili, certo uguali nel provare sofferenza, noia, paura anche se troppi ancora lo negano. L’ennesima inchiesta sui maltrattamenti inferti agli animali negli allevamenti intensivi riguarda quello dei bufali, usati specialmente in Campania per la produzione delle rinomate mozzarelle. L’associazione internazionale Four Paws ha realizzato un’investigazione, durata più di due anni, negli allevamenti delle bufale campane e filmando cose che fanno inorridire.

Chi vuole può vedere cosa succede in questo contributo video che contiene immagini forti.

Queste inchieste, per lo più realizzate da organizzazioni straniere, mettono in luce quello che è sotto gli occhi di tutti ed è proprio questo il punto di massima gravità che emerge prepotente da queste inchieste: dove sono i controlli? Due sono le possibili risposte: la prima può essere quella che i controlli siano troppo pochi perché lo Stato non ha uomini e mezzi per impedire che vengano commessi crimini a danno degli animali, compiendo un’attività che preveda verifiche capillari, cosa che fra l’altro tutelerebbe oltre agli animali  anche i consumatori, per evidenti ragioni. La seconda risposta è più inquietante, contemplando allora il fatto che i controlli ci siano, ma siano compiuti in modo superficiale, senza la necessaria attenzione verso il benessere animale, ma anche verso i danni ambientali in quanto gli allevamenti intensivi sono un’attività sicuramente insalubre. Quest’ultima ipotesi, davvero allarmante, indicherebbe che per un arcobaleno di motivi, che vanno dalla semplice paura dei controllori, che non vogliono guai, ad un’insensibilità verso la sofferenza per giungere all’ipotesi più grave di una corruzione diffusa che impedisca di fatto l’applicazione della normativa. Infatti non ci troviamo di fronte a reati complessi, come il traffico di stupefacenti o la tratta di esseri umani, che richiedono competenze investigative molto alte, strumenti di indagini sofisticati come le intercettazioni telefoniche e ambientali, i pedinamenti fatti piazzando delle microspie, ma abbiamo una serie di reati che sono visibili semplicemente varcando l’ingresso di un allevamento. Non è facile occultare centinaia se non migliaia di animali, tonnellate di liquami, carogne in putrefazione, animali costretti a vivere in 30 centimetri di letame, feriti o con gli zoccoli talmente lunghi da impedirgli la corretta deambulazione. Certo durante il controllo i proprietari o gli operai non ammazzeranno un vitello a martellate, ma le condizioni complessive di un’azienda agricola sono una realtà evidente come lo dovrebbe essere anche il maltrattamento degli animali, la loro sofferenza, specie in chi ha scelto di fare il veterinario, magari per un’ASL.

In tanti anni ho conosciuto personale delle più svariate forze di polizia e naturalmente delle ASL: come in tutti gli ambienti credo di aver avuto la fortuna di conoscere operatori davvero speciali, per attenzione e preparazione, ma anche personaggi che rappresentavano l’esatto opposto delle figure d’eccellenza, uomini piccoli che agitavano il loro potere ed il ruolo esercitato, più che la conoscenza ed il senso del dovere, più che la preparazione e la professionalità. I secondi, quelli che svolgono il loro lavoro talmente male da essere servitori indegni del ruolo che lo Stato gli ha affidato, purtroppo causano gravi danni al sistema, anche se sono in percentuale molto minore dei primi: consentono che situazioni come quelle evidenziate da Four Paws diventino una regola, contribuiscono a creare delle zone franche, mortificano i colleghi che vorrebbero lavorare in un altro modo, specie quando sono figure apicali, perchè la carriera raramente avviene per meriti e chi vuole lavorare con serietà troppo spesso resta al palo.

Dopo questa inchiesta, con lo scalpore che ha suscitato, verrà disposta dai vari ministeri interessati una serie di controlli,  anche se sicuramente compiuti con troppo con ritardo: sarebbe bello poter leggere nei soliti resoconti sugli accertamenti che seguono generalmente gli scandali che sono stati denunciati i responsabili degli allevamenti, ma anche i soggetti appartenenti a quell’area grigia costituita dai loro fiancheggiatori, quelli che hanno chiuso gli occhi pur avendo magari compiuto accessi ed ispezioni senza rilievi, come troppo spesso risulta dai verbali. In fondo queste figure sono più colpevoli degli allevatori responsabili di crimini contro gli animali e l’ambiente: a un criminale non è richiesto di avere un’etica mentre a un funzionario pubblico è richiesto di avere senso del dovere e, se ricopre ruoli di polizia giudiziaria, il rispetto degli obblighi previsti dalla legge penale: falsare la realtà od omettere di denunciare un collega che addomestica una verifica è un reato grave.

Gli animali degli allevamenti hanno diritto di non patire sofferenze inutili, crudeli, messe in atto con l’aggravante delle motivazioni abbiette e per il raggiungimento di un illecito profitto. Comunque la si pensi e quale sia la propria scelta sull’essere o meno vegani o vegetariani,

Nel frattempo un piccolo sacrificio doveroso lo possono fare i consumatori: rinunciare alla mozzarella di bufala, almeno fino a quando il mondo degli allevatori non avrà trovato la forza di pretendere il rispetto delle leggi, in attesa che lo Stato trovi la forza e la dignità di rivestire il ruolo che deve essere proprio in ogni democrazia moderna: falco con i criminali, colomba con i bisognosi.

 

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