Cigni e anatre sono animali selvatici, che trovano il cibo necessario senza bisogno di aiuto. Fatte salve situazioni climatiche molto difficili quanto rare, che possano compromettere la loro sopravvivenza. Una raccomandazione che viene dal Regno Unito, nazione sempre molto attenta alla protezione degli uccelli. Dove è stato notato che l’eccesso di cibo dato a anatre e altri abitanti dei parchi pubblici rappresenti un problema. Innanzitutto di sovrannumero degli animali ma anche di competizione alimentare causa d frequenti rivalità.
Il rapporto fra la densità di animali e il territorio è scientificamente provato che sia legato alle disponibilità di cibo. Più risorse alimentari si rendono disponibili più il numero degli animali aumenta. Creando problemi di varia natura, compresi quelli sanitari, causando danni a animali e persone. L’immagine della bambina che getta il pane ai cigni non può essere vista come un rapporto positivo di convivenza. E la foto ben rappresenta una densità di cigni del tutto sproporzionata rispetto a una situazione naturale, priva di condizionamenti da cibo.
Cigni e anatre sono animali selvatici e tali devono rimanere, senza dipendenze dall’uomo
Nel 1990 i cigni presenti a Hyde Park e a Kensington erano complessivamente 13, mentre oggi sono oltre 175. Una crescita dovuta a un incremento costante nell’elargizione di cibo agli anatidi. I numeri però non sono compatibili con le dimensioni dei parchi e i territori diventano troppo piccoli. Dimostrando che le buone intenzioni, quando non sono supportate da buone informazioni, possono allontanarsi dai risultati sperati.
Questo problema non riguarda solo i cigni e le anatre, che subiscono i problemi causati dagli umani ma che molto raramente gliene creano. La questione è più ampia e riguarda tutti gli animali selvatici, per i quali molte volte la disponibilità di cibo “facile” si trasforma in una fonte di guai. Una problematica così seria da poterne causare l’abbattimento, come successo più volte per i cinghiali in varie parti d’Italia.
Ma il cibo ha messo nei guai anche orsi e lupi, seppur quasi sempre costituito di fonti alimentari gestite male dagli uomini. A causa di contenitori non idonei per i rifiuti messi a disposizione dalle amministrazioni, ma anche per l’abbandono di carcasse negli allevamenti. Arrivando alle volpi nutrite a bordo strada, che replicando l’atteggiamento dei cigni della foto, poi aspettano lungo il tracciato il “benefattore” di turno. Finendo troppo spesso schiacciate dalle ruote delle macchine.
Un selvatico confidente può diventare in breve un animale morto: investito, malato oppure bracconato
Niente di romantico quindi nell’offrire una ciambella a una volpe, gettare cibo ai cigni dei giardini pubblici o lasciare la frutta sugli alberi dei centri abitati dove ci sono orsi. La natura non ha niente di romantico, è bellissima, tanto da entrare nell’anima, ma ha le sue regole. Che vanno rispettate, difese e fatte conoscere. Spolverando via dalle nostre conoscenze naturalistiche quel velo di pietismo che ci vorrebbe far avere con gli animali selvatici rapporti da cartoon.
Il concetto è semplice, ma se si pensa che non è arrivato neanche agli inglesi, popolo per definizione attento alla protezione degli uccelli, ben si capisce la portata della questione. Le amministrazioni devono investire risorse nell’informazione, che rappresenta la miglior fonte di prevenzione e, di conseguenza, anche il modo per conseguire risparmi. Con una costante informazione, accompagnata da atti concreti degli enti preposti, ci sarebbero molti meno costi per la collettività e un miglior equilibrio ambientale.
L’imperativo quindi è sempre lo stesso: stiamo lontani dai selvatici, gestiamo i rifiuti e non diamo cibo agli animali (unica esclusione, in modo controllato e attento, sono cani e gatti randagi).
Tenere i cani al guinzaglio nelle aree naturalistiche è un comportamento intelligente e rispettoso delle regole. Quando entriamo negli ambienti naturali dobbiamo sempre comportarci come ospiti educati, consapevoli di andare a casa d’altri. La fauna che li abita non deve essere disturbata dalla nostra presenza e la stessa considerazione deve essere fatta per gli animali che ci accompagnano. Non può bastare credere di avere un cane obbediente per pensare che sia normale lasciarlo libero. Un comportamento che oltre a essere vietato dalla legge dovrebbe essere evitato per buonsenso.
Un cane, in modo del tutto incolpevole, può creare gravi problemi agli animali selvatici, in particolar modo durante la stagione riproduttiva. La presenza di piccoli, che spesso si trovano a terra, amplifica la possibilità che un cane libero faccia disastri ma anche che possa essere esposto inutilmente a pericoli. Quasi tutti gli scontri fra uomini e orsi in Tentino sono stati causati dalla presenza di cani lasciati liberi. Che una volta arrivati vicino a un’orsa con i cuccioli ne hanno provocato l’inevitabile reazione e, in alcuni casi, questo ha coinvolto anche i conduttori degli animali, accorsi in loro difesa.
Bisogna pensare che le prescrizioni che vengono date ai visitatori da chi gestisce aree naturalistiche sono sempre motivate e non sono semplici raccomandazioni. Sono divieti disposti per tutelare gli animali selvatici da una presenza invasiva e quindi pericolosa. Per questo devono essere rispettati da tutti senza eccezioni e ben vengano le sanzioni nei confronti di chi infrange le regole. Un cane lasciato libero darà probabilmente sfogo al suo atavico istinto da predatore: per questo deve essere tenuto sotto stretto controllo. Non una punizione nei confronti del cane, ma una tutela necessaria degli altri animali.
I cani al guinzaglio nelle aree naturalistiche dove sono ammessi parlano dell’educazione del conduttore
Alcune volte il concetto di rispetto per gli animali si traduce in comportamenti molto diversi fra loro. A seconda della specie dell’animale, del contesto in cui ci si trova e delle limitazioni che ci vengono imposte. Rispettare gli animali dovrebbe essere un concetto rotondo, privo di spigoli, di differenze e di distinguo. Questo però non sempre avviene e le motivazioni sembrano dettate da personalismi: “il mio cane si diverte”, “se avessi immaginato che dovevo tenerlo al guinzaglio lo lasciavo a casa” oppure “ma cosa vuole che sia se insegue un capriolo, tanto lo fa solo per giocare”.
Ragionamenti, se così possiamo chiamarli, che hanno poco di logico e di scientifico ma molto di egoistico. Giustificazioni che vorrebbero trasformare i comportamenti sbagliati in azioni giustificabili, spesso con la motivazione che siano altre le cose davvero importanti di cui sarebbe opportuno occuparsi. In realtà nulla è più importante di quanto sia osservare le regole che disciplinano l’accesso in un’area protetta o comunque selvatica. Comprendendo che sono state fissate delle limitazioni per tutelare un interesse collettivo. Senza essere accondiscendenti con quanti non capiscono la differenza fra un’oasi e un parco cittadino, dove sarebbe comunque opportuno avere sempre comportamenti rispettosi.
In fondo basterebbe poco, sarebbe sufficiente informarsi senza pregiudizi sui pericoli per le specie selvatiche causati dagli animali domestici lasciati liberi. Con una piccola ricerca si potrebbero scoprire molte informazioni sugli equilibri degli ecosistemi e sui danni che vengono causati, fra gli altri, da indesiderate invasioni di campo. Comprendendo così i rischi per la fauna causati dai nostri comportamenti e dalle nostre mancate attenzioni, provocati da azioni banali, ma solo apparentemente di poco conto.
Animali al guinzaglio e restare sui sentieri sono le regole d’ore di chi rispetta la natura
Le aree protette di tutto il mondo hanno in comune le stesse regole base per i visitatori e se questo avviene è per un motivo preciso. Chi gestisce un’oasi o un parco ha ben presente la necessità di minimizzare gli impatti umani che rappresentano il cuore del problema: occorre quindi fare delle scelte per tutelare l’ambiente e le specie che ci vivono. Per farlo sono necessarie prescrizioni che possono anche non piacere al turista, ma che sono fondamentali per difendere l’integrità dell’area protetta. Un esempio per tutti viene dalla regola più ovvia che però è anche la meno rispettata: il divieto di uscire dai sentieri tracciati durante un’escursione.
Per gli animali selvatici i sentieri che percorriamo rappresentano una specie di corridoio nel quale camminano esseri potenzialmente pericolosi. Considerando però che si spostano sempre secondo gli stessi itinerari gli umani non rappresentano una fonte eccessiva di disturbo. Almeno sino a quando non si allontanano dai tracciati. Nel momento in cui decidono di abbandonare i sentieri è come se andassero a casa d’altri senza essere invitati. Rischiando di calpestare nidi e tane, di spaventare i piccoli e anche di correre inutilmente qualche pericolo.
Basta davvero poco per mettere in atto i comportamenti giusti. Avendo la consapevolezza di volersi comportare come ospiti che rispettano l’ambiente, fieri di essere un esempio per quanti incontrano nel loro cammino. La natura non deve essere difesa soltanto a parole: contano i fatti e gli esempi, come ben sa ogni buon escursionista.
L’informazione su orsi e lupi è fondamentale per far conoscere questi animali, ma anche per creare le condizioni di serena convivenza. Un residente e un turista correttamente informati possono, infatti, fare una grande differenza. Garantendo che tutti possano usufruire del nostro patrimonio naturalistico in modo intelligente. Evitando comportamenti avventati che possano mettere in pericolo sia le persone che gli animali. Un concetto semplice nella sua narrazione, talvolta più complesso nell’applicazione. In modo particolare, nel territorio del Parco D’Abruzzo, con i turisti e i fotografi improvvisati.
Foto di Valentino Mastrella
Nel caso del Parco d’Abruzzo (PNALM) la formazione dei residenti risulta essere molto meno importante considerando che, a differenza dei trentini, i locali convivono da sempre con orsi e lupi. Comprendendo che la loro presenza rappresenta un importante volano per l’economia locale, che compensa anche piccoli disagi. Che peraltro se da disagi si trasformano in danni sono sollecitamente indennizzati dall’Ente Parco, come oramai per fortuna avviene in molte zone d’Italia. Per questo in Abruzzo il problema è più sentito sulla componente turistica, che deve comprendere che nel parco esistono dei limiti.
Guidando l’area protetta in modo molto determinato, il direttore del PNALM, Luciano Sammarone, non si è fatto scrupoli -in un anno come questo che ha visto una presenza eccezionale di turisti- a emettere ordinanze localizzate di chiusura. Di sentieri e vie d’accesso ai luoghi maggiormente frequentati soprattutto dagli orsi, che rappresentano il simbolo del Parco non per caso, essendo anche gli animali più amati dai turisti.
L’informazione su orsi e lupi è il punto di partenza, ma il punto d’arrivo è il rispetto delle regole
“L’altra ragione per la quale l’alta affluenza turistica ha comportato qualche problema all’ecosistema del Parco è legato al livello non sempre adeguato di consapevolezza con cui molti visitatori si sono avvicinati al nostro territorio.” racconta Sammarone “Tante, troppe volte durante la scorsa estate ho sentito persone che parlavano del Parco come una sorta di Gardaland, ovvero un “parco giochi” in cui trascorrere del tempo, senza però essere pienamente consapevoli dei valori ecologici ed ambientali che vengono custoditi nel nostro territorio.”
Un comportamento che talvolta peggiora quando gli orsi sconfinano fuori dai limiti del Parco, portandosi nella zona di rispetto. Come ha fatto quest’estate l’orsa Amarena con i suoi quattro cuccioli. In questo caso la direzione del Parco deve poter sempre contare sulla collaborazione degli amministratori locali e sull’attività di Carabinieri Forestali e Guardiaparco, che non riescono però a essere ovunque.
“Quest’anno la storia dell’orsa Amarena con i suoi 4 cuccioli ha fatto letteralmente esplodere il fenomeno del bearwatching” mi racconta il direttore “e siamo stati costretti a intensificare i controlli arrivando a mettere in campo fino a 3 pattuglie al giorno di guardaparco e carabinieri forestali, riscontrando grande attenzione alle limitazioni introdotte dai sindaci da parte dei residenti e molta meno da turisti e visitatori.“
Il livello di attenzione dei residenti verso il loro capitale naturale è un atto d’amore ma anche di riconoscenza
La cultura degli abruzzesi è molto diversa da quella dei trentini, che per decenni hanno potuto vivere in una montagna priva di grandi carnivori, fatta eccezione per una piccola comunità di orsi che viveva sul massiccio del Brenta. Sino a quando non è stato deciso di reintrodurre orsi sloveni, grazie ai finanziamenti europei. In un territorio molto antropizzato, con un’attenzione non così spiccata all’ecoturismo.
Questo ha portato a una serie infinita di scontri fra orsi e popolazione. Che prima li voleva, pensando però di poter vivere come avevano sempre fatto, senza condividere il territorio. Questo è il grande problema che ha generato costanti problematiche, orsi morti, captivazioni e infiniti processi penali e amministrativi fra l’amministrazione e le associazioni. Un problema che non si risolverà se i trentini non riusciranno a capire che la presenza dei grandi carnivori è una realtà che può produrre grandi vantaggi. Legati anche a una corretta gestione faunistica garantita proprio dai predatori.
Il controllo dei circhi con animali è un’attività complessa, proprio per le tante disposizioni sulla materia. Alcune volte la scarsa conoscenza consente, e autorizza, il mancato rispetto delle condizioni di benessere degli animali ospitati. A causa di controlli sommari.
In questi giorni si è in attesa che si arrivi anche in Italia a prendere una decisione definitiva, che porti all’eliminazione degli animali dai circhi. Che potrebbe però non arrivare. Come spesso accade e non solo quando si tratta di diritti degli animali.
Nel frattempo però i Comuni, che sono le autorità amministrative che autorizzano i circhi a fare gli spettacoli sul proprio territorio, devono concedere le licenze con attenzione. Valutando il puntuale rispetto delle normative e delle linee guida. Rispetto che deve essere certificato dai servizi veterinari pubblici. In via preventiva.
Gli organi di vigilanza devono, giustamente, essere imparziali e applicare le norme. Senza entrare nel merito di valutazioni etiche che si possono fare in altri contesti. Se un circo svolge la sua attività nei limiti dei parametri di legge ha tutti i diritti di esercitare la propria attività. Al pari di ogni altra impresa che svolga un lavoro lecito.
La conoscenza delle norme è il miglior antidoto contro gli abusi
I Comuni e i Servizi Veterinari pubblici hanno però il dovere di conoscere perfettamente le norme, di verificare le autorizzazioni e la documentazione e di pretendere che il benessere animale sia tutelato. Non è infatti vero che ai circhi tutto sia concesso, senza limiti. Solo in quanto è un’attività prevista per legge.
Il circo è un’impresa come tutte le altre e deve seguire le regole per poter svolgere il suo lavoro. Che sono però scandite da norme diverse che si intersecano: la legge sui circhi, il Testo Unico di Pubblica Sicurezza, il decreto sugli animali pericolosi, la legge 189/2004, le normative sui pubblici spettacoli e quelle che regolano lo spettacolo viaggiante.
Oltre alle norme comuni che riguardano prevenzione incendi, piani di sicurezza, piani di emergenza per impedire i pericoli di fuga degli animali. Norme che se fossero fatte tutte quante rispettare, sempre, avrebbero già portato a una situazione migliore. Ma non è stato costantemente così.
I corsi e-learning sono un sistema efficace e flessibile per apprendere
Allo scopo di agevolare gli organi di controllo ho realizzato un corso online, che potete trovare qui, quale strumento conoscitivo utile per tutte le persone, che a qualsiasi titolo, hanno facoltà di verificare il rispetto delle regole da parte dei circhi. In modo pratico, con norme e indicazioni da poter comprendere e scaricare. Per avere tutto a disposizione.
I Comuni, ad esempio, hanno non solo il compito di dare le licenze di spettacolo ma anche, per legge, quello di occuparsi di tutelare il benessere animale. Quest’ultimo impegno può essere assolto anche attraverso il puntuale rispetto delle norme, che migliorerebbe le condizioni di vita degli animali al seguito dei complessi circensi.
La conoscenza è il primo strumento utile per esercitare un’attività di tutela reale, che vale ben più di ogni altra cosa. Amministrazioni comunali e servizi veterinari si occupino di far rispettare tutte le norme sullo spettacolo viaggiante. Sempre e comunque. Tuteleranno il pubblico e faranno vivere meglio gli animali.
Quanti maltrattamenti nasconde la tratta dei cuccioli e perchè bisogna assolutamente evitare di comprare animali sulla rete? Un breve corso per conoscere il fenomeno, comprendendo l’importanza di non essere complici delle organizzazioni criminali che spesso si nascondono dietro il commercio di cani e gatti, che oltretutto non sono neanche veramente di razza.
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