I collari elettrici sono una tortura legale, essendo un prodotto che si trova in libera vendita pur essendo sanzionato (quasi sempre) l’impiego sui cani. Una questione molto dibattuta che ha portato alla pubblicazione di diversi articoli anche su questo blog. Il principio su cui si basa il loro funzionamento è l’erogazione di scosse elettriche ad alto amperaggio, rilasciate dagli elettrodi posti sul collare. Che possono essere azionati con un telecomando oppure tramite un sensore.
Contro questa pratica dolorosa e per contrastare questi strumenti di tortura si sono mobilitate aziende e associazioni. Da tempo si chiede che questi congegni, venduti online e in molti negozi specializzati, vengano banditi dal mercato. Anche grandi aziende che vendono prodotti per animali si sono battute per il loro bando, come l’americana PETCO che ha smesso di venderli nel 2020. Creando una campagna pubblicitaria per spiegare le ragioni di questa decisione davvero encomiabile.
Ma per un colosso della grande distribuzione di prodotti per animali che si schiera, molti altri fanno finta di nulla, continuando a vendere i collari elettrici. A un mercato evidentemente molto più interessante di quanto si pensi, a giudicare dal numero di modelli disponibili in commercio. Destinati prevalentemente a addestratori senza scrupoli e a cacciatori, senza poter trascurare i clienti della versione anti-abbaio. Potrebbe sembrare incredibile che esista un gran numero di persone che acquisti questi strumenti, ma la realtà dimostra il contrario e quanto sia difficile ottenere il rispetto dei diritti degli animali.
I collari elettrici causano forti dolori e gli impulsi colpiscono una regione molto sensibile del cane
Il fatto che l’uso dei collari elettrici sia una fonte di sofferenza per i cani è una certezza: per il dolore che causano con le scosse, per il condizionamento che ne deriva nei comportamenti. Ci sono argomenti sui quali sembra difficile ottenere attenzione, sarà perché il mondo venatorio è il maggior utilizzatore dei collari o forse perché non ci si è ancora impegnati seriamente per farli vietare. Pur nella consapevolezza che il loro impiego provochi danni e gravi sofferenze. Come dimostra un video prodotto dalla società per la protezione degli animali di Singapore SPCA dove i collari sono testati su atleti. Vedere le loro espressioni quando ricevono le scosse elimina la necessità di commenti.
In molti paesi europei come Slovenia, Germania e Svizzera i collari elettrici sono vietati e non ne è consentito il commercio, ma in Italia non è così. Certo sarebbe opportuno che il divieto fosse esteso a tutti i paesi della Comunità Europea, ma al momento siamo ancora molto, troppo lontani da questo obiettivo. Vi basta una veloce ricerca sulla rete per scoprire quanti siti offrano questa tipologia di prodotto, facendo scoperte quasi incredibili. Una delle realtà che produce e commercializza questi prodotti anche in Italia è la multinazionale Garmin. Un’azienda americana con sedi in tutto il mondo e con un fatturato, secondo quanto riporta nel suo sito, di ben 3.775 miliardi di dollari per il 2019.
Il pudore dei produttori e la consapevolezza di vendere un articolo ritenuto crudele da molti
Per avere la certezza che i collari venduti rilascino impulsi elettrici occorre compiere un’attenta ricerca nei libretti d’istruzione, anche in altre lingue, generalmente infatti si parla solo di stimolazione. Il prodotto è destinato a clienti che sanno già quello che cercano, ed è sempre meglio non attirare troppo l’attenzione. Dimostrando che esiste consapevolezza su quanto i collari elettrici siano osteggiati da chi ama i cani.
Ora sarebbe importante introdurre un articolo che aggiorni la legge 189/2004, norma che ha introdotto il delitto di maltrattamento di animali. Inserendo un divieto generalizzato di commercializzazione e di impiego dei collari a impulsi elettrici, sanzionando anche la semplice detenzione. Un cambiamento che potrebbe salvare moltissimi cani dai maltrattamenti messi in atto con la scusa di addestrarli.
Collari elettrici e maltrattamento animali: un binomio che parrebbe essere chiaro, non soggetto a discussioni. Un congegno elettronico che somministra scosse dolorose, nella sensibilissima regione della gola di un cane, dovrebbe essere uno strumento vietato. Lo dice il buon senso, ma anche il tenore della normativa vigente in materia, nella parte in cui sono puniti gli atti intenzionali crudeli.
Si sta, invece, sempre più consolidando una giurisprudenza che è difficile da comprendere e da condividere. Dove l’utilizzo del collare a impulsi elettrici viene considerato al pari una detenzione di animale in condizioni incompatibili e produttiva di gravi sofferenze. Questa ipotesi però potrebbe essere fuorviante e lontana dall’ottenere la miglior tutela per i cani, nei confronti di una violenza consapevole.
Chi decide di usare questa tipologia di strumento coercitivo, anche se non ne avesse mai visto uno, si renderebbe conto delle conseguenze al primo utilizzo. Vedendo il proprio cane guaire di dolore dopo la prima scossa. Chi decide di usarlo lo fa in modo consapevole, voluto, senza preoccuparsi delle conseguenze sull’animale. Con l’unico fine, del tutto presunto, di ottenere velocemente l’addestramento del cane.
Collari elettrici e maltrattamento animali: l’utilizzo è vietato, ma solo se si dimostra la sofferenza del cane
Eppure il dispositivo dell’articolo 544 ter C.P. che sanziona il maltrattamento di animali pare idoneo a punire un comportamento come quello di usare un collare a impulsi elettrici. Il cui utilizzo non è una necessità e sottopone l’animale a seviziee comportamenti insopportabili, erogando scosse ad alto amperaggio in una regione così ricca di terminazioni nervose come la gola.
Dispositivo dell’articolo 544 ter del Codice penale:Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche( è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
Il concetto di sevizie verso gli animali non tiene ancora conto di molte conoscenze raggiunte sulla capacità di soffrire
La sentenza che manda assolto il proprietario del cane indica che non sia provato che il congegno elettrico fosse funzionante, visto che mancava il telecomando per azionarlo. Inoltre il cane non presentava lesioni sul collo che dimostrassero le sofferenze prodotte. Le ragioni per le quali il cane in questione possa essere stato portato a caccia indossando un collare non funzionante sembrano poco indagate.
Le motivazioni possono invece essere ricondotte al condizionamento subito in precedenza dal cane. Che associa in modo indelebile il collare al dolore delle scosse, anche quando non vengono erogate. Indossare il collare crea quindi un riflesso condizionato, come già ampiamente dimostrato da Pavlov. Al momento però la giurisprudenza costituita dalle sentenze della Cassazione, che talvolta ha identificato questo comportamento come delitto, è minoritaria.
In questi anni si è alzato il livello di attenzione verso i maltrattamenti, un fatto positivo che non ha però visto crescere in parallelo la valutazione della gravità dei comportamenti umani. Quasi come se alzare la soglia di quanto sia considerabile un maltrattamento grave serva a far scendere verso il basso la tutela reale. Sarebbe indispensabile, invece, che tutti i collari a impulsi elettrici venissero sequestrati sull’intero territorio nazionale e ne fosse per sempre vietata la vendita e l’impiego.
I collari elettrici sono uno strumento di tortura per cani, spacciato come un utile sistema di addestramento. Un condizionamento violento, basato sulla somministrazione di scosse a basso voltaggio ma con alto amperaggio. Grazie a due elettrodi post nella regione della gola del cane, un’area molto innervata.
Sono generalmente radiocomandati con comandi che hanno una possibilità di funzionare anche a diverse decine di metri e che consentono di scegliere durata e intensità delle scosse. Il loro impiego consente di inibire i comportamenti indesiderati: il cane assocerà uno stimolo particolarmente doloroso a un’azione, che non replicherà.
Esistono anche altri tipi di collare che non vengono azionati manualmente da un operatore ma dall’abbaiare del cane. Non appena il sensore posto sul collare si attiva per l’abbaio lascia partire un impulso elettrico. Nel medio periodo il cane imparerà a non abbaiare del tutto, proprio come se noi smettessimo di comunicare, di parlare.
I collari elettrici sono uno strumento violento che causa sofferenze
Esistono anche varianti apparentemente meno crudeli di quelli a impulsi elettrici. Funzionano con ultrasuoni che provocano un forte fastidio agli animali, ma anche questi provocano gravi sofferenze ai cani, come recentemente stabilito dal Ministero della Salute. Recependo un parere dato dal Centro di referenza nazionale per il benessere animale.
A proposito di questi collari il ministero evidenzia che:
Pertanto, al fine di garantire il benessere animale e il rispetto della normativa (in primis la Convezione europea per la protezione degli animali da compagnia, articolo 7) “Nessun animale da compagnia deve essere addestrato con metodi che possono danneggiare la sua salute ed il suo benessere, in particolare costringendo l’animale ad oltrepassare le sue capacità o forza naturale, o utilizzando mezzi artificiali che causano ferite o dolori, sofferenze ed angosce inutili”, l’utilizzo di collari acustici che possono raggiungere le intensità e frequenze sopra riportate non è consentito in quanto potrebbe configurare il reato di maltrattamento ai sensi dell’art. 544-ter del CP
Il Ministero non è netto nelle sue affermazioni purtroppo e scrive che il loro impiego non è consentito in quanto potrebbe configurare (in ipotesi) il reato di maltrattamento. Però, comunque, questo parere è un atto utilizzabile in sede giudiziaria.
La sofferenza è certa ma la vendita dei collari elettrici resta consentita
Il parere del CRENBA cita giurisprudenza e dati, ma non spiega come mai questi dispositivi possano essere in libera vendita. Con tutti i pericoli derivanti dal loro uso e abuso, che potrebbe essere fatto anche su esseri umani.
L’Italia è comunque in buona compagnia, considerando che anche nel Regno Unito questi collari sono ancora in libera vendita e anche in libero uso.
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