Nowzad per gli animali afghani ha fatto molto, impegnandosi nella salvaguardia di moltissimi randagi in un paese di fatto mai completamente pacificato. Che ora sta vivendo giorni estremamente complessi, pericolosi e dolorosi. Un dolore che provano gli uomini quando la loro libertà e la loro stessa vita è in grande pericolo, una sorte che colpisce anche gli animali che presto perderanno i loro difensori.
La storia ha avuto inizio 15 anni fa, quando un sergente dei Royal Marines britannici, Pen Farthing, arriva in Afghanistan con la Kilo Company, un’unità scelta composta da 42 commando. Il loro compito era quello di mantenere la sicurezza nella provincia di Helmand. Non vi è dubbio che il sergente Pen fosse una persona già molto attenta ai diritti di uomini e animali, diversamente non si potrebbero spiegare scelte così particolari. Come quelle di occuparsi “anche” di animali in un paese alle prese con una guerra interna e con un’occupazione straniera.
Empatia e sensibilità sono state probabilmente le spinte iniziali che hanno portato il militare a pensare di creare qualcosa di nuovo per aiutare gli animali randagi. L’attenzione verso cani e gatti che vivevano negli agglomerati urbani aumenta in modo proporzionale anche al benessere e alla cultura degli abitanti. Difficile pensare che chi non ha da sfamare la famiglia possa trovare risorse per occuparsi di randagi. Una realtà dura, ma comprensibile.
Nowzad per gli animali afghani è stato come l’accensione di un faro in un mare in tempesta, un segno che indica un porto sicuro
Il sergente Pen ha deciso di non chiudere gli occhi, di occuparsi anche di animali. Dalla sua esperienza in Afghanistan è nato il primo libro, “One Dog at a Time” (Un cane alla volta). Che è servito per portare sotto le luci della ribalta del mondo intero l’attività di Nowzad, quello spirito di aiuto che spesso. incredibilmente, viaggia insieme agli uomini in guerra.
Guerra, violenza, contiguità con la morte possono prosciugare la sensibilità delle persone oppure dargli linfa, energia e coraggio. Chi si trova ogni giorno a vivere in teatri bellici conosce l’orrore, quello vero, che può dare un nuovo impulso alla creazione di energie positive. E così, soldato dopo soldato, cane dopo cane, in questi anni Pen è riuscito a riunire famiglie, sicuramente non convenzionali ma non per questo meno belle, importanti.
Nowzad, che prende il nome dalla prima città in cui Pen ha prestato servizio, è un’organizzazione che è stata capace di riunire cani e soldati. Sino ad oggi sono stati più di 1.600 i cani che sono stati riuniti ai soldati che li avevano adottati in Afghanistan. Consentendo agli animali di poter vivere con i loro nuovi amici, in una parte più fortunata del mondo dove della guerra arrivano solo gli echi lontani.
Nowzad ha creato a Kabul un rifugio per cani con standard europei, una clinica veterinaria e un centro per asini
In un paese dilaniato come l’Afghanistan tante sono le necessità, e non solo, ovviamente, quelle legate all’assistenza dei randagi. Chi lavora a contatto con la popolazione sa perfettamente che l’evoluzione positiva dei diritti degli animali passa attraverso realtà complementari. Sensibilizzazione, educazione ma anche prevenzione sanitaria sono molto importanti, specie in una realtà come quella afghana dove la rabbia è presente e rappresenta un pericolo mortale.
Per questa ragione il controllo demografico e la vaccinazione degli animali contro la rabbia diventano i capisaldi delle attività di Nowzad. Che possono essere messi in atto grazie alla generosità dei donatori. Il Progetto infatti è oramai conosciuto e supportato in tutto il mondo. E questo, sino a poche settimane fa, ha consentito a Nowzad di fare molto per gli animali. Sino al ritiro delle truppe americane che hanno fatto precipitare il paese nel caos.
Purtroppo il tempo per l’organizzazione di poter operare in Afghanistan è finito e ora le priorità sono improvvisamente cambiate. Occorre far tornare a casa lo staff, garantire agli afghani che hanno lavorato per l’organizzazione di trovare asilo nel Regno Unito, portando in salvo anche gli animali presenti nei rifugi. Una corsa contro il tempo che si può vincere solo con l’aiuto di tutto il mondo.
Non dimentichiamo il popolo afghano, diamo una speranza a quanti vogliono poter lasciare il paese, avere un futuro
Non ci si può occupare di animali senza avere sensibilità per gli uomini e le donne di questo paese. Sul quale sta ancora una volta calando la scure dell’integralismo religioso, che vuole le donne private di ogni diritto, compreso quello allo studio. Le donne afghane sono quelle che pagheranno il prezzo più alto con la restaurazione del regime dei talebani. Nonostante le rassicurazioni date all’occidente e già contraddette dai tragici fatti di ogni giorno.
L’Occidente ha fatto un grande errore di valutazione e i danni di questa scelta si potranno quantificare solo fra qualche anno. Nel frattempo abbiamo un dovere morale di aiutare chi vuole lasciare il paese, chi vuole cercare di vivere libero, di costruirsi un futuro meno violento e con maggior libertà. Ogni europeo ha il dovere di fare qualcosa per questo popolo che da decenni sopporta le conseguenze di scelte fatte altrove.
Dalla nostra attenzione al problema afghano, da quanto ne parleranno i media e dalla sensibilità dell’opinione pubblica dipende buona parte del loro futuro. Non dimentichiamo il popolo afghano, non lasciamo vincere l’integralismo religioso.