Ritenere che l’alimentazione forzata di un animale possa in qualche modo essere compatibile con il suo benessere è un’alterazione della realtà incapace di trovare spiegazione. Una pratica crudele che si può equiparare, senza paura di poter essere smentiti, alla tortura. Una condizione di allevamento contraria a ogni possibile declinazione del termine “benessere”, considerando altresì che lo scopo di questa pratica è quella di provocare una malattia. Il fegato di oche e anatre, costretto a un superlavoro, finisce per ingrossarsi e diventare steatosico, pieno di grasso.
Stiamo assistendo a una deriva pericolosa sui diritti minimi che dobbiamo riconoscere agli animali, dove le affermazioni di principio non trovano riscontro nella realtà delle pratiche consentite. Soltanto poter ritenere che l’ingozzamento sia attività che non alteri il benessere psicofisico di un animale rappresenta un’alterazione della realtà e delle conoscenze. Un’affermazione così grave da far destare più di una preoccupazione. Una decisione che manda nel dimenticatoio, oltre alle più banali conoscenze di etologia, anche le 5 libertà minime che dovrebbero essere assicurate negli allevamenti.
Oche e foie gras stanno al benessere animale quanto un macello sta alla difesa della vita
La produzione di una preparazione alimentare, destinata peraltro a una nicchia di consumatori disponibili a pagare a caro prezzo la sofferenza di un animale, non può essere il presupposto per una giustificazione. Si tratta di accontentare un capriccio a scapito di continue sofferenze e maltrattamenti che dovranno essere subiti da anatre e oche. In contraddizione con quelle azioni minime di tutela che sono accordate alle specie animali che non finiscono nei piatti delle persone.
Pare evidente che questa contraddizione abbia superato ogni limite di coerenza, di rispetto e anche di buon senso. Dimostrando che il Parlamento Europeo non ha alcuna conoscenza su cosa significhi la reale declinazione del benessere animale. Avvicinando un concetto eticamente e etologicamente rilevante alla difesa d’ufficio di una pratica che rappresenta soltanto un’inaccettabile tortura. Non c’è benessere nella vita degli animali obbligati a subire azioni lesive, senza poter condurre una vita che riconosca i diritti minimi di poter mettere in atto i comportamenti naturali.
Se questa decisione non sarà modificata rappresenterà una ferita, inguaribile, inferta al rispetto che è dovuto agli animali. Senza poter essere difesa in alcun modo considerato che non si tratta di un comportamento necessario, ma della banale soddisfazione. Ora la speranza è che almeno l’Italia mantenga la barra dritta e continui a vietare l’alimentazione forzata degli animali per produrre il foie gras.
Foie gras tortura medievale che viene però premiata a Roma con il prestigioso riconoscimento International Business Awards 2016, ricevuto dall’impresa americana D’Artagnan produttrice di foie gras . Il business non guarda la morale, ma la crudeltà deve avere un limite necessario.
Il foie gras è un prodotto che ha fatto e continua a far indignare il mondo delle persone sensibili ai diritti degli animali, e non si parla solo di vegani e vegetariani, ma di persone che non possono accettare che una simile crudeltà sia ancora ammessa. Sicuramente ha fatto indignare l’associazione PETA, che a Roma ha inscenato una protesta di fronte all’hotel che ospitava il premio.
Nonostante le numerose proteste però, che in Italia hanno portato importanti marchi della grande distribuzione a eliminare questo prodotto dagli scaffali, il foie gras continua a essere legale; la sua genesi parte dalla volontà di creare un’alterazione al fegato delle oche, causata da un sovra dosaggio di cibo che lo porta in breve tempo in un enorme massa grassa, steatosica. I consumatori di foie gras quindi si cibano con un prodotto derivante da una malattia indotta volutamente in un organo sano. Una mostruosità a tutti gli effetti.
La liceità della produzione del foie gras apre un grande interrogativo sulle pratiche che rappresentano delle vere e proprie torture e che, come tali, dovrebbero essere considerate un maltrattamento senza scusanti. Per questo non è pensabile arrivare soltanto a un divieto generalizzato di allevamento in Europa ma bisogna vietare anche l’importazione del prodotto finito, ovunque questo sia stato ottenuto e confezionato.
Si potrebbe discutere per giorni, considerando anche l’avanzata della cultura vegana, vegetariana e i molti interrogativi che pone ai consumatori onnivori, se l’uomo abbia o meno il diritto di sottomettere e uccidere animali per cibarsene. Quel che è certo è il fatto che nessun uomo dovrebbe avere diritto di torturare un animale al solo fine di trarne piacere o profitto. Questo concetto dovrebbe valere già dalle condizioni estreme degli allevamenti intensivi, cresciuti senza controllo e senza adottare buone pratiche che potessero limitare la sofferenza, ma non è derogabile in alcun modo per allevamenti come quello che portano a ottenere il foie gras, dove migliaia di oche sono alimentate a forza attraverso un tubo che gli “spara” un impasto proteico in gola.
L’uomo ha dei doveri morali verso gli altri animali e non possiamo continuare a far finta di nulla. La società del tempo presente sembra aver perso l’empatia sia verso gli uomini che verso gli animali. L’accettazione della sofferenza pare essere diventata una sorta di legittima difesa volta a impedire che qualcuno o qualcosa limiti l’onnipotenza dei nostri diritti, anche quando questo avviene con indicibili sofferenze inflitte a altri esseri viventi. Ci siamo forse talmente assuefatti alla morte violenta resa visibile dalle guerre, alla tragedia costante dei profughi e dei migranti, alla violenza fisica e sessuale a cui sono costretti a sottostare anche i bambini da non avere più un punto etico di riferimento.
Il tempo presente ci sta abituando alla crudeltà, ci sta facendo chiudere gli occhi, e non solo, di fronte a ogni tipo di sofferenza: la minaccia dell’integrità dei nostri diritti, talvolta infondata ma alimentata da furbi manipolatori, ci conduce a essere disposti a non vedere che cosa sta succedendo, a abbassare la soglia della pietà e della compassione. Di fronte a quanto accade nel mondo le oche utilizzate per fare il foie gras potrebbero forse sembrare il minore dei problemi, se solo non rappresentassero, invece, un pericoloso indicatore di quanto si stia alzando la nostra tolleranza verso la violenza, che non pare temperata nemmeno dall’aumentata conoscenza di cause e fenomeni.
Così grazie a questa anestesia dell’etica individuale sembra quasi che nulla più importi, non le oche ma nemmeno i bambini morti in mare, non la crudeltà degli allevamenti di animali da pelliccia ma nemmeno quella di uomini e donne sottoposti a supplizi indicibili. Questo però non porterà fortuna alla nostra specie: per costruire una società reale, fatta di solidarietà e mutuo aiuto, occorre molto tempo mentre per distruggerla può bastare un periodo di grande difficoltà come questo.
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