Maiali maltratti responsabili processati

Maiali maltratti responsabili processati dal Tribunale di Cremona, ma con un patteggiamento i due imputati ricevono una condanna simbolica. Dopo la denuncia della LAV e le ispezioni dei Carabinieri del NAS i due titolari dell’allevamento sono stati indagati, ma a processo se la sono cavata con una multa. Esattamente 9.000 euro complessivi. Ben poca cosa rispetto ai guadagni derivanti dall’attività di allevamento. Praticata maltrattando gli animali.

cani falchi tigri e trafficanti

Pene che non lasciano il segno, non servono da deterrente, anzi dimostrano che il crimine paga. Costa meno una sanzione e un processo piuttosto che adeguare gli impianti. Che nel corso degli anni avranno garantito ingenti guadagni. Ottenuti sulla pelle degli animali, di migliaia di animali che saranno passati da quell’allevamento. Certamente verificato e autorizzato dal servizio veterinario pubblico. Una storia che si ripete in ogni angolo della penisola e che, percentualmente, solo poche volte arriva nelle aule di giustizia

Da quel che è dato di conoscere alla multa non è seguita la confisca degli animali oggetto del maltrattamento. Che anche se già macellati avevano un numero di soggetti identificabile: quello rinvenuto durante l’ispezione dei NAS che ha portato alla condanna. Che avrebbe potuto portare a una quantificazione economica equivalente, considerando che resta obbligatoria la confisca degli animali maltrattati. Causando, se applicata, un effettivo danno agli allevatori, e questo si avrebbe potuto costituire un deterrente. Per quanti maltrattano gli animali per ottenere maggiori profitti.

Maiali maltratti responsabili processati, ma se non c’è danno economico per chi maltratta serve a poco una condanna

Bisognerà attendere la pubblicazione della sentenza per capire esattamente le motivazioni del giudice. Ma se già la legge è troppo blanda, specie per chi sullo sfruttamento degli animali ci campa, sentenze come questa lasciano, seppur probabilmente corrette, l’amaro in bocca. Troppe volte mancano sul banco degli imputati quanti avevano il dovere di controllare, compreso il veterinario aziendale che aveva l’obbligo di denunciare i maltrattamenti.

Quando una gran parte delle situazioni che creano sofferenza sono causate dalle strutture, dalla densità e dalle modalità di allevamento è difficile credere che non siano state rilevate. Da chi aveva il dovere di garantire condizioni di vita minime, che rispettino almeno i già scarsi parametri di legge. Questa è la vera cause delle continue scoperte, da parte delle associazioni, di allevamenti lager: chi deve controllare spesso non lo fa con la dovuta severità, ma usando il metodo “così fan tutti”.

Purtroppo servirà a poco inasprire le pene per chi maltratta gli animali, se non verranno previste sanzioni più pesanti nei confronti di chiunque agevoli la commissione dei reati legati al maltrattamento. Esiste infatti una verità che non può essere smentita: ogni azienda ha un proprio veterinario e quest’ultimo, come esercente una professione sanitaria ha l’obbligo del referto. Che impone di segnalare all’Autorità Giudiziaria qualsiasi situazione possa costituire reato, anche solo in ipotesi.

Le promesse di modifiche legislative per tutelare gli animali sono molte, ma poi la traduzione in realtà resta troppo spesso una speranza

Nonostante una revisione della legge sembri imminente, manca sempre l’effettiva svolta. E le promesse modifiche restano per gli animali un miraggio che non riesce a tradursi in reali e maggiori tutele. L’errore è stato, da sempre, quello di consentire di allevare animali guadando principalmente al profitto e raramente a condizioni di vita minime e accettabili. Così con l’andare del tempo sono state rese legali una serie di attività e condizioni di allevamento che, pur legali, costituiscono una sofferenza costante.

I moderni allevamenti, come scritto più volte, sono diventati fabbriche di proteine, costruite senza tenere conto dei bisogni degli animali. Lo scopo è quello di produrre sempre di più e a prezzi sempre più bassi, quelli che permettono di far arrivare sugli scaffali carne che costa pochi euro al chilo, al lordo però delle sofferenze pagate dagli animali allevati. Una realtà che molti, troppi, non vogliono vedere. Come non vogliono conoscere i danni ambientali che questo insostenibile consumo di carne provoca. Un cambiamento che sarà invece indispensabile se non vogliamo avere un futuro dove le pandemie saranno sempre più frequenti.

La speranza, sempre più concreta, è che si diffonda la carne prodotta in laboratorio, capace di creare fonti proteiche senza sofferenza, ma anche senza causare danni ambientali. Questo è il futuro, come dimostra il fatto che sempre più investitori stiano finanziando ricerca e produzioni sperimentali. Che ci libererà per sempre dalla crudeltà e dalla sofferenza che per profitto abbiamo inflitto a miliardi di esseri viventi.

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