Operazione antibracconaggio

Operazione anti bracconaggio del Corpo Forestale dello Stato

La tutela dell’ambiente, la difesa della natura dalle mille aggressioni, la tutela dei cittadini e la difesa degli animali non sono priorità di questo governo, ma nella realtà non sono una priorità della politica in generale. La politica è un branco affamato dove ogni animale ha per cibo il “consenso elettorale”, quello che spesso si rischia di perdere se si fissano regole e paletti e se li si fa rispettare.

Lo dimostrano i mille scempi ambientali, dalla Terra dei Fuochi all’Ilva di Taranto, dalla cementificazione selvaggia alla tutela mancata della natura. Le regole non generano consensi: inevitabilmente ogni limitazione crea un danno economico a qualcuno e chi lo subisce non pensa che questo rappresenti un fattore motivato dall’interesse collettivo. Ognuno pensa per sé e poco importa se il suo comportamento sarà causa di danno per qualcun altro o se da questo deriverà un disastro permanente per le generazioni future,  se si avveleneranno le colture agricole, ad esempio, e questo provocherà tumori e sofferenza. Unico fattore importante è l’immediato, il guadagno dell’oggi che troppo spesso viene liquidato con semplicità come “malavitoso” e basta. Certo la camorra sversa i rifiuti tossici nella Terra dei Fuochi, ma questi rifiuti da dove provengono? Sono scarti di impianti industriali gestiti dalla malavita oppure sono sostanze tossiche prodotte da insospettabili aziende del Nord Italia che trovano molto vantaggioso economicamente smaltire illecitamente i rifiuti, foraggiando e alimentando proprio il cancro di questo paese, composto da un miscuglio di corruzione, criminalità e interessi illeciti di pochi.

Terra dei fuochi

Campagna di Legambiente sulla Terra dei Fuochi, contro le ecomafie

La tutela dell’ambiente, il rispetto delle persone e dei diritti degli animali costano soldi, fanno salire i prezzi e diminuire i guadagni e questo spesso non viene accettato. Ogni categoria preme sulla classe politica, reclama attenzione e provvedimenti di favore per sé, non per la collettività, e minaccia di non essere più un collettore di voti di questo o quel partito. In questo modo il politico non amministra più nell’interesse della collettività, non difende più gli interessi diffusi, non si comporta come un buon padre di famiglia che preserva l’integrità della sua comunità: spaventato dal poter perdere privilegi ragiona sempre più non sulla correttezza di un provvedimento, ma bensì su quale scelta gli procurerà più vantaggio. Certamente non tutti i politici sono così ma i risultati sono però sotto gli occhi di tutti e anche chi non si è ancora sporcato le mani, come il Movimento 5 Stelle, pare più interessato a difendere la sua integrità, anziché accettare il rischio del fare. Intanto però i cittadini per bene aspettano, con lo sconforto di non trovare, da destra a sinistra, un reale riferimento.

Proprio ieri il Senato ha votato per il mantenimento dei richiami vivi, avvallando la prosecuzione di una pratica medievale, densa di sofferenza per gli uccelli ingabbiati a vita ed usati per ingannare i loro simili, facendoli avvicinare all’appostamento dove troveranno la morte. Un’assurdità che poteva essere facilmente eliminata, ma che invece è passata con i voti del Governo, del PD, che al suo interno contiene le mille anime, troppe vista la quasi unanimità ottenuta dal provvedimento, fra le quali Arci Caccia e la sua carica filo-caccia, raccogliendo voti  e consensi in regioni ad alta vocazione venatoria come Toscana ed Umbria. All’opposto schieramento la Lega Nord trova questo indegno provvedimento troppo restrittivo, perchè aggiunge qualche piccolo paletto alla detenzione degli uccelli da richiamo: ma la Lega e anche quel che resta della destra hanno il loro bacino elettorale nelle regioni del Nord Italia, dove la caccia da capanno è una tradizione secolare e allora null’altro conta se non quello di cercare di accontentare il suo elettorato. Piccoli meschini sistemi che avvelenano l’amministrazione della cosa pubblica, rappresentando la spia di una cattiva coscienza che attraversa non solo la politica, ma anche la società della quale la prima è inevitabilmente espressione. Si è perso il senso del collettivo, del sociale: vogliamo godere dei vantaggi senza pagare i prezzi necessari alla corretta vita comune sociale, volendo occuparsi molto poco della “cosa pubblica” e liquidando questo mancato impegno come un effetto collaterale causato dello schifo provocato dalla politica. In fondo noi siamo l’unica specie animale sociale che non è disponibile a spendersi per la collettività, almeno per una gran parte dei suoi componenti.

Forestale con gufo

Un’agente del Corpo Forestale con un pullus di strigiforme

A questo quadro va aggiunto il recente provvedimento che porterà all’accorpamento del Corpo Forestale dello Stato nella Polizia, mentre ancora resta in sospeso il destino delle Polizie Provinciali, trasformate troppo spesso da enti di controllo su rifiuti, fauna e ambiente in polizia “privata” dell’assessore di turno, pronto ad impiegarli per far cassa con gli autovelox o per presidiare il territorio, mortificando competenze e professionalità. Sicuramente sarebbe stata necessaria una riorganizzazione di questi corpi, per dare maggior efficienza anche allontanando quanti non svolgevano il lavoro in modo efficiente o non avevano la corretta preparazione. Invece si è preferito optare per questa soppressione, travestita e imbellettata come una “riduzione di spesa”. Difficile non  vedere, dietro il provvedimento, l’intento di diminuire, ancora una volta, i controlli ambientali disperdendo un patrimonio che ci vorranno poi anni per ricostruire, lasciando il campo libero alle ecomafie, oggi più pericolose di tante altre forme di criminalità.

Resterà come polizia ambientale solo il N.O.E .dei Carabinieri, diretto dal famoso “capitano Ultimo”, oggi colonnello, che arrestò Totò Riina, con tutti gli strascichi che seguirono, sbattendo poi la porta in faccia anche ai suoi comandanti. Di Caprio infatti lasciò i ROS per approdare al N.O.E. (Nucleo operativo ecologico), reparto che con una piccola aliquota di militari sparsi per l’intero territorio nazionale si occupa di reati ambientali, appoggiandosi spesso per le attività all’Arma territoriale, per carenza di uomini e mezzi.

Con questa “riorganizzazione” avranno termine le operazioni anti bracconaggio condotte dal nucleo specializzato del Corpo Forestale dello Stato, denominato N.O.A. (Nucleo operativo anti bracconaggio) sulle montagne dello stretto fra Calabria e Sicilia, dove si spara ancora ai rapaci durante la migrazione, oppure nelle valli bresciane per contrastare l’uso di archetti e reti e un bracconaggio dilagante. Cesserebbe anche l’attività del N.I.R.D.A., il nucleo contro i crimini contro gli animali, unica realtà specializzata contro questo tipo di reato sotto tutte le sue varie e redditizie forme.

In questo modo qualcuno potrà essere contento e ottenere qualche consenso in più. Certo non lo saranno le persone perbene e quanti credono che difendere l’ambiente sia un dovere, non un’azione facoltativa.

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