piano gestione lupo

Il piano per la gestione del lupo è stato finalmente pubblicato e avrà una durata di cinque anni, quindi sino al 2024. La prima considerazione che viene da fare, al termine della lettura del piano, è il complessivo apprezzamento per l’intero impianto. La seconda, la più importante, è quella che se si sgombra il campo dagli interessi corporativi l’analisi è concreta. Non viziata da pregiudizi.

Se la questione lupo viene affrontata con buon senso, se si cerca di analizzare non i luoghi comuni ma la realtà scientifica, il problema prende un’altra forma. Cambiando così anche gli strumenti per la gestione del predatore, che è utile se non indispensabile alla corretta conservazione ambientale.

Questo piano, per il quale bisogna rendere onore al ministro Costa, analizza la questione a tutto tondo. Mettendo il lupo al centro ma andando finalmente a stanare anche molte problematiche che sono state ignorate per troppo tempo. Nonostante fossero sollevate con quotidiana pervicacia da associazioni e persone che si occupano delle problematiche faunistiche.

I cacciatori vedono il lupo come un nemico

Nel piano è scritto a chiare lettere che il rapporto conflittuale fra lupo e cacciatori è dovuto proprio alla visione di questi ultimi, che identificano nel lupo un competitor per le prede. Alimentando e soffiando sul fuoco dei pregiudizi che hanno portato a tratteggiare la ricomparsa del lupo come un problema per la sicurezza.

Il piano per la gestione del lupo questo lo indica in modo molto chiaro, mettendo nero su bianco quello che molti sostengono da troppo tempo, inascoltati.

La caccia ai mammiferi ungulati può entrare in conflitto con la presenza del lupo: buona parte del mondo venatorio percepisce il lupo come un competitore che, con la sua predazione, influisce sulla produttività
delle popolazioni selvatiche e sottrae una parte della disponibilità per l’esercizio venatorio. Questa percezione, pur non supportata da dati scientificamente attendibili, porta ad uno stato di tensione che può
indurre fenomeni di bracconaggio. Inoltre, metodi di caccia come quello della braccata (ad esempio, nella caccia al cinghiale) sono molto diffusi ed hanno un impatto negativo, a volte anche involontario, sul lupo.

Tratto dal Piano per la gestione del lupo 2019

Il piano affronta anche il problema delle predazioni sul bestiame, individuando la necessità di adottare misure di prevenzione che rendano complicata la vita dei lupi nel compiere attacchi. Aumentare la resilienza è un imperativo che speriamo possa essere presto adottato anche in altri contesti, in alternativa a impossibili piani di eradicazione.

Cani da guardiania, recinti elettrificati, presenza costante degli allevatori e rispetto delle normative sul pascolo sono fra le misure individuate. Unitamente anche alla corretta concessione di indennizzi che vanno riconosciuti a chi ha subito perdite economiche a causa dei lupi.

Non sono previsti abbattimenti

Nel piano lupo 2019 non sono previste uccisioni, né di lupi né di ibridi fra lupo e cane. Andranno messe in atto tutte le azioni necessarie per limitare l’ibridazione, anche attraverso operazioni di cattura, sterilizzazione e rilascio degli esemplari ibridi. Il piano lupo prevede anche un cambio di passo nei confronti della gestione del randagismo.

Individuando nel vagantismo canino e nella mala gestio dei cani da parte dei proprietari uno dei maggiori problemi, unito a pratiche di contrasto del randagismo insufficienti e mal coordinate. Chiedendo anche che vengano riviste le normative per la prevenzione del randagismo in tempi brevi. Scrivendo che le prescrizioni imposte dalle norme non si sono tradotte in azioni concrete per l’ottenimento del risultato.

Fra le attività previste per contrastare il bracconaggio dei lupi, ma anche per tutelare in generale la fauna e gli animali domestici, il piano lupo individua anche la necessità di rivedere la vendita dei veleni. Quest’ultimo punto è da anni richiesto a gran voce da chiunque abbia un minimo di buon senso. I danni collaterali dei veleni in libera vendita superano di gran lunga i benefici.

Ora bisognerà aspettare di vedere i risultati che il ministro Sergio Costa otterrà dal parlamento, dalle regioni e dalle amministrazioni interessate. Quel che è certo è che per la prima volta un piano di gestione faunistica non è fatto a fucilate. Grazie ministro!

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