L’agnello e la compassione intermittente: storia crudele del mancato rispetto e della pietà relativa

agnello compassione intermittente

L’agnello e la compassione intermittente, quella che molti provano solo a Pasqua e non verso gli animali in genere. Eppure compassione e rispetto sono due sentimenti che potrebbero contribuire molto al miglioramento della nostra specie. Stati d’animo spesso sbandierati, talvolta raccontati ma non davvero provati, alcune volte suscitati solo da alcune specie, da alcune razze o da colori della pelle. Una sorta di intermittenza emotiva, un circuito altalenante e selettivo. Tant’è che non tutti gli animali generano gli stessi sentimenti.

Si potrebbe dire che compassione e empatia sono stati d’animo che abbiamo reso selettivi. Sulla base della tenerezza, del pericolo che incutono o del ribrezzo che suscitano. Quindi, se questo è il punto, questi sentimenti non devono essere visti come virtuosi, considerando che non coprono il senso della la vita come tale, ma solo quello di alcune creature. E talvolta nemmeno quelle. Durante il periodo pasquale molti si indignano per l’uccisione degli agnelli, per poi dimenticarsene, per non fare nulla per dar loro una sorte diversa.

Il claim pasquale diventa una sorta di inno alla vita degli agnelli, meno dei capretti, molto meno per i maialini e via via a scendere. Sino all’ultimo anello della catena rappresentato da pesci e affini. Mangiare agnelli a Pasqua, per chi consuma carne, non diventa così riprovevole: non vedendo differenza nella scelta e non comprendendone le motivazioni. Che invece ci sono e dovrebbero essere viste e comprese anche da quanti la carne la consumano. La limitazione del danno passa attraverso la conoscenza, non dalla difesa a oltranza dei propri piaceri o delle tradizioni.

L’agnello e la compassione intermittente: quella suscitata da alcuni animali e non da altri, senza pensare alle condizioni di vita e alla sofferenza

Come per tutti gli argomenti anche qui possono esistere concetti assoluti, come fare scelte vegane, e altri relativi come scegliere di consumare meno carne e pesce, cercando di evitare le provenienze da allevamenti intensivi. Scelte di buon senso che, come tutte le decisioni mediate, spesso non piacciono a nessuno. Non ai vegani, che le giudicano troppo facili e non risolutive, non a chi pensa che gli animali siano allevati per finire in pentola. Eppure oggi sono queste scelte a fare la differenza.

Nel cibarsi di animali ci possono essere decisioni che potrebbero migliorare le cose: un agnello resta sempre un cucciolo, ma se non venisse trasportato come se si trattasse di un carico di bulloni sarebbe certo meglio. Invece è proprio questo che avviene: animali strappati alle madri, fatti viaggiare in condizioni disumane e macellati peggio del solito. L’aumento della richiesta è come il sonno della ragione, genera mostri. Con pochi, pochissimi controlli su trasporto e macellazione. Un motivo universale per non mangiare agnelli e capretti.

Bisogna spendersi di più per informare le persone, per far loro capire come il mancato rispetto e una pietà ondivaga non vadano bene. Con una comunicazione che abbia il coraggio di non parlare solo alla pancia delle persone ma anche alla loro testa. L’emozione è passeggera, può crescere di fronte a una foto e scomparire leggendo un menù: il cervello crea spesso dicotomie. Per questo bisogna parlare alla testa: le convinzioni sono meno temporanee delle emozioni.

Diffondendo la cultura del rispetto si crea consapevolezza e non solo emozione: le due cose unite amplificano il risultato

La comunicazione sceglie spesso le frasi emotive, quelle che fanno scattare il click o la donazione. Se si privilegia la ragione il risultato è più difficile da raggiungere rispetto all’emozione. Un esempio che conosco bene: quando ho tolto la pubblicità dal blog ho detto che era per rispetto dei lettori, stimolando a offrire una piccola cifra per sostenere questo sforzo. Il risultato dopo molti mesi è che ho ricevuto offerte per ben 2,5 euro. Eppure il rispetto del lettore è un argomento forte, quando viene compreso. Ma va benissimo così.

Troppo spesso le scelte le decide il marketing perché tutti si occupano di raccogliere fondi, anche le cause più nobili. Ma credo occorra mediare fra la corretta informazione, quella che fa crescere la consapevolezza, e la pura raccolta di fondi. Che va benissimo per situazioni emergenziali come la guerra, dove non c’è il bisogno di convincere alcuno che i conflitti siano di per se orribili, dove basta raggiungere l’obiettivo economico e avere la coerenza di rispettarlo.

Quando lo scopo, invece, è quello di raccontare situazioni per essere artefici di un cambiamento allora il comportamento deve essere diverso. Il cardine dell’operazione deve diventare l’errore di consumare animali provenienti da situazioni crudeli, non la raccolta fondi che passa a essere una subordinata. In questo modo si avranno forse meno donazioni, ma si sarà contribuito a creare nuove convinzioni. Quelle che servono a cambiare la società, quelle che ci potrebbero traghettare verso una collettività più attenta ai diritti. Diversamente si crea il marketing che accresce la temporanea illusione di aver combattuto un errore tragico; non quello di mangiare agnello (o non solo) ma quello di far viaggiare anime animali anziché carni, come si chiede da tempo.

Cruciani ostenta gli agnelli morti coprendosi di ridicolo

Cruciani ostenta gli agnelli morti coprendosi di ridicolo

Cruciani ostenta gli agnelli morti coprendosi di ridicolo, con il solito gusto trash di una trasmissione, La zanzarache deve i suoi ascolti fondamentalmente al cattivo gusto e alla volgarità che il conduttore cavalca senza limiti.

Il gruppo del Sole 24ore, che naviga borsisticamente e non solo in acque agitate, non si preoccupa troppo di essere la voce di Confindustria quando si tratta di ascolti. Per questo anche un programma trash come La zanzara resta solidamente ancorato ai palinsesti. Dimostrando quanto ci sia bisogno di cultura e di crescita.

Non è certo la prima volta che Cruciani, dichiarato nemico di vegani e animalisti, assume posizioni estreme, conscio che questo modo di fare radio stimola quelle risse tanto care al pubblico che, inutile negarlo, segue lui e la sua spalla David Parenzo con incredibile passione. Non è un giornalista, in fondo ha comportamenti da imbonitore da mercato più che da conduttore, non è un uomo di satira, non è certamente un uomo di cultura però in questo paese mediocre vive. E vive bene, temo.

Cruciani ostenta gli agnelli morti coprendosi di ridicolo ma nel contempo stimola la crescita dell’audience. Questa Pasqua gli agnelli sono i trionfatori delle cronache, della politica, della televisione: se ne parla dappertutto grazie a un mutato sentire degli italiani, molto più attenti alla sofferenza animale.

Però sulla vita degli agnelli e sulle sofferenze che subiscono alla nascita, nei trasporti e nelle operazioni di macellazione che non rispettano troppo spesso la normativa, specie quando si devono macellare un numero elevato di animali, non specula solo la filiera produttiva e Giuseppe Cruciani. Ci giocano anche i politici, molti ponendosi sull’altro fronte della barricata, trasformandosi in testimonial delle campagne animaliste. Ci giocano i programmi televisivi che si inventano improbabili sfide fra pancia e etica, con scontri che fanno audience e una qualità talvolta molto discutibile.

Parlarne aiuta le persone a riflettere solo se questo avviene senza esasperazioni. Gli eccessi portano le persone a chiudere i canali di ascolto, a cambiare programma o pagina. Abbiamo necessità di informare sulla sofferenza ma non serve esaltarla. La presentazione della realtà non ha bisogno di enfatizzazioni drammatiche, di termini a effetto. Bastano le immagini delle inchieste e parole semplici. La sofferenza può essere descritta con parole pacate, anche se pesanti come pietre. Mi vengono in mente quelle, toccanti e indimenticabili di Primo Levi in Se questo è un uomo:

Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.

Sulla sofferenza, umana e animale, non si può scherzare mai. Non si irride la paura, il dolore, la stanchezza e la morte. Mai e per nessun essere vivente. Il rispetto verso l’essenza della vita deve portare a comportamenti compassionevoli verso gli animali, anche se si è onnivori, in particolar modo se si è onnivori. Bisognerebbe almeno aver rispetto verso chi viene sacrificato per le necessità umane.

Cruciani ostenta gli agnelli morti coprendosi di ridicolo e lo fa in nome dell’audience e del profitto. Comunque la richiesta di carne di agnello è calata del 30%, un ottimo risultato.

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