Il collare elettrico è uno strumento creato unicamente con uno scopo: infliggere ad un cane, tramite degli elettrodi uno stimolo doloroso creato. Gli elettrodi erogano una corrente a basso voltaggio ma ad alto amperaggio, somministrato su una delle regioni più innervate del corpo come sono la regione del collo e la gola.
Questo dovrebbe bastare, al di là di reali o supposti benefici educativi, a chiudere ogni discorso, a chiudere ogni porta ed a collocare questo strumento come un attrezzo di tortura degno della Santa Inquisizione. Però così non è: ci sono scuole di pensiero che sostengono che se un cane, grazie all’uso di questo strumento, diventa da aggressivo o ingestibile a mansueto il risultato è superiore a qualsiasi sofferenza sia sta inflitta momentaneamente al cane.
Certo il primo pensiero va a Cartesio, che sosteneva che i lamenti dei cani derivanti da percosse o torture altro non fossero che rumori provenienti dalla “macchina cane”, che nulla avevano a che vedere con la sofferenza. Ma il secondo pensiero va a quanti difendono uno strumento moderno da tortura medioevale, sulla base di un supposto risultato.
Oramai, con le moderne conoscenze, risulta davvero difficile poter credere a quanto asseriva Cartesio ed è un dato scientifico incontrovertibile che anche gli animali di specie inferiori siano capaci di conoscere la paura, l’angoscia e la sofferenza. Allora come la mettiamo con i cani, mammiferi come noi, con un’intelligenza che, per difetto, possiamo approssimare a quella di un bambino fra i 3 e i 5 anni? Un altro mammifero intelligente il cucciolo di homo sapiens, con molte caratteristiche fisiologiche simili a quelle di un cane.
Se oggi l’uso di metodi giudicati violenti può costare a un genitore l’accusa di abuso dei mezzi di correzione e maltrattamenti in famiglia, come possiamo ritenere moralmente lecito l’uso di scosse elettriche per educare un cane? Giuridicamente non lo è, perchè lo dice la legge e lo ha più volte statuito la Suprema Corte di Cassazione, condannando gli utilizzatori di collari elettrici per il reato di maltrattamento di animali.
I collari elettrici infatti creano sofferenze indicibili e danni visibili agli animali, come possiamo vedere da questa foto, classificabili come maltrattamento:
I danni però, per una creatura senziente, non sono solo quelli fisici ma sono soprattutto quelli psichici, quelli che rappresentano il maltrattamento atraumatico, derivante da condizionamenti, ansia e sofferenza che anche alcuni veterinari, in particolare quelli pubblici che devono vigilare sul benessere animale, stentano a riconoscere come un maltrattamento punibile dalla legge.
Inibire un comportamento non per induzione positiva ma con la violenza rappresenta uno stress inimmaginabile per un cane. Togliergli la possibilità di abbaiare è come togliere a noi la parola, obbligarli a mollare una preda, nel caso dei cani da caccia, attraverso uno stimolo molto doloroso, è un comportamento violento che punisce brutalmente un comportamento istintivo. Si può addestrare un cane senza usare metodi traumatici, come dimostra ad esempio l’addestramento dei cani delle forze di polizia, che nella stragrande maggioranza dei casi è fatto con metodi incruenti, rispettosi della loro indole.
In Inghilterra il Kennel Club, la più prestigiosa associazione di allevatori professionali, ha da tempo richiesto il bando di questi strumenti di tortura, riconoscendo come il loro uso rappresenti una sofferenza per gli animali.
In Italia siamo al paradosso, per cui l’uso dei collari è vietato ma la loro vendita è permessa. Ricordo un sequestro operato presso il più grande importatore italiano di collari elettrici, eseguito dalle Guardie Zoofile ENPA del nucleo provinciale di Milano, pochi giorni dopo l’entrata in vigore della legge 189/2004. il sequestro fu convalidato ma i collari furono subito dissequestrati e fu consentita la loro immissione sul mercato, non riconoscendo nella loro vendita il delitto tentato di maltrattamento di animali.
Da allora non risulta sia stato fatto più nulla sul fronte della libera commercializzazione di questi strumenti. Questa è una contraddizione soltanto italiana: uno strumento con una destinazione univoca, somministrare scariche elettriche a un cane, non dovrebbe essere posto in libera vendita.
L’uso su un animale porta alla denuncia del proprietari, al sequestro di collare e cane e la confisca di entrambi in caso di condanna. Nel frattempo qualcuno continua a guadagnare dalla commercializzazione di questi strumenti, che sono ancora in libera vendita tanto in negozio che su internet. Sarebbe ora che il parlamento normasse la materia e vietasse, per sempre, la commercializzazione di tutti i collari a shock elettrico, sia i tipi studiati per inibire l’abbaio, sia di quelli utilizzati per l’addestramento, specie in campo venatorio.
Fra qualche giorno vi dirò se questo articolo continuerà ad essere venduto anche negli shop virtuali di una grande catena internazionale di articoli per animali: nel frattempo è stato tolto il banner da questo sito, in attesa di rassicurazioni.
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Aggiornamento del 20 giugno 2014
Zooplus, il più grande mall virtuale di prodotti per animali, ha accolto la richiesta di ENPA Milano di togliere dagli scaffali virtuali tutta la linea di collari a shock elettrico. Una vittoria contro il maltrattamento, ma anche un’attenzione di Zooplus che, dopo alcune resistenze, ha accolto la richiesta. Un motivo per preferire la nota catena tedesca di prodotti per animali.
A volte sembra che quello che distingue la specie umana dalle altre più che l’intelligenza sia l’ipocrisia. Abbiamo più empatia per terroristi e pluriomicidi in carcere in quanto COLPEVOLI che per tanti animali INNOCENTI tenuti in gabbie e prigioni di altro tipo.
Il collare ne è un altro esempio. Per farci ubbidire da un cane siamo disposti a sottoporlo a dolore quando questo tipo di coercizione “educativa” sarebbe forse più auspicabile per molti esponenti della nostra specie. Se non fosse un metodo inumano (per tutti – animali compresi), potrebbe essere la soluzione per inculcare il senso civico alle persone: salti la coda? – BZZZ – e torni al tuo posto; getti il mozzicone di sigaretta in terra? – BZZZ – e lo raccogli…
Ovviamente è un’esagerazione ma a volte provare ad immaginare di fare agli uomini ciò che normalmente facciamo agli animali aiuta a far riflettere. Se poi al posto dell’animale ci siamo noi, di persona, tutto acquista un’altra prospettiva. Ipocrisia, appunto.
Le brave persone seguono l’ottima filosofia “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” ma io trovo restrittivo questo termine “altri” perché la maggior parte di noi lo interpreta come “ai tuoi simili”. Io preferisco qualcosa di più generico che non dia neanche un accenno al destinatario e quindi si possa applicare a tutto e tutti: “Non causare sofferenza”.