Fermiamo le carrozzelle con cavalli: una sofferenza per gli animali diventata oramai inaccettabile

Fermiamo le carrozzelle con cavalli, diventate il retaggio di una tradizione vecchia di secoli, quando gli animali erano considerati poco più che cose. Tempi che sono passati spesso solo in apparenza, nascosti sotto una coperta fatta di parole che quasi mai si traducono in azioni. Anni connotati da un rispetto tanto sbandierato quanto poco messo in pratica, nonostante un’opinione pubblica sempre più attenta alla sofferenza animale. Le carrozzelle a cavalli che, anche in quest’estate torrida, corrono sull’asfalto rovente delle città sono la prova dell’inazione della politica, della poca attenzione dei Sindaci.
Per fermare le carrozzelle trainate dai cavalli servirebbe solo la volontà e un poco di sensibilità. Non si tratta di mettere sulla strada dei lavoratori ma soltanto di sostituire le poche licenze dei vetturini con altrettante di taxi, ponendo fine a una sofferenza, per gli animali, incompatibile con i tempi. Dove non è più accettabile lasciare animali in mezzo al traffico, sotto il sole, per soddisfare qualche turista disposto a pagare, a caro prezzo, questo souvenir.
Il trasporto con animali è un fenomeno europeo, ma meglio sarebbe dire che è una piaga mondiale. Dove gli animali sono immotivatamente sfruttati solo per accontentare turisti insensibili alla loro sofferenza. Almeno una volta tanto noi italiani, che sul rispetto dei diritti animali arriviamo sempre buoni ultimi, potremmo dare il buon esempio. Modificando il Codice delle Strada e vietando l’uso di veicoli a trazione animale sulle vie pubbliche. Basterebbero davvero solo poche righe, ma più le cose si presentano facili e più nella realtà sembrano trasformarsi in mostri invincibili.
Fermare le carrozzelle con i cavalli sarebbe un atto di civiltà e di buon senso
Sono anni che se ne parla, sono anni che i politici, almeno quelli che si dicono attenti ai diritti degli animali, presentano disegni di legge, propongono modifiche. Che servono più a ottenere buona pubblicità sui giornali che non a tradursi in atti concreti e concludenti. In un paese dove spesso i provvedimenti da adottare vengono presentati come cosa fatta, mentre, nella realtà, i più sono destinati a restare nei polverosi cassetti delle commissioni. Eppure da poco tempo i diritti degli animali sono anche nominati all’interno della nostra Costituzione.

Un inserimento che da molti era stato salutato come un segno di progresso, portatore di grandi riforme e di una nuova considerazione dei diritti degli animali. Un cambiamento davvero storico? Anche se poi i Sindaci non provvedono a emettere nemmeno un’ordinanza che vieti da aprile a settembre, i mesi più caldi, il divieto di usare i veicoli a trazione animale? Provvedimenti spesso promessi in campagna elettorale, ma mai tradotti in realtà, per disinteresse o per calcolo.
L’arte della politica non è più quella di cercare di soddisfare i bisogni dei cittadini, ma bensì quella di non scontentare le molteplici categorie di elettori. Una sorta di infinito gioco “dell’un colpo al cerchio e uno alla botte“, dove si accontentano tutti e non si soddisfa nessuno. Spesso con la complicità dei media, così poco attenti nell’individuare quando il re è nudo, ma capaci talvolta di cercare sempre nuovi vestiti per il potente di turno. Facendo brillare come fari quei casi di informazione libera, alla quale siamo così poco abituati anche dal nostro servizio pubblico, che per questo è nostro.
Le carrozzelle trainate dai cavalli sono il paradosso di questi tempi, dove l’interesse di pochi prevale sui diritti di molti
L’Italia è un paese in costante campagna elettorale, con una politica che ha spesso dimostrato di non essere capace di tutelare la collettività. Riuscendo anche ad allontanare da se una buona parte della società civile, che evidentemente ha gettato la spugna. Consapevole che sarà difficile riuscire a cambiare davvero qualcosa. Ma se non fermiamo le carrozzelle con i cavalli, una cosa da poco, possiamo davvero credere che questo paese cambi? Che l’Italia possa imboccare la strada della transizione ecologica, dove gli interessi in gioco sono ben più corposi e numerosi?
Certo sono momenti difficili, ma sono proprio le difficoltà quelle che fanno capire la stoffa dell’equipaggio che tiene la barra dritta, che segue la rotta. Sicuramente ci sono le priorità, che però non dovrebbero essere assolute, ma andrebbero incrociate con le possibilità e i costi. Certo fermare la guerra alle porte dell’Europa è priorità assoluta, ma incrociata con le attuali possibilità di riuscirci rende l’obiettivo doveroso, ma non immediatamente ottenibile. Mentre fermare le carrozzelle trainate dai cavalli è proprio poca cosa, facile, facile.
Cerchiamo di far progredire il nostro paese, visto che la civiltà di un popolo sta anche nel modo in cui dimostra capace di saper tutelare i più deboli. Cerchiamo di attuare almeno le cose facili, che sottraggono sofferenza, che sono educative perché ci sono azioni che allargano la mente e non soltanto il cuore. Dimostriamo di avere attenzione verso la sofferenza dei deboli, senza distinzione di colori o razze perché in questo tempo di incertezze l’unica davvero granitica è che siamo tutti animali. Mentre il dubbio resta sempre quello: la nostra discesa dagli alberi ha davvero dato buoni frutti per il pianeta?