
Riprende in Lombardia la guerra alle volpi, che non si ferma nemmeno in tempi difficili come questi. La Regione infatti ha presentato ricorso contro la sentenza del TAR che aveva sospeso il piano di abbattimento della provincia di Lodi. Una decisione che sconcerta, in parte per il periodo che non sembra essere il più opportuno per destinare fondi e tempo a questo capitolo, ma in parte anche per la scelta.
Il ricorso presentato dalla Regione infatti non riguarda una sentenza che annulla una delibera regionale ma bensì una sospensiva, in attesa di una decisione nel merito. Che il Tribunale amministrativo lombardo avrebbe preso da qui a qualche mese. Evidentemente l’amministrazione lombarda neanche in questa situazione ritiene di poter fare a meno di accontentare il mondo venatorio.
Prosegue così in Lombardia la guerra alle volpi. Costringendo le associazioni a costituirsi nel giudizio promosso davanti al Consiglio di Stato, investendo altro denaro per contrastare un provvedimento sospeso. Il 10 gennaio infatti il TAR della Lombardia, su ricorso di ENPA, LAC e LAV aveva sospeso una parte del piano di contenimento delle volpi nel comprensorio di Lodi. Che poteva essere comunque attuato nella parte non giudicata “eccessiva” dal tribunale.
La caccia alle volpi in modi non previsti non è sicuramente una priorità regionale
Come è stato detto più volte le volpi rappresentano, come tutti i predatori, un anello importante della catena alimentare. Svolgendo un ruolo di selettore naturale delle popolazioni di diverse specie, fra le quali nutrie e conigli selvatici. Ma se le nutrie non interessano i cacciatori diverso è il discorso per i conigli e, soprattutto per i fagiani, le altre possibili prede. Che vengono lasciati proprio in primavera per farli riprodurre, situazione che però ben difficilmente si concretizza.
I fagiani che vengono liberati sono poco diversi dai polli di allevamento. Con scarsa possibilità di riprodursi e con difficoltà legate spesso anche alla loro stessa sopravvivenza. Animali allevati che molte volte non riescono a procurarsi il cibo per sopravvivere, essendo abituati ai mangimi che gli sono dati in allevamento.
Peraltro non è difficile prevedere, vista l’emergenza sanitaria, che sarà quasi certamente impossibile poter pensare a un veloce ritorno alla normalità. Anche per quanto riguarda l’attività legata alla caccia. Insomma almeno in questa occasione la Regione Lombardia poteva fare delle scelte più oculate e rispettose delle leggi, che vietano abbattimenti con metodi e tempi indicati dal provvedimento impugnato.
Ora sarà il Consiglio di Stato a dover confermare la sospensiva disposta dal TAR della Lombardia, che avrebbe comunque emesso la sentenza il prossimo luglio. Un inutile e ingarbugliata sovrapposizione, considerato che la Lombardia poteva sempre ricorrere contro la sentenza definitiva, qualora avesse confermato i criteri esposti in sospensiva.
Gli ospedali e il personale medico sono già duramente provati dall’emergenza Covid, la caccia è pericolosa, capitano spesso incidenti (Fucile esplode in faccia a un cacciatore) , e non è il solo rischio, anche se cacciano singolarmente (e dunque non rischiano di contagiarsi o spararsi a vicenda) c’è sempre il rischio di cadute. Sono tutte potenziali emergenze mediche che andrebbero solo ulteriormente a intasare i già affollati ospedali mettendo ancor più in difficoltà gli operatori sanitari, per questa ragione credo che bisognerebbe interrompere la caccia almeno fino a che non sia finita l’emergenza Covid e gli ospedali non siano tornati a un regime di normalità.
se i cacciatori sono così sensibili alla loro selvaggina potrebbero sospendere o limitare il periodo di caccia quel tanto da consentire il ripopolamento che non avviene non certo per colpa delle volpi. Si dimenticano forse del contributo devastante delle attività agricole che sommate a quelle della caccia sono realmente responsabili della diminuzione della selvaggina e non certo qualche volpe.