Non sarà Selvaggia Lucarelli a farmi cambiare idea sul Palio di Siena

Non sarà Selvaggia Lucarelli a farmi cambiare idea sul Palio di Siena. Nemmeno la sua difesa appassionata di una corsa fuori dal tempo.

Non tutto quello che è tradizione merita di essere difeso. Non tutto quello che appartiene alla storia è un esempio da tramandare.

Ma questo non significa poter insultare Selvaggia Lucarelli soltanto perché ha idee radicalmente diverse. Basta raccontare cosa non si condivide: non si cambiano le opinioni delle persone a suon di insulti. Mai.

Leggendo le argomentazioni di Selvaggia Lucarelli tutto diventa giustificabile, compreso il maltrattamento dei cavalli, ma fors’anche le scommesse clandestine, l’evasione fiscale fatta affittando balconi a prezzi che solo George Clooney potrebbe pagare. Nel nome della tradizione e del sentirsi senese. Un sentiment che nessun altro italiano sembra possa capire.

Tutto diventa folclore, diventa giustificabile. Basta raccontare che i cavalli entrano in chiesa per essere benedetti, mica sfortunati come i cani, o che il direttore della banca va a dormire con il cavallo prima del Palio, invece che con la moglie. Oppure che parte qualche sana scazzottata, che la polizia tollera, perché in fondo son ragazzi, è tifo di quartiere anzi di contrada.

Qui gli animalisti che sbraitano a migliaia sul web, in città si sono avvicinati mezza volta, perché sanno bene che toccare il palio a un senese è come toccare la Boschi a Renzi. E alla fine tengono all’incolumità dei cavalli ma sotto sotto un po’ più alla loro. 
Qui se succede qualcosa a un cavallo, attorno all’accaduto si crea una cortina di ferro che manco in Birmania attorno alla questione Rohingya. (Selvaggia Lucarelli su quel che accade a Siena).

Forse per il vecchio adagio “scherza con i fanti, ma lascia stare i santi”, mi sarei risparmiato di ironizzare sulla tragedia dei Rohingya. Che certo stanno peggio, molto, molto peggio dei senesi e anche dei cavalli del Palio. Sicuramente, non perché siano umani, ma perché sulle tragedie di questa portata sarebbe meglio restare seri.

Vede signora Lucarelli il punto è uno solo: il Palio di Siena, come ho già scritto ieri (leggi qui) è una tradizione che resta violenta nel suo esasperato e tribale modo di essere vissuta. E i cavalli sono i soggetti su cui questa violenza ricade, senza nessuna possibilità di scelta. Non si può giustificare il maltrattamento di un animale, che parte da prima che la corsa inizi, solo per tradizione.

I senesi possono fare, per quel che mi riguarda, scelte diverse, compreso il trasformare Piazza del Campo in un’arena dove si affrontino a sorteggio i contradaioli, come i guerrieri nubiani facevano al tempo dei romani. Anche loro senza troppa scelta come i cavalli, ma per i senesi sarebbe diverso. Esseri senzienti contro esseri senzienti, motivati, consapevoli e per scelta personale.

Far diventare il maltrattamento di un animale, compiuto seguendo riti tribali, un fatto normale, legittimo, solo perché messo in atto in nome della tradizione mi orripila (restando in tema). Per questo non mi convincerà mai e temo che non lo farà nemmeno con un sacco di altre persone, che animaliste non sono.

Iniziamo in molti a essere stufi di tanta violenza, agita, santificata, difesa. Su uomini e animali.

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