La Regione Lombardia allunga la caccia, pur consapevole che la maggioranza delle persone sia contraria. Ma i cacciatori sono un serbatoio di voti irrinunciabile.
Con le elezioni europee alle porte la Lombardia vuole dimostrare la sua sudditanza alla caccia. Allungando il numero di giornate per ogni cacciatore. Cade così il limite di 55 giorni massimi.
La decisione, adottata in Commissione consiliare, toglie il vincolo, consentendo di cacciare per tutta la stagione. Restano vietati solo il martedì e il venerdì, giornate di silenzio venatorio. Nell’intera stagione di caccia, peraltro già troppo lunga.
La Regione – secondo l’assessore Fabio Rolfi, noto per le sue posizioni filo venatorie – crede fortemente nell’utilità della caccia e vuole agevolare l’attività venatoria aggiornando la normativa alle esigenze dei cacciatori e del territorio.
Che però forse sperava che la decisione avesse poco clamore, considerando che su questo argomento non ha fatto nemmeno un post sui social. Consapevole probabilmente del fatto che le persone non ne possono più delle scorribande dei cacciatori.
Il pretesto per giustificare l’allungamento è stato quello di per poter aumentare il numero di giornate di caccia al cinghiale che, a suo dire, sta devastando le colture agricole. Peccato che questa politica di gestione della fauna, messa in atto sempre e solo a fucilate, abbia dimostrato che l’unico risultato ottenuto sia quello di aumentare il numero dei cinghiali. Come capisce chiunque, in buona fede, che abbia voglia di fare qualche ricerca in rete.
La Regione vorrebbe anche gestire in proprio i censimenti per evitare che possano ripetersi situazioni di stallo come quelle che hanno bloccato l’abbattimento delle volpi da parte dell’ATS di Brescia (leggi qui). In questo modo i cacciatori farebbero i censimenti prima e gli abbattimenti poi, con un evidente conflitto di interessi.
Senza contare la solita irragionevolezza della politica lombarda in materia di tutela della fauna: ci si lamenta delle nutrie e poi si abbatte l’unico predatore naturale, la volpe. Ci si lamenta dei cinghiali ma non si vogliono i lupi. Tutto pur di tutelare il consistente bagaglio di voti del mondo venatorio, fortissimo in Lombardia. Considerando che è ben supportato dalle aziende armiere.
Sono state cambiate anche le norme per quanto concerne la compilazione del tesserino venatorio. Consentendo ai cacciatori di segnare i capi abbattuti in modo differito. In questo modo si rende più difficile la vigilanza e si agevola il bracconaggio. Un ulteriore passo indietro rispetto alla tutela faunistica.
Insomma la Regione Lombardia si è scatenata per agevolare il mondo venatorio, dimostrando di ritenere del tutto ininfluenti le proteste. Di cittadini e associazioni ambientaliste, con buona pace della democrazia.
Che dovrebbe agevolare la tutela dei beni collettivi, non lo sfruttamento senza limiti da parte di una minoranza. Votante, ma pur sempre minoranza.