Orsi maltrattati in Trentino

Orsi maltrattati in Trentino, una questione che dura da troppi anni, senza trovare soluzione. Questo è valso per gli orsi che sono stati imprigionati nella struttura di Casteller, ma molte altre sono le questioni immutate che riguardano gli orsi liberi. Una convivenza, quella fra uomini e orsi, che è stata minata sin dall’inizio da una serie di inadempienze. Rispetto a quanto era previsto nel progetto sulla reintroduzione, ma anche alle condizioni di ordinaria gestione della loro presenza. Creando situazioni che si sono accumulate, senza essere mai risolte.

Cani falchi tigri e trafficanti

La trasmissione “Mi manda Rai Tre”, condotta da Federico Ruffo, ha recentemente mandato in onda una sintesi della vicenda. Una cronistoria esaustiva, su quanto è stato fatto in decenni. Comprese le mancanze consolidate nel tempo, come la cattiva gestione dei rifiuti che porta gli orsi a guardare ai cassonetti come a comode mangiatoie. Luoghi stracolmi di cibo a costo energetico zero, che inevitabilmente attirano gli animali selvatici. Ma se in città arrivano piccioni, cornacchie in Trentino il richiamo funziona anche con gli orsi. Dando luogo a diverse problematiche.

Un fatto che a distanza di più di 20 anni dall’inizio del progetto di reintroduzione degli orsi non trova giustificazioni. Considerando che la messa in sicurezza dei rifiuti è una necessità arcinota a chiunque si occupi di animali selvatici. Un problema ampiamente risolvibile da chi dovrebbe essersi già attivato per farlo. Con il posizionamento di idonei cassonetti che impediscano l’estrazione dei rifiuti. Contenitori oramai posizionati anche in molte città italiane, che non hanno il problema della convivenza con i plantigradi.

Orsi maltrattati in Trentino, senza che siano stati messi in atto interventi concreti per risolvere i problemi

In un’oretta di trasmissione, che per necessità ha dovuto fare sintesi, sono emerse una serie di contraddizioni che hanno connotato l’operato delle istituzioni. Purtroppo senza troppe eccezioni, ma con un danno patito dagli orsi, che in fondo era facilmente prevedibile. Con un’ostilità della politica trentina che prima li ha voluti e poi ha dimenticato i suoi doveri. Attizzando l’intolleranza piuttosto che lavorare sulla necessità della convivenza. Un uso strumentale che ha portato all’uccisione di diversi animali e alla carcerazione di altri. Difficile dire quali siano stati gli animali più fortunati.

Fra le istituzioni quello che forse più sconcerta è il comportamento della Procura di Trento. Che non ha mai voluto considerare come un maltrattamento le condizioni di detenzione degli orsi. Imprigionati a Casteller in condizioni davvero vergognose. Un fatto che è stato testimoniato da veterinari e dai Carabinieri Forestali, in un rapporto che non ha prodotto risultati. Lasciando aperte, se non spalancate, le porte a una serie di comportamenti inaccettabili. Creando un precedente tanto brutto quanto pericoloso.

Eppure il centro di detenzione di Casteller era stato progettato proprio per custodire gli orsi problematici. Con l’approvazione di ISPRA, che se molte volte è stata esclusa dalle decisioni in molte altre è stata protagonista. Mentre in altre ha deciso di comportarsi come il convitato di pietra. Così la struttura ha dimostrato per ben due volte di essere anche vulnerabile, consentendo la fuga di M49. L’orso diventato un simbolo e ribattezzato Papillon dal ministro Costa. Per la sua capacità di evadere ripetutamente dal carcere.

Il futuro degli orsi trentini rischia di essere a tinte fosche, considerando i comportamenti di amministratori e inquirenti

La Procura di Trento ha richiesto da poco l’archiviazione delle denunce presentate dalle associazioni di tutela degli animali. Con un provvedimento che farà discutere e che sarà impugnato dalle associazioni la pubblica accusa ha messo nero su bianco che tutto è stato fatto rispettando le norme. Secondo gli inquirenti la cattura e la detenzione degli orsi è stata ordinata nel rispetto del PACOBACE, mentre è da escludere il maltrattamento. Questa decisione sembra motivata dal fatto che gli orsi fossero sotto costante sorveglianza dei veterinari.

Una decisione difficile da comprendere e da giustificare, in quanto non è la presenza dei veterinari che fa escludere il maltrattamento di animali. Al massimo questa potrebbe essere un’aggravante nella valutazione del quadro generale. Il centro è inadatto per gli spazi a disposizione e i tre plantigradi che vi erano detenuti sono stati segregati per lungo tempo in spazi piccolissimi. Del tutto inadeguati al fabbisogno di un orso di cattura, come peraltro era stato rilevato dai Carabinieri Forestali durante il loro sopralluogo.

Se la Procura avesse ritenuto che vi sia assenza di dolo nel comportamento dei responsabili della detenzione degli orsi, per poter configurare il delitto di maltrattamento di animali, avrebbe potuto operare scelte diverse. Come chiedere quantomeno l’applicazione dell’articolo 727 del Codice Penale, che punisce la detenzione di animali in condizioni incompatibili con il loro benessere. Una contravvenzione che non richiede la volontà di incrudelire, essendo sufficiente che le condizioni di detenzione siano causa i gravi sofferenze. Una realtà che sarebbe stata davvero impossibile confutare, anche secondo le opinioni del mondo scientifico, più volte espresse.

Il maltrattamento di animali non può essere slegato dal benessere psicofisico di chi lo subisce

Secondo quanto emergerebbe dalla richiesta di archiviazione sono i presupposti e non le conseguenze a rendere “invisibile” il maltrattamento. Una decisione basata sulla legittimità della detenzione, che evidentemente non è stata assunta dopo attenta lettura di diverse sentenze della giustizia amministrativa. Un passaggio che anche se venisse dato per corretto non avrebbe dovuto omettere di tenere conto delle modalità e delle conseguenze. Aggiungendo che se anche non ci fossero responsabilità accertabili sarebbe stato comunque necessario mettere fine alla permanenza del reato, come stabilisce il codice. Un passaggio non secondario questo, ma completamente ignorato.

Un animale destinato al macello può essere abbattuto in un mattatoio, purché siano seguite le prescrizioni della normativa in materia di tutela degli animali. Se questo non avviene il responsabile, come stabiliscono diverse sentenze di Cassazione, può comunque essere perseguito. Identico discorso dovrebbe valere per la detenzione degli orsi in Trentino: anche se la cattura fosse stata legittima, segregarli in bunker, tenerli sotto psicofarmaci, obbligarli in spazi angusti dovrebbe essere considerato un maltrattamento a tutto tondo.

Forse la richiesta di archiviazione fatta dalla Procura di Trento ha un rapporto temporale con il trasferimento di due dei tre orsi? Oggi la struttura che ospita M49 è stata “decongestionata”, mandando Dj3 e M57 in due strutture estere, senza che questo possa comunque farla considerare come una struttura in cui il benessere di un orso selvatico possa essere garantito. Riaprendo anche su questo tema, come peraltro emerso nell’inchiesta televisiva, un altro quesito: meglio una buona morte o una pessima vita? Domande a cui certo è sempre difficile rispondere con certezza.

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