Il commercio di animali esotici selvatici continua imperterrito, come se la pandemia non ci fosse mai stata. Un’attività pericolosa per la natura e anche per la nostra salute, che non viene contrastata grazie a un fatturato milionario. In parte perfettamente legale e conforme alle normative in vigore, in parte illegale quando coinvolge animali di specie protette. Catturate e spedite con falsi documenti, mescolate con specie lecite o più semplicemente fatte arrivare sul territorio europeo senza passare dalle frontiere. Come abbiamo descritto nel libro “Cani, fachi, tigrii e trafficanti”.
Una realtà fotografata anche nella trasmissione “Indovina chi viene a cena” di Sabrina Giannini, che ha mostrato i controlli su queste importazioni. Filmando quello che succede a Fiumicino in una qualsiasi giornata di lavoro del nucleo CITES della Guardia di Finanza. Che nonostante l’impegno non riesce a verificare più del 10% di animali e derivati in transito. Animali vivi destinato al mercato dei collezionisti, che li custodiranno tutta la loro pessima vita in condizioni di assente benessere. Proprio come è avvenuto il trasporto delle genette riprese all’aeroporto dalla trasmissione di Rai3, in condizioni di maltrattamento che avrebbero dovuto far scattare una denuncia e non solo un controllo sull’importazione.
Eppure, nonostante la pandemia, e nonostante la certezza che i virus che ci colpiscono ciclicamente siano veicolati all’uomo attraverso gli animali, il traffico non si arresta. Continua solo sotto traccia, perché durante questi lunghi mesi molti problemi sono scomparsi dal radar dell’informazione. L’emergenza sanitaria e quella climatica hanno fatto saltare molti argomenti dai palinsesti, quasi si trattasse di problemi risolti. Ma purtroppo non è così, si tratta di problematiche accantonate, ma che non hanno trovato soluzione. Come la reale chiusura dei wet market nei paesi del Sud Est asiatico, che la trasmissione ha dimostrato non essere mai avvenuta, e comunque non ovunque.
Il commercio di animali esotici selvatici continua imperterrito, nonostante i rischi sanitari e i maltrattamenti causati
Una parte di questi animali derivano da allevamenti, mentre una parte continua ad arrivare dalle catture in natura. Secondo i dettami previsti delle norme CITES, quando gli animali appartengono a specie protette o solo rispettando i vincoli sanitari negli altri casi. Un commercio ingiustificato, che ha come scopo quello di permettere a persone con poco criterio di tenere una genetta in gabbia, o un pitone a vita dentro una teca. Per il solo piacere di averlo, senza preoccuparsi del benessere dei prigionieri. Animali che vengono inghiottiti dalle abitazioni dei proprietari e che, salvo rarissimi casi, non saranno mai controllati.
Da questo serbatoio oscuro, sempre in bilico fra legalità e illegalità, potrebbero uscire nuovi virus o mutazioni di quelli che già ci hanno cambiato la vita. E non rassicura sapere che le “partite” di questi animali, una volta giunte nel nostro paese sono sottoposte a quindici giorni di quarantena. Secondo una pratica che l’epidemia di Sars-Covid19 dovrebbe aver scardinato per la sua inutilità, se fatta per la tutela della salute umana. I virus convivono con molti animali selvatici, in equilibrio, ma quando fanno il salto di specie allora diventano pericolosi, mortali, pandemici. E la quarantena diventa un provvedimento inutile.
Eppure nonostante queste evidenze né la Comunità Europea, né il nostro governo ha pensato opportuno chiudere il meno necessario fra tutti i mercati. Quello degli animali selvatici vivi da tenere come pets. Stessa mancanza di azione nei confronti degli allevamenti di animali da pelliccia: il Ministero della Salute ha solo disposto, per ragioni sanitarie, un temporaneo divieto, ma quello totale e permanente, nonostante le promesse non è mai stato disposto.
Quanto tempo ancora ci vorrà per ritenere immorale e vietato costringere animali non domestici in cattività, per puro diletto?
Il commercio di animali selvatici, siano allevati o di cattura, li espone a inutili sofferenze, mette in pericolo la biodiversità, rischia di causare problemi seri alla salute umana. Eppure, considerando che muove milioni e milioni di euro, non si è mai arrivato alla decisione di vietarlo. Un paradosso in un momento come questo, dove ci dovrebbe essere la massima attenzione verso ambiente e salute. In un periodo nel quale l’attenzione dell’opinione pubblica verso i diritti degli animali è in costante crescita. Ma tutto questo non è sufficiente a fermare il business di questo assurdo traffico.
Il commercio di specie animali selvatiche, anche se non protette perché in pericolo di estinzione, oppure non consentite in quanto pericolose, dovrebbe essere comunque vietato. Per buon senso laddove non basti il rispetto, per evitare inutili maltrattamenti agli animali, proprio quelli che abbiamo ritenuto esseri senzienti per poi continuare a comportarci esattamente come prima.