Violenza sulle donne spesso viene da lontano partendo dagli animali

Violenza sulle donne spesso viene da lontano partendo dagli animali

La violenza sulle donne spesso viene da lontano, partendo da quella esercitata sugli animali. Per questo motivo bisognerebbe riconoscere velocemente i segnali premonitori, rappresentati dalla sopraffazione e dal possesso. Al di la chi sia la vittima sulla quale questi comportamenti vanno a impattare. Per proteggere davvero le donne bisogna saper guardare come e dove la violenza nasce, fermarla solo dopo che è esplosa in modo letale non serve alle vittime. Per questo già le prime avvisaglie sono importanti.

Le persone che nella loro vita si sono occupate di contrastare la violenza, di qualsiasi genere sia, sanno che la sua crescita è assimilabile a quanto avviene quando gonfiamo un palloncino. Lentamente aumenta di volume e cresce la sua pressione. Sino a quando improvvisamente esplode, travolgendo gli esseri più indifesi. Senza distinzione di genere o di specie ma solo allo scopo di esercitare un dominio, di ottenere il controllo delle azioni e l’ubbidienza di un altro essere vivente.

Bisogna separare quelli che sono comportamenti d’impeto, che possono avere un carattere grave ma episodico, da quelli costanti e crescenti. Alimentati dalla necessità di esercitare il dominio sulle vittime e da un senso di impunità dovuta alla limitazione delle possibilità di difesa di chi subisce l’aggressione. Non importa se la vittima sia una donna, un bambino oppure un animale o una persona anziana.

La violenza sulle donne potrebbe essere solo un punto d’approdo e non quello di partenza

Le persone violente sugli animali quasi sempre lo sono anche sui loro simili. Colpendo tutti gli anelli deboli di una catena familiare o di relazione. Non vi è distinzione di specie, la violenza diventa un modo di rapportarsi, si traduce nel bisogno di esercitare un potere che sia in grado di scacciare il fantasma delle proprie debolezze. Il soggetto abusante molto spesso nasconde le proprie paure con l’aggressività, con effetti che possono essere devastanti. Nel corpo e soprattutto nell’anima di chi subisce.

Curare una ferita del corpo può essere molto doloroso, ma le ferite che vengono inferte alla sfera emotiva della vittima sono più difficili da sanare. Possono lasciare danni permanenti, che potranno affievolirsi senza mai scomparire. Chi ha subito violenza ha vissuto un’esperienza che non potrà essere dimenticata. Resterà un tatuaggio sulla pelle dell’anima che non potrà essere in alcun modo cancellato.

Non passa giorno che non si legga di violenze in famiglia, di violenze sulle donne: poi scavando nelle notizie, specie quando si è arrivati all’aggressione mortale, si scopre altro.  Che le vittime avevano un percorso costellato da episodi violenti, alcune volte sottovalutati da loro, molte volte non tempestivamente perseguiti dalle istituzioni. E sepolti sotto un’indifferenza collettiva che spesso, nella superficialità del commento, finisce per condannare la vittima. Un atteggiamento deprecabile ma purtroppo tollerato da una società che non si indigna a sufficienza.

Creare reti di in grado di dare una risposta rapida, efficace e soprattutto mettere al riparo le vittime

Non occorrono solo leggi speciali, non credo occorra tutelare un genere in particolare. Quello che serve è comprendere che la violenza parte da lontano e pe questo non deve essere ignorata mai. Occorre creare reti di protezione efficaci e veloci, una registrazione dei segnali predittivi come la violenza su altri esseri viventi, un potenziamento di luoghi sicuri dove le persone si possano rifugiare, anche con i loro animali. Da questo incubo non ci si può salvare da soli: bisogna sentirsi accolti, protetti.

E’ dimostrato che spesso le vittime non si allontano da casa e dalla persona violenta proprio perché hanno difficoltà a trovare un posto sicuro dove potersi trasferire, anche con i loro animali. Che non solo rappresentano un grande affetto ma anche una relazione che serve a lenire il dolore di uno strappo così forte. Oltre a poter diventare indispensabili operatori nella cura delle persone che hanno subito violenza. Proprio come gli uomini possono rappresentare un porto sicuro per gli animali maltrattati.

violenza sulle donne spesso viene da lontano partendo dagli animali

Dal 2016 l’FBI ha iniziato una sistematica schedatura delle persone che commettono violenze sugli animali proprio perché negli USA questo crimine è stato ritenuto predittivo di altri e pericolosi fenomeni di violenza sulle persone. Non occorrono leggi speciali, occorre buon senso, empatia e la volontà reale di ascoltare e usare tempestivamente i segnali che arrivano dalle persone oggetto di violenza.

La violenza sulle donne è un mostro, ma molte volte uccide di più la distrazione delle istituzioni: le giornate mondiali possono servire a tenere desta l’attenzione ma la prevenzione e la cura sono fatte di azioni concrete e costanti. Non bastano parole e slogan, ma serve una tutela effettiva quanto rapida.

Il rispetto salva i viventi dalla violenza

Il rispetto salva i viventi dalla violenza

Il rispetto salva i viventi dalla violenza non le buone intenzioni, che lastricano da sempre l’inferno. Per donne, bambini e animali. Le persone non vogliono giornate mondiali, solo provvedimenti reali perché le chiacchiere dovrebbero stare a zero. Sono decenni che se ne parla, ma in concreto mancano le azioni.

Non saranno le panchine rosse o i segni di rossetto sui visi a salvare le donne, gli animali, le categorie fragili dalla violenza. Smettiamola con i luoghi comuni: le buone intenzioni non hanno mai fermato la violenza.

Serve educare le persone al rispetto, dovuto a tutte le creature viventi. Occorre crescere i bimbi con un’idea precisa di quanto sia sbagliata violenza e prevaricazione. E quanto su questo fronte occorra un impegno vero, reale fatto di provvedimenti concreti non di retorica, è sotto gli occhi di tutti.

Contro la violenza occorrono atti concreti

Basta confondere il momento dell’evento, dell’evocazione con la necessità di provvedimenti. Concreti e tangibili. La violenza non è un virus, non è contagiosa ma è una patologia purtroppo presente. Creata da cattivi esempi e alimentata da mancate azioni. Alimentata da falsi miti e combattuta spesso solo a parole.

La violenza origina da famiglie violente, dove viene praticata senza distinzione su bambini, donne e animali. E’ figlia di una società violenta dove il rispetto dell’altro viene negato, nella pratica e nella realtà. A cominciare dai tribunali, dove riti bizantini consentono a troppi di non essere puniti. Dove mancano le misure di cautela reale.

Certo bisogna insegnare alle donne a difendersi, mentre gli animali sono costretti a subire, spesso come bimbi e anziani che sono le componenti più fragili di ogni società (leggi qui). In realtà però è lo Stato che dovrebbe affermare la giustizia e che dovrebbe impegnarsi per difendere vita e diritti dei più fragili. Ma questo troppe volte non avviene, occorre smettere di negarlo per ripartire.

Troppe segnalazioni restano sulle scrivanie di persone pagate per tutelare i cittadini: per impreparazione, per sottovalutazione, per carenza di mezzi, per leggi con troppi formalismi. Ma forse il motivo diventa quasi poco importante, di fronte al dilagare di questa marea fatta di privazioni, minacce, percosse, con le mille sfumature della paura, che vanno dal timore al terrore.

Sono anni che diciamo che osservando i comportamenti verso gli animali si potrebbero capire molte cose, del salto di specie tipico dei violenti, degli animali da usare come ponte per entrare nel cuore delle vittime. Spesso le vittime diventano tali proprio per proteggere i più deboli ai quali vogliono bene. Un comportamento tipico delle donne. Con i figli, con gli animali e lo dicono le cronache, non le chiacchiere. (leggi qui)

Servono più risorse, più operatori formati e più strutture di accoglienza. Servono anche meno chiacchiere e giornate, perché alle vittime di violenza, di qualsiasi specie siano, interessa poco vedere migliaia di persone con un baffo di rossetto, se poi non sapranno a che santo votarsi nella pratica.

Resta solo la paura, il terrore, di un bambino raggomitolato nel buio, solo con la sua paura, forse senza nemmeno il conforto di un orsetto di peluche. Se è molto importante avere le leggi adeguate per aumentare le possibilità di una repressione efficace è altrettanto importante avere organi di controllo attenti.

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