tragedia Ucraina persone animali

La tragedia Ucraina: persone, spesso con i loro animali, costrette a scappare da una guerra che pochi si immaginavano potesse arrivare in Europa. Dai media rimbalzano immagini, purtroppo familiari, che non credevamo però possibili riguardassero il vecchio continente. Centinaia di migliaia di persone sono in fuga dalle loro case, spesso portando con se i propri animali, che non sono stati abbandonati. Tanto da far temporaneamente sospendere le regole europee, che consentono il transito di animali extra UE solo con passaporto e test sanitari.

Vedere persone disperate attraversare i confini per trovare asilo negli Stati della Comunità Europea, con in braccio un cane o un gatto, nonostante le difficoltà, commuove ancora di più. Dimostra ancora una volta che i nostri animali sono compagni di vita, che confortano e consolano anche in situazioni estreme. Nulla è più tragico della guerra e del dover scappare dal proprio paese lasciando indietro le proprie vite.

Qualcuno dice che la guerra in Ucraina è soltanto una delle tante guerre che hanno insanguinato il mondo dopo la tragedia della Seconda Guerra mondiale. Nella realtà è vero solo a metà, perché dalla fine del conflitto mondiale mai si era stati così vicini a una guerra globale e catastrofica, che potrebbe avere conseguenze planetarie e devastanti. Nulla di paragonabile con la Corea o la crisi dei missili a Cuba.

Ma la tragedia Ucraina non è solo un disastro umanitario: la guerra ha aggravato la crisi ambientale

La tragedia Ucraina non riguarda solo uomini e animali in fuga da un paese bombardato e allo stremo. Riguarda l’intero pianeta per le inevitabili conseguenze che si verranno a creare sotto il profilo dei cambiamenti climatici. Se ne parla poco, annichiliti di fronte a questa tragedia, ma è inutile negare che nulla potrà più essere come prima. La guerra in Ucraina avrà un effetto drammatico non solo sulla popolazione di quel paese ma sui futuri equilibri geopolitici. Un fatto che rallenterà in modo consistente la transizione ecologica, soprattutto per quanto riguarderà le scelte energetiche. E non soltanto.

La mancanza di lungimiranza ha portato le economie occidentali, e la nostra in modo rilevante, a compiere scelte discutibili in ambito energetico e produttivo. Avendo come unico parametro di riferimento quello economico, che ha portato l’Europa a delocalizzare nei paesi orientali moltissime produzioni. Così ora ci ritroviamo nella condizione di ipotizzare la necessità di far ripartire le centrali a carbone o a olio pesante, che sono le peggiori sotto il profilo ambientale.

Ma non saranno soltanto le scelte energetiche che andranno controcorrente rispetto alla necessità di imboccare una reale transizione ecologica. Questa guerra avrà un forte impatto sulle casse sia pubbliche che private, quale che sia la sua durata, che tutti sperano breve. Ci saranno quindi minori risorse per affrontare i temi legati ai cambiamenti climatici, in economie già messe a dura prova dalla pandemia.

Come sempre accade sono i popoli a pagare le scelte e il mancato coraggio della politica, ma questa volta potrebbe esserci un disastro alle porte

Se colpisce l’anima vedere i profughi ucraini con i loro animali, che si stringono al petto come fossero degli amuleti, si resta muti e attoniti guardando al futuro. Un futuro che in pochissimi anni è cambiato, tragicamente in peggio, lasciando allo scoperto tutti gli errori causati dalla poca lungimiranza. Scelte non fatte che andranno a incidere in modo molto pesante sulle giovani generazioni, che si troveranno sul tavolo i problemi di un secolo di rinvii e di distruzioni.

Certo ora è importante aiutare il popolo ucraino, andare in soccorso di chi ne ha bisogno. E’ arrivato il momento di capire, una volta per tutte, che sino a quando non sarà alleviato il peso che grava su un’umanità dolente non ci sarà mai spazio per un futuro sereno. Ogni essere vivente meriterebbe rispetto, ma certo oggi parlare di diritto alla felicità sembra molto più utopico di quanto non fosse ieri.

Cerchiamo di far diventare questa tragedia un’occasione di cambiamento, capace di creare collettività nuove, più aperte e più inclusive. Perché nessuno si salva da solo.

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