orrori al macello
Foto di repertorio

Orrori al macello, reati prescritti e un bel colpo di spugna che cancellerà per sempre le responsabilità. Inutile invocare aumenti di pena in un paese in cui non si riescono a tenere i processi nei tempi previsti. Con una prescrizione troppo breve rispetto alla realtà di quanto avviene. Vanificando il lavoro degli investigatori, ma cancellando anche le punizioni previste per chi maltratta gli animali.

Conosco da molto tempo e sufficientemente bene il meccanismo della giustizia per non provare stupore, solo tristezza e dolore per l’ennesimo caso di giustizia negata a uomini e animali. A chi ha avuto il coraggio di denunciare e a chi ha dovuto solo subire, percosse e maltrattamenti anche prima di morire.

Un caso riportato alla ribalta delle cronache da un articolo pubblicato oggi da Repubblica, scritto da Ottavia Giustetti, con coraggio e puntigliosa precisione. Una vicenda che ha il sapore della beffa, che trasmette la sensazione palpabile di un’ingiustizia. La sentenza è prevista per il 20 novembre prossimo, ma tutto quanto non ancora prescritto lo diventerà. Sarà sufficiente fare ricorso in appello e via. Senza bisogno di aspettare la sentenza per essere certi di non aver conseguenze.

Gli orrori al macello resteranno impuniti

Nel frattempo però lo Stato avrà speso decine di migliaia di euro per non arrivare a punire i responsabili. Con un rito fatto di bizantinismi, di errori formali, di rinvii e sospensioni. Il processo penale, com’è strutturato, fornisce maggiori garanzie, troppo spesso, a chi ha le disponibilità economiche necessarie per affrontarlo al meglio.

Quelle che servono per pagare i migliori avvocati, per presentare perizie e controperizie, per poter chiamare in aula un’infinità di testi. Su una materia che non è facile da comprendere, forse, ma che alcuni giudici non vogliono nemmeno fare uno sforzo di conoscenza per comprendere la sofferenza animale.

(…)  il processo davanti al giudice Paola Odilia Meroni dovrebbe chiudersi con una messa alla prova degli imputati e con il risarcimento di una veterinaria che si era ribellata a quelle crudeltà, Raffaella Ruà. Che veniva minacciata da Roberto Chiabotto all’incirca così: “Potevi farti amare, potevi farti voler bene, adesso ti farò diventare una scribacchina a 1000 euro al mese”

Tratto dall’articolo di Repubblica scritto da Ottavia Giustetti

Inutile promettere l’inasprimento delle pene

Al di la del fatto che più che inasprire le pene sarebbe opportuno aggiungere misure di prevenzione e interdizioni, è il senso della pena che viene a mancare. La punizione non arriva e chi ha subito maggiormente, come la veterinaria che ha avuto il coraggio di denunciare, resterà un eroe civile senza giustizia. Mentre in un paese normale sarebbe soltanto una persona che ha compiuto il proprio dovere.

Usciranno senza danni o quasi anche i veterinari pubblici che dovevano controllare, che come ufficiali di Polizia Giudiziaria avevano precisi doveri. La componente con maggiori responsabilità, per il ruolo, per i doveri non assolti, per aver seguito paura e convenienza piuttosto che il rispetto delle regole imposte dal loro ruolo.

Qualcuno verrà sembra messo alla prova, avrà diritto di accedere a pene alternative per estinguere i reati. Proprio come chi ruba il cibo per fame in un supermercato o chi commette piccoli reati. Davvero difficile non indignarsi e la politica speriamo risparmi il consueto teatrino, fatto di promesse che non si concretizzano mai.

L’articolo su Repubblica va letto, con attenzione, e non solo da chi rispetta gli animali ma anche da parte di chiunque creda che la giustizia ci dovrebbe essere davvero.

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