La morte di Simona Cavallaro, avvenuta in Calabria per uno sfortunato incontro con alcuni cani da guardiania, non dovrebbe essere considerato un incidente. Il decesso è stata causato da alcuni pastori maremmani che vigilavano su un gregge di pecore, che erano stati lasciati senza custodia. Come purtroppo spesso avviene non solo in Calabria ma in molte parti del paese.
La colpa non è dei cani e naturalmente nemmeno della ragazza, vittima dell’incoscienza di chi ha lasciato gli animali senza adeguata vigilanza. Una morte che oggi tutti dicono, a cominciare dal governatore della Calabria, potesse essere evitata. Un’affermazione che nulla toglie al dolore di quanti le volevano bene e che, invece, amplifica le responsabilità di chi doveva controllare. E che come spesso accade in Italia, non lo ha fatto oppure ha svolto i controlli in modo superficiale.
Dalle indagini svolte da Carabinieri e Polizia Locale i cani che avrebbero causato la morte della giovane erano posti a difesa di un gregge al pascolo in località Monte Fiorino. I cani da guardiania rappresentano un grande aiuto contro predazioni e furti, ma quanto accaduto mette l’accento su responsabilità, omissioni e comportamenti sconsiderati. Una situazione che viene evidenziata da anni dalle associazioni che si occupano di animali e non solo.
La morte di Simona Cavallaro è la conseguenza di decenni di omissioni e scarsi controlli, in una regione con una gestione del randagismo inesistente
Gli investigatori stanno accertando se i maremmani posti a protezione del gregge fossero stati regolarmente identificati e iscritti in anagrafe. In questo caso stiamo parlando di cani da lavoro, di un soggetto che alleva pecore e che, come tale, dovrebbe essere sottoposto a periodici controlli da parte dei servizi veterinari. Quindi tutti gli animali, pecore e cani, avrebbero dovuto essere di censiti nelle varie anagrafi per ottemperare alle leggi. Se così non fosse sarà ora necessario capire di chi siano le responsabilità e chi abbia omesso i controlli.
Un altro punto dolente riguarda la custodia degli animali al pascolo e dei cani adibiti alla loro vigilanza. L’abitudine di lasciare incustoditi gli animali lasciati liberi sui terreni dei pascoli, specie se affidati alla sorveglianza dei cani, è oramai considerato un comportamento normale. Che consente di abbassare i costi, di non avere personale che vigili sugli animali e, magari, di svolgere anche un’altra attività lavorativa. Così fare l’allevatore diventa un lavoro complementare, con tutte le problematiche che questo comporta.
In caso di incidenti agli animali o di problemi per le persone, come capitato alla povera Simona, nessuno si troverà sul posto per poter richiamare i cani. Animali che sanno svolgere benissimo il loro lavoro: quello di proteggere il gregge da qualsiasi tipo di accadimento esterno che venga interpretato come una minaccia. Quanto accaduto non è un caso fortuito, ma il frutto di un comportamento irresponsabile che è stato indirettamente la causa della morte della ragazza.
I cani dei pastori, lasciati senza controllo, sono una delle cause del randagismo dilagante in Calabria, combattuto con veleno e canili lager
Il vagantismo dei cani di proprietà, non sterilizzati e lasciati liberi di girare sul territorio, amplifica in modo incontrollato il randagismo. Un fattore ben noto a chi si occupa di studiare il fenomeno, ma che sembra essere completamente sconosciuto a chi dovrebbe occuparsi di contrastarlo. Eppure le amministrazioni pubbliche sono sempre in prima linea nel lamentarsi per i costi causati dalla proliferazione dei cani randagi. Senza però mettere in atto azioni concludenti, che siano diverse dal rinchiudere i randagi nei canili.
La Calabria è una delle peggiori regioni d’Italia nel combattere il randagismo e una delle prime ad avere il triste primato di avvelenamenti e canili lager. Che spesso finiscono sotto sequestro da parte dei Carabinieri Forestali, per le tragiche condizioni di custodia degli animali. Una vergogna che pare senza argini, considerando che di questo problema si parla da decenni, proprio come delle infiltrazioni criminali nella gestione dei canili e in molte altre attività ambientali.
Appare quindi fuori luogo la dichiarazione del governatore della Calabria Spirlì, che solo ieri ha commentato la morte di Simona qualificandola come “una tragedia immane che poteva e doveva essere evitata. Non si può morire in questo modo, a vent’anni“. Un commento che potrebbe essere accolto soltanto se ci fosse certezza che la regione Calabria avesse messo in campo tutti gli sforzi possibili per prevenire casi come quello accaduto. E, purtroppo, così non è.
La morte di Simona potrebbe essere vista come la conseguenza di altri reati e non come un drammatico incidente
La vita di Simona è stata spezzata per sempre e questa per adesso è la sola tragica certezza. La speranza che le cose possano cambiare, invece, sembra destinata a restare soltanto una speranza. Che difficilmente troverà concretezza, dal momento che anche su questa vicenda calerà il solito velo d’oblio. Che lascerà ancora una volta immutata la realtà calabrese per quanto riguarda la gestione dei pascoli, la responsabilità e il controllo dei pastori, la gestione di canili e randagismo.
L’opinione pubblica, non solo calabrese, vorrebbe vedere un maggiore impegno della politica, delle amministrazioni e dei servizi veterinari pubblici nel cambiare una realtà della quale la Calabria non può andare fiera. Un cambiamento che deve obbligatoriamente passare dall’accertamento delle responsabilità: è davvero ingiusto morire a vent’anni, solo per essere andati a camminare in un bosco.
Purtroppo anche questa vicenda rientra tra i risultati nefasti del “”patto tradito””. Abito in Campania (Avellino) e la situazione della mia Regione non è, quanto a tradimenti, molto dissimile rispetto a quanto avviene nell’ intero meridione d’ Italia. Mi occupo di randagismo nella mia Provincia da dodici anni e non ho visto ad oggi alcun cambiamento. La tanto sbandierata L.R. 3/2019 è entrata in vigore ma non è di fatto mai decollata sempre per le solite latitanze. Che fare?
Difficile poter rispondere a una domanda dalle tante sfaccettature come questa, che denota rabbia e impotenza per non aver visto cambiamenti nel corso degli anni. I cittadini devono imparare a richiedere alle istituzioni, in modo sempre più puntuale, di assolvere ai loro obblighi, ma gli strumenti che la legge consente loro di usare non sempre sono risolutivi. Certo bisogna continuare a protestare, a informare e a denunciare sino a quando le cose non cambino davvero, cercando di essere cittadini e non sudditi.
Il patto tradito riguarda i nostri rapporti con gli animali, ma anche quelli interni alla società umana spesso sono pieni di tradimenti: la gestione della cosa pubblica, per fare un esempio, è una dei settori più ricco di promesse non mantenute. E proprio da queste promesse non mantenute si arriva poi alla morte di innocenti, come successo per Simona.
Purtroppo la condizione di non custodia da parte dei pastori dei cani da guardania non è assolutamente un caso isolato, come giustamente detto nell’articolo. Nei miei trekking sulla via Francigena, o nel Chianti o in altri luoghi mi è capitato più di una volta in Toscana di essere stata circondata da pastori maremmani a guardia di greggi che abbaiavano con fare minaccioso e nessuno è venuto a richiamarli. Fortunatamente non mi hanno aggredita ma in quei momenti temi il peggio. Non si possono lasciare animali addestrati a tenere lontano qualsiasi cosa è a temere qualsiasi cosa senza sorveglianza. Serve una legge severa in merito prima che ci scappi qualche altro morto, soprattutto ora che tanta gente si sposta nei sentieri di campagna per fare trekking
Nessun animale domestico deve essere lasciato senza sorveglianza in spazi aperti. Tantomeno i cani da guardiania se sono lasciati in terreno libero. E poi le zone andrebbero tabellate informando gli escursionisti e dando loro consigli di comportamento. Non tutti sono conoscitori del comportamento dei cani, molti hanno paura e gli incidenti vanno prevenuti. I cani da guardiania sono importanti perché mitigano i conflitti fra pastori e predatori, ma non possono diventare un pericolo. Un altro motivo per tenere sempre il proprio cane al guinzaglio quando si va a camminare nelle aree naturali.