
Troppe immagini violente per raccontare la sofferenza animale e umana possono essere controproducenti. Rischiano di allontanare molte persone, impedendogli di capire, ma anche di scatenare emulazioni in persone instabili che pensano in questo modo di avere visibilità. Sono tante le crudeltà messe in atto, ma per contrastarle occorrono che si concretizzino simultaneamente due condizioni: leggi efficaci e una reale presa di coscienza accompagnata dalla conoscenza del nostro essere viventi.
In questi giorni è stato riaperto in Cina il Festival di Yulin, dedicato al consumo di carne di cane. Un’usanza avversata, giustamente, in Occidente, che non capisce come si faccia a mangiare carne di cane. Esattamente come gli anglosassoni e i nordici non capiscono come si faccia a mangiare, anche in Italia, il cavallo. Ogni anno deve sempre essere l’ultimo per una festa crudele, non perché si tratti di cani, ma per come sono ammassati, trasportati, torturati. Ma sembra che la fine di questa mattanza non arrivi mai.
Una scelta davvero incomprensibile quella del governo cinese e non soltanto per le proteste degli animalisti. Consentire una manifestazione come questa, in tempi di Covid19 non è solo anacronistico ma rappresenta un pericolo per la salute pubblica. I cani non sono vettori del virus ma mercati umidi e i macelli, specie a cielo aperto, agevolano la sua diffusione. Come è avvenuto in un macello in Germania, è successo nuovamente in un wet market di Pechino e potrebbe scatenarsi domani a Yulin.
L’indifferenza nei confronti della sofferenza animale e umana è davvero un fatto insopportabile
Mai come quest’anno il Festival di Yulin è stato capace di coagulare critiche che provengono da schieramenti che non sono solo quelli dei difensori degli animali. Un fatto che sembra non aver turbato particolarmente le autorità di Pechino, che hanno vietato il commercio di specie selvatiche per uso alimentare e hanno elevato il cane a animale da compagnia. Copiando nei contenuti quanto avviene in occidente, ma non volendo ancora applicarlo a questa sagra tradizionale.
Una cosa incomprensibile per un regime che non si è mai fatto troppi scrupoli nel reprimere, anche nel sangue, tutte le manifestazioni che potessero mettere in dubbio l’autorità centrale. Un esercizio muscolare che non si applica al Festival di Yulin, nonostante il consumo di carne di cane riguardi anche in Cina una percentuale davvero piccola di persone. Nonostante i numerosi appelli fatti in tutto il mondo e le critiche, anche feroci, di giornalisti, intellettuali e uomini di spettacolo.
Molti commenti nei social sostengono che a Yulin fanno una volta all’anno quello che in Europa succede ogni giorno nei macelli
Difficile poter dar torto al ragionamento sotto il profilo della logica, quando bovini e suini, che non saranno cani ma hanno comunque dei diritti minimi riconosciuti dalle leggi, sono trattati come cose. In nome del profitto e in paesi che si ritengono molto più sensibili e attenti ai diritti degli animali di quanto lo siano i cinesi. Non nascondiamo alle nostre coscienze e, soprattutto, alle nostre intelligenze cosa avviene in troppi allevamenti intensivi e nei macelli.
Non sposiamo nemmeno insulti, invettive e auguri di morire presto ma con atroci sofferenze lanciate dai più oltranzisti. La nostra specie non è tutta uguale, non abbiamo comportamenti identici solo per appartenenza. Non siamo leoni: nel bene e nel male siamo in grado di fare delle scelte, speculando sull’intelligenza e l’empatia di alcuni comportamenti. E possiamo decidere di non mangiare gazzelle o di farlo solo una volta ogni sei mesi.
Abbiamo il potere di ragionare non solo sulla necessità del comportamento, ma sull’opportunità etica di metterlo in atto. Che certo non è poco. La capacità di organizzare un ragionamento dovrebbe portarci a valutare gli individui e non le masse: se guardiamo queste possiamo essere spesso portati a pensare che non ci sia possibilità di redenzione.
Prima di diventare un mare siamo individui, con capacità di ragionamenti e sensibilità molto diverse
Ma prima di diventare parte di quelle acque scure siamo goccioline pensanti, capaci di individualità nei ragionamenti, di avere comportamenti virtuosi, ma anche di capire che solo la cultura fa davvero la differenza. La sensibilità è figlia del sentire e del considerare, della separazione dalla pura necessità di sopravvivere. Quel comportamento che spesso giustifica i peggiori comportamenti umani.
Se vogliamo difendere i diritti cerchiamo di avere comportamenti che ci distinguano dalla massa, spesso brutale in azioni e giudizi. Il compito di chi è in grado di partecipare e provare empatia e quello di imparare a trasmetterla e non quello di augurare la peggior sofferenza a chi l’empatia non ha ancora capito da cosa nasca, come possa vivere in tutte le anime.
Un invito alla riflessione fatto attraverso un’immagine evocativa, senza bisogno di essere sanguinolenta e truculenta. Abbiamo bisogno di persone che leggano e raccontino, non che chiudano gli occhi di fronte a un’ostentazione della sofferenza.