Sardegna è in fiamme
Foto di repertorio

La Sardegna è in fiamme e si sono già persi più di 20 chilometri quadrati distrutti dagli incendi. In un estate in cui i cambiamenti climatici stanno dispiegando effetti drammatici in molte parti del pianeta. In questo periodo è un continuo inseguirsi di notizie che raccontano gli effetti di un clima alterato, squilibrato dalle attività antropiche, ma anche del gravissimo ritardo nelle azioni umane messe in atto per contrastare i fenomeni.

cani falchi tigri e trafficanti

Fuoco e acqua non sono elementi soltanto di distruzione e in alcuni casi gli incendi possono portare risultati benefici legati al rinnovamento della vegetazione. Non quando sono provocati dalle azioni dell’uomo e non quando avvengono in territori già provati dal dissesto, fortemente antropizzati. In questo caso incendi e alluvioni compromettono il nostro patrimonio naturale, devastano l’ambiente e le città e mettono in pericolo gli animali selvatici e anche quelli d’allevamento.

In queste ore stanno circolando immagini di animali gravemente ustionati o morti a causa degli incendi, ma l’esibizione dei corpi straziati dalle fiamme sembra servire a poco. Infiamma gli animi, stimola empatia verso uomini e animali, ma non sembra produrre cambiamenti nel breve. Eppure è proprio di questi cambiamenti che abbiamo bisogno e ne abbiamo necessità adesso. Abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale, che faccia comprendere che per difendere i benefici dell’oggi stiamo ferendo a morte il domani.

La Sardegna è in fiamme per colpa dei promani oltre che dei cambiamenti climatici: sono davvero pochissimi gli incendi per cause naturali

Nel corso degli anni il nostro paese ha investito poco o nulla sull’educazione ambientale, sulla necessità di difendere con le unghie e con i denti il nostro capitale naturale. Questo ha prodotto una società solo apparentemente attenta alla difesa dell’ambiente, che ancora non ha capito che non possiamo più restare divisi in famiglie, cerchie amicali e parentali, ma costituiamo un’unica realtà. Che o decide di salvarsi unità oppure soccomberà divisa. Un concetto che non vale solo per l’Italia, ovviamente.

Abbiamo bisogno di avere visioni planetarie, smettere di declinare i ragionamenti dividendo il mondo in “noi” e “loro”. Quando affonderemo condivideremo sorte e disperazione, il disastro sarà comune. Gli eventi causati dalle alterazioni climatiche ci colpiranno tutti nello stesso modo. Come hanno dimostrano le alluvioni in Cina e in India, ma anche in Germania e Belgio. Il famoso “effetto farfalla” che dobbiamo smettere di sottovalutare. Si continua a affrontare il problema su base economica, su quanto ci possa costare abbassare velocemente le emissioni di gas serra. Ma quanto ci sta costando non averlo fatto?

La politica spesso ci porta a occuparci del particolare, perdendo di vista l’aspetto generale, vendendo come successi piccoli traguardi e non illustrando interamente il peso dei fallimenti. Dobbiamo investire molto di più in educazione, dobbiamo cercare di convincere sull’importanza dei gesti individuali. Iniziando a di consumare meno, a farlo con attenzione, riducendo i consumi di alimenti ad altro impatto ambientale, come le proteine animali.

Occorre mettere in campo tecnologia, prevenzione e certezza delle pene, diversamente le normative restano scatole vuote

In un’intervista a La Repubblica il generale dei Carabinieri Antonio Pietro Marzo, che dirige le unità dei Carabinieri Forestali, illustra l’uso di droni e satelliti, per sconfiggere i promani. Ci auguriamo che questa tecnologia funzioni sempre meglio e si diffonda sempre di più. Perché negli incendi di questi giorni in Sardegna qualcosa sembra non aver funzionato in modo puntuale, considerando i risultati. Forse occorre che su questi temi siano investiti più fondi e siano usati anche quelli che stanno arrivando dalla Comunità Europea.

Scoprire i piromani, arrestare gli incendiari è sicuramente importante, ma il cerchio della giustizia reale non si chiude con gli arresti ma con le condanne. Funziona soltanto con pene che possano costituire un deterrente e che non vanifichino il lavoro degli investigatori. Con processi che non si chiudano per prescrizione, perché il rapporto fra le notizie di arresti per crimini ambientali e il numero delle condanne definitive non è rassicurante. Come non lo sono gli effetti della legge sui criminali incendiari.

Dovremmo smettere di inseguire gli eventi calamitosi e iniziare a investire molto nella prevenzione, che significa occuparsi del dissesto idrogeologico, del consumo di suolo ma anche nel fare cultura. Nell’educare la società facendo comprendere i benefici, anche economici, che si possono raggiungere difendendo l’ambiente, rispettando la fauna e modificando le nostre abitudini, anche poco alla volta. Bisogna far sapere alle persone che non chiedere piccoli sacrifici, non fare interventi di periodo, che inizino anche subito e che possano produrre riduzioni del danno, costerà a tutti noi, molto, molto di più. In termini di risorse economiche ma anche di vite.

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