
Guerra ai lupi in Svezia, dove il parlamento ha deciso l’abbattimento di 75 animali, su una popolazione stimata di 460 esemplari, già considerata in pericolo. Secondo il parlamento svedese il numero dei lupi dovrebbe addirittura scendere sotto le 200 unità, una previsione considerata inaccettabile da quasi tutto il mondo scientifico e dalle organizzazioni ambientaliste. Un abbattimento massiccio che i cacciatori dovranno realizzare nell’arco di un mese, proprio nel periodo invernale, il più difficile per questi predatori. Una scelta politica in un paese dove la lobby venatoria è molto potente e considerata, tanto da avere un poligono riservato ai parlamentari cacciatori nella sede del parlamento.
Questa scelta non tiene conto delle dinamiche di popolazione, dell’importanza che i predatori hanno per l’ecosistema e nemmeno del parere degli organismi scientifici. La Svezia é un paese che sembra molto impegnato nella lotta ai cambiamenti climatici, che però non è nuovo a contrasti molto forti con lo stesso movimento ambientalista. A causa di scelte sbagliate proprio come quella di voler ridurre la popolazione dei lupi a un numero appena superiore alla teorica soglia di sopravvivenza.
Il mondo scientifico continua a lanciare allarmi, raccomandando la necessità di mettere in atto ogni azione possibile per la conservazione della biodiversità, unica via per mantenere l’ambiente in equilibrio. Ma la politica, in Svezia come in Italia, sembra più interessata a seguire il parere degli elettori piuttosto che quello della scienza. Cercando di mantenere costante la politica del dare un colpo al cerchio e l’altro alla botte.
La guerra ai lupi in Svezia potrebbe aprire pericolose falle nella difesa della biodiversità
La popolazione dei lupi presente in Svezia e Norvegia è già stata estinta una volta per mano dell’uomo intorno al 1970. come dimostra uno studio genetico realizzato dall’Ntnu, l’Università norvegese di scienza e tecnologia e dall’Università di Copenaghen. I lupi attualmente presenti in Svezia e Norvegia, secondo gli studi genetici compiuti, risultano essere provenienti dalla vicina Finlandia, da dove sono giunti andando a occupare le nicchie ecologiche lasciate libere a causa dell’uomo.
Gli attacchi ai lupi non arrivano solo dal Nord Europa, ma anche dalla vicina Svizzera, che ha da poco compiuto il tentativo, fallito, di far modificare lo status del lupo riconosciuto dalla Convenzione di Berna, da specie “strettamente protetta” a “protetta”. In questo modo sarebbe stato possibile per la confederazione elvetica attuare ulteriori misure di sfoltimento dei branchi, in un paese dove i conflitti fra predatori e allevatori sono abbastanza frequenti.
Continuando a vedere i predatori solo come un problema, non riconoscendone il ruolo fondamentale che ricoprono nel mantenimento dell’equilibrio ambientale, si dimostra che gli interessi di pochi prevalgono su quelli collettivi. Tutela della biodiversità e protezione dell’ambiente hanno un valore, anche economico, molto superiore a quello che troppo spesso la politica gli riconosce, senza ascoltare in primo luogo la scienza. Lo dimostra la politica svedese, che in un paese grande una volta e mezza l’Italia e con una densità di popolazione di soli 23.1 abitanti per kmq (ben 8 volte più bassa di quella italiana) ritiene insopportabile la presenza di meno di 500 lupi.
Convivenza e condivisione: due parole magiche troppo spesso ignorate
Il nostro futuro come specie è strettamente legato alla nostra capacità di condividere le risorse con il resto degli abitanti del pianeta, sapendo che solo questa scelta obbligata potrà essere premiante. Convivere e condividere non possono essere considerati concetti astratti, da sognatori utopisti, ma necessità divenute oramai indispensabili se non vogliamo essere responsabili di un futuro tetro. Continuare a guardare le esigenze economiche dell’oggi, gli interessi di alcune categorie a scapito di altre rischia di far aprire una voragine dalle conseguenze tanto prevedibili quanto inevitabili.
Se guardiamo il nostro presente come se fossimo ancora negli anni ’70 lo potremmo definire una realtà degna di un film catastrofista. Purtroppo non si tratta di un film ma solo del vero annuncio di una catastrofe che non si è voluto impedire diventasse concreta. Oggi i veri illusi, la vera fantascienza, sta nel pensare che tutto sia risolvibile e che il perno della nostra futura sopravvivenza sia costituito dall’economia. Continuando a raccontarci, come rassicurazione, che stiamo procedendo nella giusta direzione per risolvere questi problemi. Mentre appare sempre più reale che l’ipotesi migliore potrà essere soltanto quella della mitigazione degli inevitabili danni.