
Oramai il fatto che ci sia troppa violenza, agita e verbale, non è certo un mistero, ma anzi è una realtà che tocchiamo ogni giorno. Basta sfogliare giornali e agenzie, sentire telegiornali, leggere commenti sui social per averne una percezione netta.
La violenza, contro uomini e animali è sempre esistita, ma l’impressione è che sia stato tolto il tappo di un vaso dall’imprevedibile contenuto. Iniziando così un pericoloso percorso di abituazione, che rende i comportamenti violenti una sorta di normale connotazione della nostra società. Come se avessimo iniziato a vivere dentro una specie di wargame.
Solo oggi, per parlare di umani, in mezz’ora sono uscite due notizie di cronaca nera: la prima di un vigilante che litiga con la compagna e tira una rivoltellata a un braccio del figlio, la seconda racconta di un uomo che ha ucciso una donna davanti alla figlia minorenne. E ora sulla rete si scatenerà la solita pioggia di insulti e minacce, che a nulla servono se non a promuovere nuova violenza.
Troppa aggressività per una società “normale”
Come è successo ieri nei confronti di due pescatori che, crudelmente, hanno tagliato la coda di uno squalo solo per divertimento. Scatenando le ire dei navigatori, come se il potere dell’insulto potesse far rispuntare la coda o ridare la vita al povero animale. Mentre dovrebbero essere processati e condannati e credo che in Islanda, dove il fatto è successo, finirà così.
Molti commentatori ritengono che in fondo si tratti solo di uno sfogo, di un modo per dimostrare la propria indignazione. Io, forse sbagliando ma non credo, lo vedo invece come un crescendo di atti violenti, seppur verbali, che rappresentano un indicatore pericoloso. Di quanto la rabbia si stia impastando in modo intimo con il nostro essere, giustificando i peggiori comportamenti in nome di una legittima indignazione.
Sostengo, da sempre, che non si può essere attenti ai diritti animali e non aver empatia anche verso gli uomini, gli indifesi, i poveri, le mille anime in difficoltà. Non si può essere razzisti e animalisti dentro lo stesso cervello. Ma non si può nemmeno essere crudeli, non si può giustificare mai la violenza, salvo che sia, per davvero, una difesa legittima della propria o di altre vite.
Eppure molti, fra i “cosiddetti” buoni, vorrebbero mettere in atto azioni nei confronti di altre persone, che hanno compiuto crimini veri o anche solo supposti, da far tremare le vene dei polsi. Cose che avrebbero fatto vergognare anche la Santa Inquisizione.
La violenza non ripara i torti, non sana i corpi e tanto meno le menti
Le persone che hanno un’idea di giustizia corretta, giusta, dovrebbero pretendere e ottenere che chi sbaglia paghi la sua pena, senza invocare giustizia sommaria. Quando uno stato non è in grado di assicurare che sia così i cittadini si devono attivare, non cercare scorciatoie punitive.
Si devono attivare per ottenere che le leggi cambino, che le pene siano effettive, che vengano punti i responsabili in modo concreto. Senza scivolare nelle derive autoritarie, che non portano da nessuna parte.
Se la violenza e la commissione di reati è cosa fisiologica nel contesto sociale, e per questo va combattuta, non può essere considerata altrettanto fisiologica la crescita di comportamenti forcaioli. Che non dovrebbero essere tollerati nemmeno sui social.
Recentemente una persona che ha commentato malamente su un post, e che è stata puntualmente ripresa, ha scritto di essere stata “soltanto” veemente. Così, in questo modo, si possono insultare tutti, ma è solo veemenza. Un nuovo modo di approcciarsi con la violenza verbale, giustificando ogni comportamento.
Non si possono difendere i diritti dei deboli con aggressività e troppa violenza
Dobbiamo impegnarci tutti a spegnere questi focolai, che stanno già diventando incendi, che ci abituano a essere indifferenti di fronte alla violenza. Bisognerebbe capire che non esiste una violenza giusta, se non cessa un secondo dopo uno stato di pericolo reale. Che l’insulto non è risolutivo, ma solo peggiorativo. Non educa, non muta le cose e alimenta l’ego di chi o pronuncia, ma talvolta anche di chi lo riceve.
Una società rispettosa dei diritti altrui non può giustificare comportamenti violenti, per etica ma anche per una necessaria autotutela: una comunità nella quale l’aggressione è considerata legittima rappresenta uno stile di vita pericoloso per tutti.