La scelta di adottare e non comprare animali dovrebbe nascere dentro di noi. Da consapevolezza e responsabilità.
Molti acquisti vengono fatti d’impulso, per il desiderio di avere quella razza o semplicemente inteneriti da un cucciolo che guarda da una vetrina.
Per aumentare la coscienza civica la California ha deciso che nei negozi si potranno vendere solo animali provenienti da rifugi. Ma già in Svizzera o in Slovacchia è proibito vendere cani e gatti nei negozi.
Sembra davvero incredibile, considerando che la Slovacchia è uno dei paesi maggiormente implicati nell’allevamento dei cani della tratta dei cuccioli. Quelli che invadono ogni giorno l’Europa dopo lunghi viaggi dai paesi dell’Est. La misura non è stata attuata per tutelare gli animali, ma solo per evitare acquisti d’impulso, che alimentano il randagismo.
Adottare gli animali è una scelta etica
Si deve promuovere una maggiore consapevolezza nelle persone, cercando di far capire l’importanza dell’adozione e il fatto che un animale, come una persona, vale per quello che ha dentro, che riesce a esprimere, non solo per l’aspetto estetico. L’adozione di un animale deve partire dalla volontà di avere un rapporto.
Che non si può creare pensando di possedere ma soltanto cercando di condividere le nostre vite. Nessun essere vivente appartiene a qualcuno e il senso di poter possedere qualcuno, anche solo emotivamente, è una patologia tutta umana. Non abbiamo la proprietà di persone e animali che vivono con noi, ma solo la condivisione con loro della nostra avventura umana.
Questa condivisione, come tutte le condivisioni, non è priva di costi: in termini di tempo e sacrificio, di soddisfacimento dei bisogni, di denaro necessario per far fronte alle esigenze. Perché questa sia un’esperienza positiva bisogna essere motivati. Occorre volerlo davvero.
Dividere la vita con un animale è per sempre
Se desidero avere un cane, un gatto o un altro animale devo essere sicuro di poter soddisfare una buona parte delle sue necessità. Gli animali che vivono con noi dipendono da come noi ci comportiamo, ci affidano la loro vita e la mettono nelle nostre mani. Inizialmente perché non hanno scelta, poi quasi sempre per amore, incondizionato, senza giudizi.
Una grande responsabilità per un uomo avere un altro vivente che gli affida la sua vita, che dipenderà sempre dal mantenimento del patto che è stato stretto nel momento che lo abbiamo deciso. Quel patto che non dovrebbe mai essere tradito.
Chi adotta un animale, invece di acquistarlo, dimostra di avere una differente consapevolezza sul tipo di rapporto. In parte dovuta anche al fatto che chi si occupa di far adottare un animale racconta bisogni e problemi, impegni e necessità.
Chi vende un animale cercherà quasi sempre di semplificare tutto. Più le cose sembrano facili e meno una persona potrebbe cambiare idea su una scelta di acquisto. Un po’ come avviene quando andate per acquistare un televisore o un computer. Tutto sembra facile sino a quando non è vostro.
Dovremmo arrivare presto anche in Italia a vietare la vendita di animali d’allevamento nei negozi, consentendo solo le adozioni. Almeno fino a quando canili e rifugi saranno strapieni di animali senza futuro.
Sino a quando non sarà diversa la consapevolezza delle persone sui bisogni degli animali, comprati spesso con disinvoltura. E abbandonati al loro destino con grande facilità.
La geografia delle soppressioni dei cani racconta degli uomini perché fornisce dati interessanti su quanto la loro gestione, in senso complessivo, sia influenzata da fattori come attenzione e educazione, piuttosto che dalla disponibilità economica.
Mi è stato suggerito un interessante studio condotto da Andrew Rowan e Tamara Kartal, entrambi appartenenti alla Humane Society, una delle maggiori organizzazioni che si occupano di protezione degli animali negli Stati Uniti e non solo.
Questo studio rivela come l’evoluzione del costume, l’accresciuta educazione e sensibilità abbiano contribuito a ridurre in modo drastico il numero delle soppressioni di cani indesiderati nei rifugi degli Stati Uniti.
Un dato che, se ce fosse ancora una volta necessità, conferma che soltanto educazione e l’incremento della sensibilità potranno liberare anche il nostro paese dal fenomeno del randagismo. Senza necessità di uccidere, ovviamente.
I dati americani infatti fanno ben sperare: nel 1973 negli Stati Uniti furono uccisi 13,5 milioni di animali indesiderati, presenti in canili e gattili, mentre il 25% della popolazione canina del tempo era vagante per strada. Non veri e propri randagi ma animali vaganti, quindi anche di proprietà. Il vagantismo ancora oggi è in Italia una delle grandi cause del randagismo, proprio per la pessima abitudine di lasciare liberi e non sterilizzati i cani di proprietà, specie nelle zone rurali.
La soppressione dei cani parla del rapporto con gli uomini
Nel nostro paese abbiamo due fattori che incidono pesantemente sulla gestione degli animali di proprietà: l’ignoranza, che porta a considerare gli animali con scarso rispetto e quindi senza occuparsi/preoccuparsi delle problematiche che derivano da una riproduzione incontrollata e il mancato rispetto delle leggi.
Se la legge obbliga a identificare i cani con il microchip una parte rilevante della popolazione evita di farlo, non si pone il problema derivante dal’obbligo, supportata in questo dagli scarsi controlli che, in tutti i settori, hanno allevato un menefreghismo dilagante. E qui entra in gioco l’educazione e il senso civico, doti per le quali nel nostro paese non brilliamo. (leggi qui)
Negli Stati Uniti, alla metà degli anni ’80, quindi soltanto dieci anni dopo il dato sulle soppressioni indicato in precedenza, il numero degli animali abbattuti nei canili era sceso a 7,6 milioni di animali. Un dimezzamento avvenuto in un tempo davvero breve, pur restando enorme il numero di animali, che vanno però ovviamente rapportati alla popolazione americana. In Italia, quando la soppressione nei canili era ancora legale, sono stati centinaia di migliaia gli animali soppressi ogni anno.
L’incremento delle adozioni, delle sterilizzazioni e una maggior attenzione verso i diritti degli animali ha ulteriormente ridotto questo fenomeno, che pur avendo numeri ancora rilevanti rispetto ad altri paesi come quelli del Nord Europa, appare in drastico calo.
Nel solo 2005 i dati parlano di oltre 11 milioni di animali sterilizzati presso strutture private, contro solo una cifra poco superiore ai due milioni di interventi praticati da enti pubblici. Un dato che dimostra la maggior attenzione dei cittadini e anche una maggior consapevolezza sulle responsabilità individuali.
Le amministrazioni pubbliche fanno la loro parte con campagne informative e aiutando, tramite vaucher, i cittadini per le sterilizzazioni, che avvengono anche con l’impiego di cliniche mobili. Queste cliniche sono purtroppo ancora osteggiate in Italia, dove non è stata attuata ancora una vera liberalizzazione delle professioni, compresa quella dei veterinari.
Realtà che porta a ordini professionali chiusi a riccio a difesa dei diritti dei loro iscritti.Il rapporto eutanasia/abitanti dimostra inoltre come questo, negli USA, sia inferiore negli stati del nord e maggiore in quelli del sud.
L’eterno problema del randagismo
Un dato che rapportato al randagismo è la fotocopia di quanto avviene in Italia, per giunta con motivazioni abbastanza simili: scarsa attenzione ai diritti degli animali accompagnato da un grande numero di animali vaganti. Per questo la geografia delle soppressioni dei cani racconta degli uomini, come quella di non essere responsabili dei propri animali.
Nel New Jersey il numero di cani abbattuti è diminuito del 90% dagli anni ’70 al 2014. Calcolando la rigidità delle strutture americane sui tempi di permanenza dei cani indesiderati nei rifugi questo è un dato davvero incoraggiante. Consiglio comunque di leggere l’intero articolo comparso sulla rivista Animals (leggi qui)in quanto fornisce chiavi di lettura interessanti sulla questione dei cani indesiderati.
Con le debite differenze dovute al fatto che da noi esiste randagismo e animali vaganti, mentre negli Stati Uniti questo fenomeno è decisamente meno diffuso a causa dell’efficienza americana che porta a rimuovere rapidamente i randagi e ai tantissimi sequestri operati ogni anno per maltrattamenti o cattive condizioni di custodia, lo studio fornisce spunti interessanti per la risoluzione del problema.
Il cronico problema del randagismo da noi è infatti in grandissima parte dovuto a una non gestione delle problematiche legate agli animali di proprietà e alla loro riproduzione, allo scarso rispetto delle regole e alla cronica esiguità dei controlli. Abbiamo sostituito le eutanasie con gli incanilamenti (leggi qui), spesso a vita, senza purtroppo raggiungere i successi, in termini di contrasto al problema toccati dagli americani.
Ma fra le cause non possiamo nemmeno tralasciare quella causata da ignoranza sul problema e insipienza di molti amministratori pubblici e sindaci. Che, anziché preoccuparsi contrastare il fenomeno del randagismo, preferiscono adottare campagne di incentivi economici nel tentativo di svuotare i canili. Senza comprendere che i cani fatti uscire dalla porta rientreranno, come si suol dire, dalla finestra. In una giostra senza fine.
Animali in vetrina, emozioni che provocano abbandoni quando le scelte non sono ponderate, dipendendo solo da uno stato emotivo che spesso non corrisponde ai nostri desideri e alle nostre reali possibilità.
La causa di una cattiva idea che darà luogo a possibili maltrattamenti e alla voglia di disfarsi di un cucciolo poco dopo averlo preso? Gli animali in vetrina, emozioni che provocano abbandoni proprio a causa della mancanza di riflessione su temi che sono invece della massima importanza.
Legati al proprio tempo, alla conoscenza delle necessità di un animale, ai costi che sarà necessario sostenere per tenerlo in uno stato di benessere e ad altre informazioni indispensabili per fare una scelta ragionata nel decidere di avere un animale per compagno.
Le decisioni di impulso sono la causa degli abbandoni
Questo rappresenta il punto dolente della scelta di comprare o anche di adottare un animale perché in questo caso la provenienza da un negozio rappresenterebbe solo l’aggravante di una cattiva scelta, non sufficientemente pensata. Che potrebbe risolversi in un successivo abbandono oppure in una vita di privazioni per l’animale che si è deciso incautamente di far entrare nella propria esistenza.
Avere un animale non è un obbligo, anzi, dovrebbe invece essere una scelta fatta con grande attenzione, dopo aver analizzato l’impatto che questa comporterà nella nostra vita, per impedire che un nostro moto di egoismo si traduca in una condanna per l’essere vivente che è stato oggetto delle nostre attenzioni.
Una scelta attenta, una decisione responsabile non può passare attraverso la spinta emozionale che ogni persona empatica riceve vedendo un animale in un negozio: per questo sarebbe indispensabile vietare di esporre gli animali in vetrina e vietare ogni pubblicizzazione del commercio.
Considerando che non si può demandare ai commercianti di dissuadere gli acquirenti incauti, considerando anche i costi sociali derivanti dagli abbandoni degli animali e quelli patiti da questi ultimi in caso di condizioni di custodia non idonee. Appare evidente che la vendita degli animali, di qualsiasi specie, andrebbe regolamentata in modo restrittivo, trattandola con la dovuta attenzione, imponendo obblighi e regolamentazioni.
In Svizzera cani e gatti non possono essere liberamente venduti in negozio ed ecco che per questo motivo frotte di ticinesi oltrepassano la frontiera per venire in Italia, dove gli animali sono ancora venduti come si trattasse di peluche.
In molti paesi europei non si possono vendere cani e gatti in negozio
La stessa Slovacchia, uno dei paesi al centro del traffico dei cuccioli, ha stabilito il divieto, che sembra un paradosso, di vendere cani, gatti e conigli nei negozi di animali, che peraltro sono molto più puliti e rispettosi delle loro esigenze di quanto non avvenga in Italia.
Certo appare schizofrenico pensare che poi dallo stesso paese partano centinaia di trasporti al mese stipati di cuccioli in giovanissima età, verso i paesi della vecchia Europa.
L’Italia, paese con un alto tasso di randagi e di animali indesiderati appartenenti a tantissime specie, dai cani ai conigli, dai gatti ai rettili, dai pappagalli ai criceti dovrebbe dimostrare di avere attenzione verso questo argomento. Un problema che si sta diffondendo a macchia d’olio in tutto il mondo occidentale essendo oramai acclarato che gli acquisti di impulso rappresentano la prima causa di abbandono e di maltrattamento non traumatico degli animali.
L’interesse della comunità prevale su quello dei commercianti di animali
Ci sono interessi collettivi che vanno oltre alle logiche del libero commercio e ci sono doveri di sensibilità verso gli animali che devono essere assolti, non foss’altro per non doversi far carico di costi generati da un’attività economica spesso esercitata in modo irresponsabile.
Omettendo di comunicare correttamente i bisogni etologici delle varie specie animali, semplificando al massimo la loro alimentazione, come avviene ad esempio per i pappagalli. Per impedire che un accudimento complesso diventi una motivazione per non acquistare questo o quell’animale.
Tutto deve sembrare apparentemente facile, economico, con necessità di dedicare poco tempo al nostro animale, divenuto incolpevole oggetto del desiderio, sapientemente stimolato dal negoziante.
La scelta di dividere la nostra vita con un altro essere vivente deve partire dalla consapevolezza che una volta presa la decisione questa dovrebbe essere per sempre e ci accompagnerà per tutta la vita dell’animale.S
Senza poterci sottrarre agli obblighi derivanti da un’adozione, in salute come in malattia. Senza naturalmente dimenticare che un compagno di vita si dovrebbe adottare e non acquistare, ma anche che le strutture rifugio sono sempre piene di animali in cerca di una casa.
Pochi giorni addietro il Dalai Lama ha detto quanto sia inutile pregare il proprio dio per risolvere i guasti causati dall’uomo, che invece ha il dovere di risolvere il problema causato, senza poter sperare nell’intervento divino.
Difficile non condividere questa affermazione per la sua indubbia adesione alla realtà: noi siamo i responsabili di tanti disastri, a cominciare da quelli ambientali, e abbiamo il dovere di modificare le condizioni che li hanno originati.
Questo discorso vale anche per la gestione degli animali da compagnia, per il randagismo e per il contrasto al commercio ed alla lunga scia di morti che produce giorno dopo giorno.
Iniziamo allora ad uscire da un infingimento che da troppo tempo ci portiamo dietro: non tutte le persone che hanno animali si comportano rispettando le loro necessità, pensando alle loro condizioni di vita, pensando al fatto che una riproduzione incontrollata incrementa il randagismo e che l’acquisto di animali presso i negozi alimenta spesso un traffico che comporta grandi sofferenze per gli animali.
Non si possono poi dimenticare i danni provocati dai cosiddetti acquisti di impulso, quando basta vedere un coniglietto in una vetrina per decidere di comprarlo senza conoscere nulla, ma proprio nulla, delle sue necessità oppure quando si decide di acquistare un cane di una determinata razza solo perchè di moda, finanziando i trafficanti di cuccioli.
Non tutte le persone che hanno animali sono davvero amanti degli animali, spesso sono persone che hanno soltanto il bisogno di ricevere l’amore degli animali, senza preoccuparsi del loro benessere e senza essere capaci darlo.
Così facendo molti animali diventano in breve tempo indesiderati e le persone se ne disfano, come fossero un vecchio indumento inutile: i canili e i gattili sono pieni di animali che aspettano solo di essere adottati, ristretti in recinti e gabbie con la sola colpa di essere considerati un prodotto di scarto, un surplus.
Le associazioni ricoverano anche altri tipi di animali che vengono abbandonati e che con un poco di buonsenso non avrebbero dovuto mai essere commercializzati e acquistati: conigli, pappagallini, criceti, gerbilli, colombe ornamentali, tartarughe palustri e tanti altri, dando vita a un’Arca di Noe delle specie vendute nei negozi di animali e nei garden.
Adottare un animale è una scelta etica che contribuisce a dare una casa a uno dei tanti ospiti dei centri di accoglienza, ma anche a consentire di liberare uno spazio che potrà essere usato per accogliere un altro animale in difficoltà.
Nei canili italiani ci sono centinaia di migliaia di cani, alcuni dei quali sono rinchiusi da anni, mentre altrettanti vengono fatti nascere, alimentano la tratta dei cuccioli, arricchiscono i trafficanti e si lasciano dietro una scia di sofferenza che non accenna a diminuire.
Per questo in tutto il mondo l’hashtag #adoptdontshop è diventato uno fra i più usati nelle campagne di sensibilizzazione che promuovono le adozioni, come quella della Humane Society da cui è tratta la foto.
Prima di decidere di adottare un animale siate ancora una volta responsabile e chiedetevi se avete tempo e risorse economiche da dedicare all’animale che avete scelto di aiutare e se la sua presenza è compatibile con la vostra vita.
Mentre comprare un animale spesso è un capriccio, l’adozione deve essere pensata. Sappiate però che gli animali che vivono nei rifugi sono disponibili a contrarre i loro bisogni, pur di trovare qualcuno con cui dividere la vita e per lasciarsi alle spalle una gabbia o un recinto, che per quanto belli siano non saranno mai in grado di sostituire una famiglia umana.
Fatevi un regalo aiutando un animale, regalatevi questo gesto etico e responsabile, date una speranza a qualcuno dei tantissimi prigionieri per causa nostra.
Ricordando sempre che gli animali si adottano ma non si regalano, mai. Un animale regalato ha un altissimo tasso di probabilità di essere poi abbandonato in quanto non desiderato: facili doni, facili abbandoni.
E se poi ancora non siete convinti che l’adozione sia una buona scelta guardate questo video:
Adotta un cane e avrai uno sconto sulle tasse comunali: sta prendendo piede la nuova politica delle amministrazioni per incentivare l’adozione dei cani dai rifugi pubblici, messa in atto per sgravare i Comuni dai costi di custodia degli animali.
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