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L’informazione su orsi e lupi è fondamentale per far conoscere questi animali, ma anche per creare le condizioni di serena convivenza. Un residente e un turista correttamente informati possono, infatti, fare una grande differenza. Garantendo che tutti possano usufruire del nostro patrimonio naturalistico in modo intelligente. Evitando comportamenti avventati che possano mettere in pericolo sia le persone che gli animali. Un concetto semplice nella sua narrazione, talvolta più complesso nell’applicazione. In modo particolare, nel territorio del Parco D’Abruzzo, con i turisti e i fotografi improvvisati.

Nel caso del Parco d’Abruzzo (PNALM) la formazione dei residenti risulta essere molto meno importante considerando che, a differenza dei trentini, i locali convivono da sempre con orsi e lupi. Comprendendo che la loro presenza rappresenta un importante volano per l’economia locale, che compensa anche piccoli disagi. Che peraltro se da disagi si trasformano in danni sono sollecitamente indennizzati dall’Ente Parco, come oramai per fortuna avviene in molte zone d’Italia. Per questo in Abruzzo il problema è più sentito sulla componente turistica, che deve comprendere che nel parco esistono dei limiti.

Guidando l’area protetta in modo molto determinato, il direttore del PNALM, Luciano Sammarone, non si è fatto scrupoli -in un anno come questo che ha visto una presenza eccezionale di turisti- a emettere ordinanze localizzate di chiusura. Di sentieri e vie d’accesso ai luoghi maggiormente frequentati soprattutto dagli orsi, che rappresentano il simbolo del Parco non per caso, essendo anche gli animali più amati dai turisti.

L’informazione su orsi e lupi è il punto di partenza, ma il punto d’arrivo è il rispetto delle regole

Per ottenere il rispetto delle regole ci vuole la mano ferma anche con quei turisti che immaginano un’area protetta come se fosse un parco di divertimenti. Mettendo in pericolo tutta una serie di equilibri fondamentali, fondamentali per una corretta gestione. Con turisti che per ottenere una foto mettono in atto veri e propri accerchiamenti, mettendo gli orsi in serio pericolo.

L’altra ragione per la quale l’alta affluenza turistica ha comportato qualche problema all’ecosistema del Parco è legato al livello non sempre adeguato di consapevolezza con cui molti visitatori si sono avvicinati al nostro territorio.” racconta Sammarone “Tante, troppe volte durante la scorsa estate ho sentito persone che parlavano del Parco come una sorta di Gardaland, ovvero un “parco giochi” in cui trascorrere del tempo, senza però essere pienamente consapevoli dei valori ecologici ed ambientali che vengono custoditi nel nostro territorio.”

Un comportamento che talvolta peggiora quando gli orsi sconfinano fuori dai limiti del Parco, portandosi nella zona di rispetto. Come ha fatto quest’estate l’orsa Amarena con i suoi quattro cuccioli. In questo caso la direzione del Parco deve poter sempre contare sulla collaborazione degli amministratori locali e sull’attività di Carabinieri Forestali e Guardiaparco, che non riescono però a essere ovunque.

Quest’anno la storia dell’orsa Amarena con i suoi 4 cuccioli ha fatto letteralmente esplodere il fenomeno del bearwatching” mi racconta il direttoree siamo stati costretti a intensificare i controlli arrivando a mettere in campo fino a 3 pattuglie al giorno di guardaparco e carabinieri forestali, riscontrando grande attenzione alle limitazioni introdotte dai sindaci da parte dei residenti e molta meno da turisti e visitatori.

Il livello di attenzione dei residenti verso il loro capitale naturale è un atto d’amore ma anche di riconoscenza

La cultura degli abruzzesi è molto diversa da quella dei trentini, che per decenni hanno potuto vivere in una montagna priva di grandi carnivori, fatta eccezione per una piccola comunità di orsi che viveva sul massiccio del Brenta. Sino a quando non è stato deciso di reintrodurre orsi sloveni, grazie ai finanziamenti europei. In un territorio molto antropizzato, con un’attenzione non così spiccata all’ecoturismo.

Questo ha portato a una serie infinita di scontri fra orsi e popolazione. Che prima li voleva, pensando però di poter vivere come avevano sempre fatto, senza condividere il territorio. Questo è il grande problema che ha generato costanti problematiche, orsi morti, captivazioni e infiniti processi penali e amministrativi fra l’amministrazione e le associazioni. Un problema che non si risolverà se i trentini non riusciranno a capire che la presenza dei grandi carnivori è una realtà che può produrre grandi vantaggi. Legati anche a una corretta gestione faunistica garantita proprio dai predatori.

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