Mutazione animalista trasforma la tutela dei diritti animali in un flop annunciato: la promessa trasversalità, inattuabile, viene fagocitata da Forza Italia dove approdano alcuni candidati del movimento per carenza di consenso.
Non che non fosse prevedibile sino dall’inizio, ma questa operazione che vede la fine del Movimento Animalista come partito, non farà crescere di un solo pelo l’attenzione della politica verso gli animali ma, anzi, ha incasellato i diritti degli animali dentro un partito politico.
Lo avevo scritto a chiare lettere e senza infingimenti in tempi decisamente lontani (leggi qui) quando avevo detto che questo appropriarsi della politica di una bandiera non mi piaceva e avevo già scritto, in tempi non sospetti, perché non avrei mai aderito al Movimento Animalista (leggi qui).
Le speranze di Maria Vittoria Brambilla, sua fondatrice e politica da sempre berlusconiana, erano quelle di riuscire a catturare un 4/6% di elettorato, andando a pescare all’interno dell’enorme sacca dell’astensione, che pensava di poter rivitalizzare gettando sul piatto i diritti degli animali. Portando così in dote alla coalizione di centro destra un partito che era stato dipinto come trasversale.
Poi i sondaggi sono stati impietosi, attribuendo alla mai nata forza politica un consenso dello zero virgola… che avrebbe così drenato inutilmente voti alla coalizione di centro destra senza portare un valore aggiunto. E si sa quanto in politica quello che conta siano i numeri e che ogni bandiera possa essere ammainata, senza scrupoli, se non porta vantaggio. Così il progetto è finito in nulla e solo alcuni attivisti del Movimento Animalista passeranno a essere candidati in Forza Italia.
Tutto questo con buona pace delle associazioni che si sono spese invitando i propri dirigenti locali a andare a ingrossare le file del movimento, per ottenere soltanto una brutta figura, come sempre accade quando le speranze anzichè prendere il volo tendono a schiantarsi impietosamente al suolo.
Probabilmente allo scadere della campagna elettorale il movimento si scioglierà come neve al sole, stante che a nessuno conviene mantenere in vita il clone di un’associazione, considerado che la fondatrice ne ha una sua, la LEIDAA come molti dei componenti di questo variegato esperimento. Un fuoco di paglia insomma, non privo però di strascichi.
Forse questa operazione ha creato anche un danno collaterale: la paura di trovarsi il movimento come possibile antagonista ha fatto dimenticare a tutti i partiti i diritti degli animali, che sono stati lasciati come monopolio di queste elezioni in mano a questo ettereogeneo gruppo che mai è diventato partito. Un’occasione persa per i partiti tradizionali, una grande occasione persa per fare avanzare i diritti deli animali.
Se ci fosse stata una maggior trasversalità da parte delle associazioni forse si sarebbe riusciti a fare una disseminazione di candidati davvero in modo bipartisan , con evidenti vantaggi dati dal trovare in parlamento una pluralità di soggetti politici in grado di aggregarsi sotto una comune idea: la tutela degli animali.
Ci ritroveremo invece, grazie a questa operazione, con un parlamento che una volta rinnovato sarà senza sostenitori dei diritti degli animali. Magari, nella migliore delle ipotesi, ci saranno eletti che su questi temi si mostreranno disponibili e interessati anche se probabilmente con scarsa o nulla esperienza.
Insomma non ci sarà bisogno di aspettare gli esiti delle elezioni per sapere che su certi temi quella parte di paese che tiene a ambiente e animali ha già perso, almeno le speranze. Questa mutazione animalista parrebbe aver fatto danno e, purtroppo, non sembra essere un’opinione discutibile di chi scrive ma un dato di fatto.