Un radiocollare e un lupo intraprendente: si svelano meraviglie del mondo naturale, facendo conoscere al grande pubblico come un lupo metta su famiglia. Contribuendo a sfatare i tanti luoghi comuni e le leggende che si sono create su questo predatore, importantissimo per l’ecosistema.
Questa è la storia di Reno, un giovane lupo trovato avvelenato dopo che aveva cercato riparo nel garage di un’abitazione. A Reno Inferiore, fatto che gli ha lasciato un marchio indelebile: il nome che i ricercatori gli hanno dato. Dopo le cure Reno è stato munito di un radiocollare GPS, un dispositivo utile per tracciare i suoi spostamenti. Un modo non invasivo per raccogliere informazioni.
Così Reno, per 500 giorni, è stato seguito via radio, e ha lasciato tracce digitali di tutti i suoi spostamenti. Permettendo di capire che nel suo vagabondare aveva incontrato una lupa e aveva fatto coppia. Restando in un territorio in parte sovrapposto a quello già occupato dal suo branco, un fenomeno che gli esperti hanno nominato budding.
Per 500 giorni Reno è stato seguito giorno e notte, sino a quando il collare, programmato per questo, si è sganciato automaticamente, permettendo ai ricercatori di recuperarlo. Trovando conferma del fatto che il ruolo di Reno nel suo branco d’origine fosse quello dell’helper: il giovane lupo che aiuta a crescere i cuccioli. Come dimostravano le morsicature lasciate da piccoli dentini aguzzi sul collare.
La storia di Reno, lupo fortunato aiutato dagli uomini che lo hanno salvato
Questa storia merita una riflessione, su un bracconiere che uccide illegalmente un capriolo e prepara bocconi avvelenati per uccidere i lupi. E sui tanti uomini, a cominciare da chi se lo è trovato nel garage di casa, che hanno lavorato in squadra per salvarlo, curarlo, liberarlo e farlo diventare un testimonial. Una piccola impresa, fra le tante, che dimostra che per ogni criminale ci sono mille persone per bene, gente che lavora per aiutare e per conoscere.
Ma non bisogna pensare che questa sia una storia unica, appartenga al numero dei casi fortunati. Ci sono lupi che muoiono per incidente, altri per veleno, altri ancora per una pallottola. Ma ce ne sono tanti altri che nel silenzio del bosco hanno colonizzato il paese, riportando il predatore in tutta la penisola.
Proprio perché quella di Reno non è una storia unica, invertendo l’ordine delle puntate che il Wolf Apennine Center ha realizzato sui lupi, questo racconto si chiude con la storia di Ventasso, dal nome dell’omonimo Comune sparso dell’Appennino. Un’altra storia di un lupo tutta da vedere. Realizzata nell’ambito del progetto LIFE Mirco Lupo, per studiare e contrastare l’ibridazione fra lupi e cani vaganti.
L’osservatorio lupi della Val d’Enza, nasce dalla passione Enrico Ganassi per i lupi, che insieme a Paolo Mainardi hanno deciso di unire le forze per contribuire alla loro conoscenza. Accomunati dallo stesso interesse per i lupi e dalla voglia di contribuire alla loro conservazione. Una partecipazione spontanea e gratuita fatta per fornire ulteriori dati alWolf Apennine Center, il centro che si occupa di studiare i lupi sull’Appennino tosco emiliano.
Enrico ha iniziato da pioniere, con una video trappola, tanta passione e la voglia di rendersi utile. Una decisione nata dopo aver conosciuto Willy Reggioni, il responsabile del WAC e lo zoologo Luigi Molinari a un incontro. La divulgazione da sempre dei buoni frutti e la giornata sul lupo ha contribuito, così, a creare una realtà operativa importante.
Grazie a Enrico e Paolo si è creato un gruppo spontaneo, non organizzato al momento come associazione, che ha deciso di raccogliere dati sulla presenza dei lupi. Le video trappole sono cresciute piano piano di numero e attualmente sono 24. Che sono state disseminate su un’area di 30 chilometri e che continuano a rivelare sempre nuove informazioni sui lupi.
Sono affascinati dai lupi ma non sono tecnici, solo cittadini attivi
Il gruppo che ha dato vita all’Osservatorio lupi della Val d’Enza, che copre anche l’area di Fidenza grazie alle attività di Paolo Mainardi, ha scelto la strada giusta. Quella che parte dalla consapevolezza di non essere dei tecnici, ma dei semplici appassionati che operano per tutelare il lupo e diffondere conoscenza sulla sua presenza. Collaborando attivamente con il Wolf Apennine Center, che può così ricevere, a costo zero, informazioni molto importanti.
Con intelligenza e umiltà tutto il gruppo si è messo a disposizione per raccogliere più dati possibili. Utilissimi per contrastare le credenze sui lupi, che li vogliono far apparire come animali pericolosi. Nella realtà il lupo è un pericolo solo per le sue prede, come è giusto e naturale che sia. Per questo gode di pessima fama presso i cacciatori, che lo vivono e lo raccontano come un avversario da battere.
In 20 mesi di lavoro le dieci persone che, attualmente, compongono il gruppo della Val d’Enza e quello di Fidenza sono riusciti già a scoprire la presenza di quattro branchi che non erano stati censiti. Grazie alle immagini fornite dalle video trappole i tecnici del Wolf Apennine Center hanno potuto ricevere nuove informazioni, utili per monitoraggio e sorveglianza sui lupi. Una sinergia perfetta e molto importante, che potrà dare anche in futuro ottimi frutti.
Così muore un lupo come Paolino, un esemplare munito di radiocollare nell’ambito del progetto MIRCO Lupo. Nato in Appennino circa 3 anni fa si era staccato dal suo branco per andare a cercare un territorio nuovo in cui stabilirsi. Ma alla fine la storia è stata diversa, per colpa dell’uomo.
Paolino ha percorso molta strada, come fanno i giovani lupi in dispersione, facendo centinaia di chilometri come ci dice il radiocollare, che oramai non funzionava più ma che ha consentito di identificare il lupo Paolino con certezza.La sua vita vagabonda, in cerca di una compagna, è terminata a Beinette, un paese in provincia di Cuneo. Dove il giovane lupo è stato ritrovato morto qualche giorno fa.
Morto per cause naturali, visto che le ferite mortali trovate sul suo corpo parlano di uno scontro con un cinghiale. Nel quale il lupo, da solo non avendo branco, ha avuto la peggio. E’ stato sventrato come capita ai cani dei cacciatori e in natura le ferite, spesso anche quelle non gravi, significano morte.
Ma se così muore un lupo come Paolino, quanti vengono uccisi quasi ogni giorno
Ma nel suo vagare dall’Appennino emiliano (dove era stato catturato e munito di radiocollare dai ricercatori del Wolf Apennine Center ) al Piemonte il lupo Paolino non ha incontrato solo un cinghiale, quello che ha messo fine alla sua vita. Ha trovato sulla sua strada anche un bracconiere che gli ha sparato senza ucciderlo, lasciandogli però dei pallini nella spalla procurandogli una zoppa permanente a un arto anteriore. Una diminuita capacità nelle sue abilità di caccia e di corsa che non ha però impedito al giovane lupo di vagabondare.
La morte di Paolino permette però di azzardare un ragionamento: anche un lupo solitario, invalido, non si è dedicato a attaccare prede più facili. Come il bestiame domestico, rinunciando a quelle più difficili per un lupo senza branco. E’ morto per le ferite causate dallo scontro con un cinghiale, una delle prede d’elezione per un lupo, insieme ai caprioli e ai cervi. Giusto per rimettere al loro posto i luoghi comuni, che purtroppo non mancano contribuendo a dare spesso un quadro sbagliato del grande carnivoro.
Per un lupo con il radiocollare che muore (anche se in effetti il collare di Paolino aveva smesso di funzionare da qualche tempo) un altro per fortuna prende il suo posto. Consentendo ai ricercatori di avere sempre più dati sulle abitudini di questa specie, sugli spostamenti degli individui e dei branchi. Nulla va lasciato al caso nelle attività di tutela.
La cattiva gestione degli allevamenti intensivi spesso è la causa degli episodi di contrasto con l’uomo
A fine settembre, durante un educational sul lupo, al quale avevo partecipato nella splendida Riserva Naturale dell’Orecchiella, i ricercatori del WAC/Parco dell’Appennino avevano avuto la fortuna di catturare un lupo nell’ambito del progetto di ricerca sugli ibridi (leggi qui). Epico, questo è il nome del giovane esemplare, risultato poi essere un lupo puro, è stato quindi munito di radiocollare e ha riconquistato la libertà.
In questa splendida foto della biologa Paola Fazzisi può capire appieno cosa significhi libertà per un animale selvatico. Che non conosce confini ma solo l’istinto che lo accompagna nella sua esistenza. Buona vita e buona strada Epico, sperando che non ci sia mai l’incontro con un bracconiere.
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