Parco del Gargano combatte randagismo e ibridazione fra cani e lupi

Parco del Gargano combatte randagismo

Il Parco nazionale del Gargano combatte randagismo e ibridazione fra cani e lupi con un nuovo progetto, che punta a coinvolgere le varie realtà presenti sul territorio. Promuovendo la sterilizzazione dei cani vaganti e diffondendo i criteri di una gestione responsabile del vagantismo canino. Mettendo in campo azioni concrete per contrastare comportamenti irresponsabili.

Per poter realizzare il progetto l’ente parco si propone di creare una sinergia fra istituzioni, associazioni di volontariato e comunità locale. Mettendo in campo anche tutte le risorse necessarie per incentivare le buone pratiche, come la sterilizzazione. Il randagismo, oltre a essere una fonte di problemi per i cani, rappresenta anche un pericolo per i lupi. Che, quando convivono sullo stesso territorio con i cani, possono dar vita a fenomeni di ibridazione.

Il presidente del parco, Pasquale Pazienza, ha già tracciato una road map da seguire nei prossimi mesi per attuare concretamente il progetto. Coinvolgendo le forze di polizia che controllano il territorio, con in testa i Carabinieri Forestali, e le associazioni animaliste, ambientaliste e di protezione civile. Con il coinvolgimento indispensabile dei Comuni che ricadono nei confini del parco, che devono fare la loro parte.

Per combattere il randagismo occorre creare grandi sinergie

Appare oramai chiaro che non si possa contrastare efficacemente il randagismo operando su territori di piccole dimensioni, lasciando in mano solo ai Comuni la risoluzione del problema. Una delle principali cause del randagismo ha origine dalla mancata gestione dei cani di proprietà, lasciati liberi di vagare su un vasto territorio senza essere sterilizzati. In questo modo si moltiplicano gli accoppiamenti indesiderati e le nascite e su questo occorre far sensibilizzazione.

L’ente parco si è ispirato al progetto creato da Zero cani in canile e lo ha rimodulato secondo le esigenze di un territorio prevalentemente agricolo. Individuando una serie di azioni che messe in campo simultaneamente dovrebbero essere in grado di produrre i risultati attesi. Mettendo in atto informazione, formazione, sterilizzazioni e controlli.

Un gruppo di lavoro presso l’ente parco funzionerà da cabina di regia, per coordinare gli interventi nei diversi Comuni e per la creazione di gruppi operativi sul territorio. Attività necessaria per pianificare campagne di sensibilizzazione verso i cittadini, ma anche preso le aziende degli allevatori che operano all’interno del parco, per illustrare i progetti di sterilizzazione. Successivamente si passerà alla fase operativa che prevede l’avvio delle operazioni di sterilizzazione, con controlli sul territorio messi in campo dalle forze di polizia.

Senza trascurare una campagna informativa nelle scuole, che preveda il coinvolgimento attivo dei ragazzi. Sensibilizzazione e educazione dovranno coinvolgere anche i turisti che ogni anno visitano il Parco nazionale del Gargano. Ora occorre attendere per poter valutare il risultato di una pianificazione che, sulla carta, sembra avere tutti i requisiti per poter raggiungere buoni risultati.

Progetto Zero cani in canile

progetto zero cani in canile

Il progetto Zero randagi in canile finalmente ribalta il paradigma secondo il quale l’unico modo per combattere il randagismo sia quello di catturare i cani e di rinchiuderli dentro un canile, spesso in attesa di adozioni che non arriveranno mai.

Una modalità di gestione del randagismo pensata su basi nuove, diverse e all’avanguardia nei modi e negli scopi, che punta a creare una grande rete sul territorio. Un sistema in grado di di dar vita a un volano positivo di situazioni che svuotano i canili, riuscendo anche a creare un indotto capace di generare profitto per il territorio e non sempre per i soliti noti.

Il progetto Zero cani in canile parte da un’idea di Francesca Toto, di Vieste, che lavora come esperta di marketing per il territorio e che pensa di poter ribaltare la solita visione del randagismo che nel tempo si è dimostrata perdente: basta cani rinchiusi, si al coinvolgimento di persone, organizzazioni, aziende e non ultimo amministrazioni pubbliche. Il progetto, partito sette anni fa, si può definire senza dubbio un’idea di successo e ora sta diffondendosi come buona pratica virtuosa.

Grazie a Zero cani in canile la zona garganica ha avuto uno sviluppo senza precedenti di strutture e realtà animal friendly, dando vita a un indotto economico interessante che coinvolge una serie di operatori turistici, ma anche ristoranti, bar, organizzatori di escursioni, lidi con cani bagnini e così via. Abbattendo in modo considerevole il fenomeno del randagismo in una zona dove questa realtà costituisce una piaga.

Ma oltre a generare utili per la comunità il progetto Zero cani in canile ha dato i suoi buoni frutti anche sulla sponda dei costi di gestione, consentendo agli amministratori locali di risparmiare ingenti fondi che prima erano destinati al mantenimento dei cani in canile. Così ora il progetto non solo è in sperimentazione nella provincia di Foggia, ma approderà anche in Campidoglio per essere illustrato il 15 febbraio come idea virtuosa di gestione del randagismo.

Il percorso tracciato da questa esperienza punta sulla costituzione di una rete di canili sanitari pubblici, che purtroppo in molti casi ancora mancano in Puglia ma anche in tantissime regioni italiane, per poter applicare quanto previsto dalla normativa nazionale in materia: identificazione di tutti gli animali tramite microchip e sterilizzazione di tutti i cani catturati sul territorio In questo modo potranno essere successivamente reimmessi in aree protette grazie alla collaborazione di attività commerciali e privati, abbattendo i costi e la sofferenza degli animali.

Questo progetto ha dimostrato, dopo anni di funzionamento, che è possibile una gestione diversa del randagismo, che non veda nella segregazione dei cani in canile l’unico modo di affrontare il problema. Quella praticata sino ad ora è stata una gestione fallimentare e perdente del problema randagismo, utile ad arricchire pochi senza risolvere il problema alla collettività.

Il fallimento di questa idea di gestione, rivelatasi decisamente fallimentare, lo dimostrano non opinioni ma numeri: quelli degli animali chiusi nei canili e i dati relativi alle risorse economiche impegnate ogni anno per tenerli prigioieri, senza essere in grado di dar loro un futuro.

Solo la sterilizzazione è in grado di contrastare in modo efficace il randagismo, non le deportazioni fra regioni meridionali, non l’invio costante di cani dal sud alle regioni del nord. Bisogna chiudere il rubinetto che gonfia il fiume dei randagi, non serve spostare i prodotti di un fenomeno che non gestito correttamente continua a rigenerarsi creando un moto perpetuo che sembra inarrestabile. Il progetto Zero cani in canile è riuscito a dimostrare l’esatto contrario.

 

 

 

 

 

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