Con tutte le creature del pianeta l’uomo è in debito, non abbiamo crediti ma soltanto debiti verso il pianeta e gli esseri viventi che, con i nostri stessi diritti alla non sofferenza. lo popolano. Con i cani però è diverso: prima li abbiamo resi domestici, li abbiamo asserviti al nostro dominio, poi ci siamo dimenticati del “patto” che ci lega da 15.000 anni. Abbiamo smesso di esercitare il ruolo duplice di fruitori/tutori e ci siamo disinteressati della loro sorte. So che questo farà storcere il naso a molti però questo è quello che è successo, quello che l’uomo ha fatto succedere.Così dopo aver mutato, incrociato e addomesticato lupi e sciacalli, averli avuti come custodi del focolare, aiuto nella caccia, difesa dai predatori a un certo punto della nostra vita sul pianeta, coincidente più o meno con il passaggio da civiltà contadina a realtà industriale, abbiamo allentato sempre più il nostro rapporto con i cani, riducendoli da una parte a quasi bambolotti con il pelo, ma per contro sterminandoli dall’altro in canili lager, nelle camere a gas, avvelenandoli e combattendo quello che viene definito tecnicamente “il problema del randagismo”: la storia di un surplus di produzione. Di questo surplus noi e solo noi siamo i responsabili, anche se non vogliamo in alcun modo assumerci la responsabilità, un po’ come un padre che abbandoni davanti alla chiesa il figlio illegittimo.
Gli uomini hanno smesso da tempo di gestire correttamente il cane domestico, il canis familiaris, senza preoccuparsi del risultato di questa distrazione: oramai parliamo di centinaia di migliaia di cani randagi, di un fenomeno fuori controllo, di un costo in termini di sofferenza degli animali enorme, se poi viene valutato in termini di costi economici per la collettività resta una realtà altrettanto pesante. Per questo motivo trovo che sia immorale comprare un cane, non in senso assoluto forse, ma certo lo è in questa situazione. In questo preciso momento ci saranno camion che sfrutteranno la notte per portare cuccioli di razza, ottenuti dallo sfruttamento intensivo di fattrici, al pari di quanto avviene con i maiali, destinati a un mercato di finti amanti degli animali, di animalisti da salotto, che scelgono il cane come farebbero con il divano. Sull’altro fronte di questa guerra, perchè è una guerra, centinaia di migliaia di cani non vedranno altro che i box dei canili, alcuni confortevoli, altri luridi, altri ancora temporanei: in breve saranno soppressi, come unica e inutile misura di contenimento del randagismo.
Se noi vedessimo i cani non come “animali”, belli, simpatici ma sempre animali non umani, ma li vedessimo come mammiferi, come l’uomo, capiremmo che soffrono, si emozionano, gioiscono e hanno sentimenti proprio come noi. Certo la complessità dell’uomo non appartiene al cane, l’antropomorfizzazione degli animali è un delitto, non diverso dal ritenerli cose, ma certo sono esseri viventi affini, molto affini, tanto da capirci con un’occhiata.
Per questo un cane si adotta, non si compra: è tempo che cerchiamo di riscattare il debito di riconoscenza che abbiamo verso il cane, è giunto il tempo in cui il termine “spazzatura biologica, usato per identificare i randagi presenti a Sochi durante le recenti olimpiadi invernali, vadanper sempre in soffitta. Perchè questo avvenga però dobbiamo cambiare completamente la cultura di chi dice di amare i cani e compra il chihuahua trafficato dall’Est o vuole il labrador, sempre proveniente dall’Est, ma color cioccolato perchè la “variante” miele non si addice ai colori di casa.
Non è più possibile vedere in contemporanea un mondo che stermina e un mondo che salva, un mondo che è indifferente e il mondo delle associazioni, con i loro chiaro/scuri, sarebbe sbagliato non dirlo, ma con le mani aperte per una carezza, un aiuto che non basta mai. Il randagismo va gestito, in modo intelligente, scientifico, responsabile ma il prezzo del “patto tradito” non può ricadere sempre sui cani.