Sgominata ennesima truffa dei cuccioli sul web, venduti come allevati in italia, senza pedigree e in realtà provenienti dai famigerati cucciolifici dell’Est Europa. Un argomento del quale ci siamo occupati molte volte, quello della tratta dei cuccioli, un crimine ad alto reddito e con un rischio relativamente moderato. Un reato che continua a essere diffuso grazie alla complicità degli acquirenti che, convinti di fare un buon affare subiscono una truffa e agevolano maltrattamenti.
Ancora una volta sulle tracce dei trafficanti la Procura di Lodi e il colonnello Andrea Fiorini, dei Carabinieri Forestali, che con i militari di Lodi e Milano ha condotto le indagini e eseguito quanto disposto dalla magistratura. Un provvedimento restrittivo nei confronti di quattro cittadini italiani, che gestivano l’illecita importazione dei cani dall’Est. Offrendoli in vendita sui siti di annunci come nati in casa in Italia. Una tecnica sperimentata mille volte, che ha già portato in passato a arresti e condanne.
Il modus operandi di questi sodalizi criminali è sempre lo stesso: acquisti di cuccioli molto piccoli nei paesi come Ungheria e Slovacchia e importazione illegale in Italia. Senza microchip, senza passaporto e spesso senza vaccinazioni. Nemmeno contro una zoonosi mortale come la rabbia, perché i cuccioli per piacere devono essere molto, molto giovani. Troppo per essere vaccinati.
La truffa dei cuccioli sul web non conosce soste, nonostante le tante inchieste e i molti sequestri
Le misure restrittive sono scattate nei confronti di V.T.S., di anni 49, domiciliato a Villanova del Sillaro (LO); S.T.S., di anni 54, residente a Cerro al Lambro (MI); P.F.T., di anni 49, domiciliata a Villanova del Sillaro (LO) e C.R.C., di anni 57, residente a Melegnano (MI). Sono stati contestati anche i reati di maltrattamento animali, frode in commercio, falso e ricettazione. Uno è stato messo agli arresti domiciliari e per gli altri tre è stato disposto l’obbligo di dimora. Altri cinque sono indagati a piede libero e più di 30 gli animali sequestrati nel corso delle indagini.
I criminali vendono, ma sono colpevoli anche gli acquirenti dopo anni di sequestri e denunce finiti sui media
Dopo più di un decennio di inchieste, di trasmissioni, di articoli e di condanne è difficile pensare che gli acquirenti siano degli sprovveduti, ignari di tutto. E non li fa apparire diversi nemmeno il contenuto degli annunci sui siti online, che parlano di cani nati in italia. Trucchi vecchi per clienti sempre nuovi, disposti a comprare un cane come se fosse un elettrodomestico. Un cane di un modello alla moda come il bulldog francese o il carlino. Poi poco importa se questi cani non respirino correttamente e conducano spesso una vita in apnea.
Il contrasto alla tratta dei cuccioli potrebbe essere potenziato all’interno della Comunità Europea, dopo anni di immobilismo che ha consentito di far arricchire i trafficanti. Dalle stime sembra che ogni anno otto milioni di cuccioli transitino all’interno dell’ Unione Europea, per soddisfare la richiesta di un pubblico poco informato. Ma anche poco attento ai diritti degli animali e ai maltrattamenti che questo commercio compie sugli animali.
Il 12 febbraio 2020 il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione sul tema del Commercio illegale di animali da compagnia nell’UE per implementare il contrasto a questo traffico illecito. Un giro d’affari di centinaia di milioni di euro che spesso finiscono in mano a organizzazioni criminali che hanno capito quanto alto sia il profitto. Con un rischio calcolato davvero molto basso per gli organizzatori.
La risoluzione non nasce soltanto per garantire i diritti degli animali ma per tutelare quelli degli acquirenti e per proteggere il mercato legale. Un’azione di contrasto che, comunque, se si tradurrà in atti concreti produrrà un riflesso positivo sul benessere degli animali.
“visto l’articolo 13 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), che prevede che l’Unione e gli Stati membri tengano pienamente conto, nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione, delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti“
Tratto dal preambolo della Risoluzione del Parlamento Europeo del 12/02/2020
Il contrasto alla tratta dei cuccioli deve essere compiuto con strumenti efficaci
La risoluzione del Parlamento Europeo prende le mosse dalle numerose segnalazioni che arrivano dagli organi di controllo e dalle ONG che su occupano della tutela degli animali. Che in questi anni hanno rilevato come il commercio illegale messo in atto grazie alla falsificazione dei documenti sia in costante aumento.
“considerando che, nella maggior parte dei casi, i trafficanti e i venditori illegali agiscono nella più completa impunità in quanto sono consapevoli del fatto che la maggior parte dei clienti che hanno acquistato un animale da compagnia in cattiva salute non avvierà un’azione legale;
Tratto dal preambolo della Risoluzione del Parlamento Europeo del 12/02/2020
Il Parlamento invita la Commissione Europea a voler prevedere divieti di allevamento degli animali in condizioni di mancato benessere, facendo riferimento alle fabbriche dei cuccioli. Queste misure dovrebbero essere poi recepite, una volta disposte, dai governi nazionali dei singoli stati. In particolare di quelli come Ungheria, Slovacchia. Paesi che rappresentano il maggior distretto in cui vengono allevati e trafficati i cuccioli della tratta.
Campagne informative contro la tratta dei cuccioli
La risoluzione adottata da Parlamento Europeo vincola la Commissione a impegnarsi per l’adozione dei provvedimenti conseguenti, anche se ancora non pienamente definiti. Viene comunque riconosciuta la priorità di fare informazione sulla tratta dei cuccioli, in modo da far crescere la consapevolezza nei potenziali acquirenti.
Troppe volte gli acquirenti ancora non conoscono le implicazioni di questo traffico, i maltrattamenti subiti dagli animali nelle varie fasi del commercio e i rischi anche di natura sanitaria. Senza trascurare il fatto che spesso siano vittime di truffe, mancando la consapevolezza che la maggioranza dei cani venduti sul mercato europeo non siano nemmeno cuccioli di razza.
Occorrerà che in un tempo breve la Commissione Europea attui nuovi strumenti di controllo e diversi metodi per assicurare il rispetto dell’età minima dei cuccioli. Richiesti dal mercato in età sempre più giovane per soddisfare i capricci di chi li acquista. Forse i timori sanitari, legati alla trasmissione di malattie anche agli uomini, potrebbe diventare, in questo periodo, un attivatore importante di nuove misure di controllo.
Stabilendo delle attività di controllo per comprendere anche la fine, spesso misteriosa, degli animali che restano invenduti all’interno del circuito commerciale. Che li tratta sempre come fossero merci inanimate e non esseri senzienti, meritevoli di tutele.
Cuccioli venduti come fossero smartphone, con annunci sulla rete che invitano a comprarli. Seguendo gli algoritmi di Google, proposti a chi evidentemente legge spesso post sugli animali. Nulla di illegale, tutto perfetto e secondo le regole, per un venditore che peraltro è stato già oggetto di indagini e polemiche.
Il commerciante dice di essere il principale fornitore di cuccioli di bulldog, inglesi e francesi, ai divi del jet set, dalla campionessa dinuoto Federica Pellegrini alla onnipresente Chiara Ferragni, senza dimenticare attori e calciatori, veri o millantati. Come sempre non tutto quello che viene pubblicizzato è vero, ma quel che è certo è la capacità di farlo diventare verosimile. Cani brachicefali, con difficoltà di respirazione che anche i veterinari chiedono di far estinguere dolcemente.
Così verosimile come il bouldogue francese blu, un colore del mantello che non è riconosciuto secondo gli standard di molti enti cinofili, come in Italia l’ENCI. Una razza che nel nostro paese non esiste, già oggetto di attenzioni di Procure della Repubblica e della Polizia Giudiziaria.
Occorre vietare il commercio di animali sulla rete
Fino a quando sarà legale promuovere la vendita di animali sulla rete inevitabilmente si agevolerà un commercio che non dovrebbe esistere. Un sistema che oltre a creare problemi agli animali, specie quelli costretti in quella zona grigia che si crea fra il commercio e il traffico, spesso stimola acquisti d’impulso. Quel tipo di scelte che sono fatte proprio credendo che un cane sia gestibile come fosse un oggetto griffato, uno status symbol da esibire. Fra vendita di cani di finta razza e commercio illegale, fra le poche luci e le tante ombre di ombre di questo settore.
Non ci sono dubbi che commerciare cuccioli renda, che farlo se questi vengono dai paesi dell’Est Europa renda ancora di più: costi bassi e prezzi di vendita alle stelle, specie se il venditore racconta di essere il fornitore ufficiale dello star system! Il web non è posto dove si dovrebbero poter comprare animali, non solo cuccioli di cane e gatto ma animali in generale.
Dovrebbe essere vietato non solo vedere animali ma anche fare pubblicità: la vita con un animale deve essere una scelta ponderata, consapevole, con un’idea chiara dei costi in termini di impegno, sacrificio e danaro. Che non è soltanto quello che viene pagato al momento dell’acquisto. I canili e tutte le strutture di ricovero e rifugio sono piene di animali abbandonati perché presi in modo irresponsabile.
Senza dimenticare che case e balconi diventano con frequenza prigioni per gli animali, comprati senza pensare e poi fatti vivere come fossero oggetti animati e non esseri senzienti. Reclusi senza affetto, senza rapporti, senza socialità. Prigionieri a vita dell’egoismo delle persone. Per questo è urgente vietare la pubblicità e la vendita di animali sulla rete.
Bisogna smettere di acquistare cani dai trafficanti di cuccioli che si arricchiscono proprio sul maltrattamento degli animali, approfittando di norme che non sono servite a stroncare il mercato illegale.
Questo significa che 47 cuccioli ogni ora varcano il nostro confine per disperdersi nei mille rivoli del commercio di questi animali, fatto di venditori completamente abusivi, di furbetti che si spacciano per allevatori amatoriali, di cittadini stranieri che si pagano le vacanze piazzando qualche cucciolo e di molti negozianti che rappresentano la zona grigia del traffico.
A distanza di tanti anni da quando il fenomeno è iniziato a comparire in Italia, parliamo degli anni ’90, la realtà non è migliorata, nonostante nuove norme nazionali e comunitarie, tutte di difficile applicazione, con grandi strappi che consentono ai trafficanti di salvarsi troppo spesso e con sanzioni ridicole in proporzione al guadagno. Anzi il traffico è aumentato per volumi di animali e per i fiumi di denaro che sposta.
Dopo anni di inchieste sulla tratta dei cuccioli (guarda qui l’inchiesta)fatte in tanti paesi europei, contribuendo a dimostrare maltrattamenti, traffici illegali, complicità negli organi di controllo e dando conto dell’enorme flusso di danaro che questo traffico assicura sembra di essere sempre a punto zero.
Sono aumentati i paesi che “producono” i cuccioli come se fossero macchine e se una volta era l’Ungheria la nazione da cui passava tutto il traffico ora i numeri si sono allargati con l’entrata di Slovacchia, Polonia e ultimamente anche della Romania. Ma se continua così altri stati si aggiungeranno, considerando i guadagni.
La normativa comunitaria è principalmente di natura sanitaria e ha come scopo principale il contrasto della rabbia, uno zoonosi mortale anche per l’uomo. Ma prima o poi questi traffici rischiano di diffonderla nuovamente anche negli stati europei che l’avevano debellata. Un rischio concreto che preoccupa solo a parole, visto che non si pensa di stringere davvero la morsa sui trafficanti.
Da anni la normativa comunitaria dovrebbe diventare molto più restrittiva, con parametri che non consentano interpretazioni sull’età dei cuccioli, che spesso varia di alcune settimane rispetto al dichiarato, ma con difficoltà di poterlo dimostrare in un’aula di tribunale. Uno di questi potrebbe essere quello di consentire la movimentazione dei cuccioli solo dopo la comparsa dei molari, restando fermi gli altri obblighi sanitari.
Per far questo ci vuole una volontà comune, un fronte che si batta contro le fabbriche dei cuccioli, i maltrattamenti e i rischi sanitari, gravissimi, anche per l’uomo. Ora questo fronte non è sufficientemente compatto e così si affonda nella palude dei tempi morti e delle decisioni non prese, sotto la pressione dei troppi interessi economici che la tratta muove.
Nel frattempo, come fenomeno collaterale, i nostri canili sono pieni: troppi cuccioli di razza acquistati, pochi cani adottati nei canili. Una cultura del nostro rapporto con i cani che deve essere oggetto di modifiche: non più animali oggetto, ma animali con diritti e uomini con doveri.
La sconfitta del randagismo passa anche da questo. Bisogna smettere di acquistare cani dai trafficanti, ci vuole maggior rispetto. Arricchire organizzazioni criminali è un comportamento irresponsabile, come quello di comprare animali attraverso internet solo per l’idea di riuscire a risparmiare qualche euro.
Gli animali non si comprano mai attraverso i siti di annunci e ogni giorno non solo i maltrattamenti ma anche le fregature sono in agguato: cuccioli che non arrivano mai con venditori che spariscono non appena versato l’acconto, finti allevatori che consegneranno cani di dubbia provenienza, con il rischio di essere coinvolti in qualche inchiesta e cani che potrebbero morire dopo poche ore perché venduti malati. Acquistare animali così danneggia tutti, tranne i trafficanti.
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