Rispettare gli animali selvatici significa anche non braccarli, per ottenere una foto o un incontro

Rispettare gli animali selvatici

Rispettare gli animali selvatici è un dovere per chiunque decida di entrare nel mondo naturale che li ospita, sia che si tratti di un’area protetta come un parco nazionale che un qualsiasi bosco. Senza mai mettere in pericolo la loro vita o quella dei cuccioli per avere un incontro ravvicinato. Per poter portare a casa una foto o un video che li ritrae, dimenticando di chiedersi cosa comporti un gesto solo apparentemente senza conseguenze.

Bisogna dire in modo chiaro che spesso gli amanti della natura e talvolta anche fotografi superano i confini del buon senso e soprattutto quelli del rispetto nei confronti degli animali. Braccando gli animali nel loro ambiente, costringendoli a dover sfuggire alle troppe pressioni scegliendo vie di fuga poco opportune, seppur divenute per loro obbligate. Come sta accadendo in Abruzzo per l’orsa Amarena, già in difficoltà per aver partorito un numero elevato di cuccioli. E per questo inseguita dagli appassionati e fotoreporter che forse nemmeno si rendono conto di creare un grande problema agli orsi.

Tanto da costringere la direzione del PNALM (Parco nazionale Abruzzo, Lazio e Molise) a chiudere vaste aree di riserva all’accesso dei visitatori. Non per difendere gli uomini dai plantigradi, ma per difendere gli orsi dalla pressione antropica in un momento così delicato come la riproduzione. E in particolare per difendere Amarena, orsa che suo malgrado è diventata una star, anche se il suo areale non è sempre nei confini del parco ma nella fascia di rispetto. Su questa orsa il risultato del disturbo l’ha portata a essere ora sottopeso, a causa dell’elevato numero di cuccioli da accudire e da difendere, cosa che potrebbe creare non pochi problemi durante il letargo della famiglia.

Non rispettare gli animali selvatici è un comportamento irresponsabile e molto pericoloso per la loro stessa vita

I parchi nazionali e le aree protette in generale esistono perché vi è un ‘esigenza di tutela ambientale nel suo complesso. Non son quindi un capriccio ma una necessità. Per garantire un’azione di protezione che riguarda animali e vegetali e che in Abruzzo è particolarmente importante. L’orso marsicano e il camoscio d’Abruzzo sono sottospecie che rappresentano due endemismi unici al mondo. Da difendere in quanto tali e per il dovuto rispetto verso ogni forma di biodiversità. Che non può essere messa in percolo per un eccessivo e irrazionale amore verso gli animali, per delle foto o soltanto per poter fare un post sui social.

Troppo spesso ci sono persone che dicono di amare gli orsi, ma poco sanno della loro etologia e del comportamento. Non riuscendo a comprendere che per un animale selvatico il pericolo possa essere costituito anche dalla presenza di un gruppo di persone che si trovano distanti 300 metri o più. Obbligandoli a scegliere vie di fuga che possono rivelarsi molto pericolose, come le strade o i centri abitati. L’orsa Amarena ha un solo “chiodo fisso”: difendere i suoi cuccioli da tutti i pericoli, e poco importa che siano costituiti da un orso maschio oppure da uomini.

Per l’orsa, e non solo per lei, non esiste una differenza fra gli uomini e non può certo capirne le intenzioni. Un amante degli animali, un fotografo o un bracconiere per l’orso significano solo un pericolo e la necessità di doversi allontanare velocemente. Cosa non facile da fare quando non hai un solo cucciolo da cui farti seguire ma ben quattro. Per questo non ci sono scuse per alcuna forma di disturbo, anche se messa in atto con le migliori intenzioni dell’universo. Le femmine con i cuccioli devono sempre essere lasciate tranquille, non disturbate.

Ben vengano le ordinanze del parco se i turisti devono capire che sono ospiti di un’area protetta e non stanno visitando uno zoo

Il nostro rapporto con gli animali spesso non è equilibrato e per questo l’uomo è in grado di far danno non solo per crudeltà, indifferenza o mancanza di rispetto, ma anche per un eccesso di “amore”. Ma un orso non vuole essere amato dagli uomini, ma solo poter vivere la sua vita, mettendo in atto i comportamenti che l’evoluzione ha codificato nel suo DNA. Non è buono né, ovviamente, cattivo perché questi sono giudizi che si possono attribuire agli umani, non agli orsi, ai lupi o agli altri animali non umani.

Gli animali restano fedeli al ruolo che l’evoluzione gli ha attribuito e questo vale per la piccola formica per arrivare sino alla grande balenottera. Sono tutti operai di quella gigantesca fabbrica che noi chiamiamo pianeta e sanno fare in modo perfetto il loro lavoro. Ma, purtroppo, altrettanto non si può dire di noi che quella fabbrica abbiamo l’arroganza di volerla dirigere, senza difenderne valori e bisogni e senza nemmeno, purtroppo, avere certezza dei meccanismi che la regolano. Considerando che non abbiamo ancora nemmeno compreso sino in fondo la differenza fra una specie selvatica e un animale domestico, fra uno zoo e un’area protetta.

Cani, falchi tigri e trafficanti

Per questo credo che il direttore del PNALM abbia fatto bene a tutelare gli animali che gli sono affidati, anche a costo di scontentare molti. Custodire il capitale naturale significa difenderlo dalle aggressioni, che alcune volte sono messe in atto, senza consapevolezza proprio dai turisti. Magari sono gli stessi che in altro periodo si lamentano, giustamente, delle doppiette che occupano i boschi nella stagione della caccia. Per poi mettere in atto, con intenti completamente diversi, identiche forme di disturbo per la fauna.

Il rispetto è la più grande forma di amore, liberato dalla volontà del possesso e dalle sue conseguenze nefaste

Impariamo a comportarci da ospiti educati e rispettosi, capaci di godere solo per la consapevolezza che l’orso, o un altro selvatico, sia presente sul territorio. Considerando l’idea di poterlo vedere un dono e una fortuna e mai un diritto. Senza andare a cercarlo, senza braccarlo. Chi conosce la natura sa che ci sono situazioni in cui vedere gli animali è più semplice e meno invasivo, altre in cui bisogna accontentarsi di percepire i suoni che rivelano la loro presenza, altre ancora in cui il poterli vedere rappresenta un colpo di fortuna.

Questa è la differenza fra un viaggiatore, un naturalista e un turista. Il turista è quello che spesso pretende di vedere un animale solo perché è entrato nel suo territorio. Magari per prendersela poi con il parco se a primavera qualche cucciolo mancherà all’appello, per non essere riuscito a superare il letargo. Proprio a causa del disturbo causato da troppa pressione umana. Magari senza nemmeno sapere che un orso si riproduce solo ogni due anni, perché tanto dura la scuola di vita che dovrà trasmettere ai suoi cuccioli, per dargli la possibilità, anzi la speranza, di sopravvivere in un ambiente difficile come quello naturale.

Visitiamo i parchi e le aree protette sempre in punta di piedi, con gratitudine verso le comunità locali che contribuiscono a mantenerne vivo il territorio. Pensando che mancando il loro aiuto, senza le entrate derivanti da un ecoturismo rispettoso, tutto questo sarebbe davvero molto più difficile. E non dimenticate che fare un’escursione con una guida può aumentare le possibilità di vedere gli animali senza arrecare disturbo, ricevendo informazioni importanti.

Orso ucciso in Abruzzo: la Corte d’Appello condanna il responsabile a risarcire l’Ente Parco

Orso ucciso in Abruzzo

Per l’orso ucciso in Abruzzo, a Pettorano sul Gizio, la Corte d’Appello dell’Aquila ha condannato il responsabile, che era stato assolto in primo grado, a risarcire le parti civili. Riconoscendo un indennizzo al Parco Nazionale di Abruzzo Lazio e Molise (PNALM) e alle associazioni. Purtroppo non ci sarà condanna in sede penale a causa di un vizio di forma. Ma la sentenza d’appello è della massima importanza.

Stabilendo in modo inequivocabile che l’uccisione di una specie particolarmente protetta, come l’orso marsicano, non può essere giustificata. Ribaltando la sentenza emessa nel giudizio di primo grado, nel 2018, che aveva assolto chi aveva sparato a un orso uccidemdolo.

I fatti risalgono al 2014, quando un orso fu ucciso con un colpo di fucile. Secondo i forestali esploso con l’intenzione di uccidere il plantigrado. Comportamento ammesso inizialmente dallo stesso imputato che aveva detto di aver imbracciato il fucile sentendosi minacciato dal plantigrado. Questa dichiarazione fu però modificata a processo, quando l’imputato dichiarò di aver sparato soltanto perché era inciampato. Stranamente proprio mentre aveva in mano il fucile, puntato sull’orso.

Per l’orso ucciso in Abruzzo nel processo di primo grado anche il Pubblico Ministero chiese l’assoluzione

Un’assoluzione giunta senza valutare il lavoro investigativo compiuto dal personale dell’allora Corpo Forestale dello Stato. Che aveva raccolto testimonianze e dichiarazioni di testimoni e anche dell’indagato il tribunale credette all’imputato. Assolvendolo. Ma le parti civili, prima fra tutte il PNALM, decisero di ricorrere in appello arrivando alla sentenza odierna.

È davvero una sentenza storica – afferma il Presidente del Parco Giovanni Cannata – perché riconosce la responsabilità di un cittadino che ha sparato ad un orso, uccidendolo. Il riconoscimento delle responsabilità, oltre a fissare un principio ineccepibile come è il rispetto della vita di un orso, dà conto anche del lavoro investigativo svolto dal personale dell’ex Corpo Forestale dello Stato.

Dal comunicato del PNALM

Una maggior attenzione da parte di chi è chiamato a giudicare atti gravi, come l’uccisione di un orso marsicano, è fondamentale. Per non trasmettere l’idea che gli atti di bracconaggio possano restare impuniti. In un momento già così complesso per il mantenimento dell’equilibrio naturale. Una sentenza che aiuta le forze di polizia nel loro lavoro per la tutela faunistica.

Il sentimento verso gli orsi in Abruzzo non è paragonabile a quello di molta parte della popolazione del Trentino

Gli abruzzesi sono abituati a convivere con gli orsi da sempre. Avendo un rapporto molto diverso rispetto a quello della popolazione del Trentino, dove l’orso è stato reintrodotto in tempi recenti. Per far crescere una popolazione che stava andando verso l’estinzione. Una presenza, però, alla quale molti residenti non si sono ancora abituati.

E nei paesi del parco sono abituati alle visite degli animali, che arrivano nei centri urbani senza timori. Guardati con simpatia dalla gente e dando vita a un indotto economico importante per la collettività. Grazie a quanti vanno a visitare il parco per godere della natura, specie in periodi difficili come questi.

Come non comprendere quindi la soddisfazione dell’ente parco nei confronti di questa sentenza, che tutela il simbolo stesso del parco d’Abruzzo.

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