Troppi cani sono maltrattati

Troppi cani sono maltrattati

Oramai con cadenza quasi quotidiana escono sulla stampa casi di cani che si rivelano aggressivi nei confronti dei proprietari o di estranei. Con conseguenze molte volte anche serie, che comportano danni permanenti dei quali i cani quasi mai possono essere considerati i veri responsabili.

Sono l’effetto, ma non la causa: questa va ricercata nelle condizioni in cui questi cani vengono tenuti. I giornali, dopo ogni episodio scrivono articoli, spesso senza criterio ma con molto sensazionalismo, come accade quando parlano di lupi.

In fondo bastano due o tre parole chiave per fare un articolo di successo: belva, sbranato, azzannato. Senza farsi domande, senza interrogarsi, usando lo storytelling che piace oggi: molto ad effetto, violento e con pochi ragionamenti.

Il cane inferocito si è accanito sui due bambini indifesi, causando ferite profonde a entrambi. La mamma li aveva lasciati con la sorella maggiore, che si è spaventata così tanto guardando l’aggressione che è svenuta dallo spavento. Per fortuna erano presenti anche alcuni residenti che hanno assistito alla terrificante scena e sono immediatamente intervenuti, riuscendo a staccare la presa dell’animale dai corpicini dei piccoli.

Il Giorno – 13/04/2019 Articolo di Sonia Ronconi

Troppi cani sono maltrattati, eppure il cane feroce é come il lupo cattivo

Non esistono cani feroci, esistono cani mal gestiti, mal custoditi, che hanno subito maltrattamenti che li hanno resi aggressivi. Per capirlo bisogna accettare una realtà: come accade per gli uomini i maltrattamenti non sono solo fisici. Esistono anche dei maltrattamenti ambientali: quelli che si realizzano tenendo cani in spazi ridotti, senza farli socializzare, senza sapere nulla delle loro esigenze.

Senza rendersi conto delle loro potenzialità o, peggio, cercando di esaltarne l’aggressività. Per trasformarli in armi. Questi maltrattamenti ambientali invece passano in secondo piano sia nel dettato della normativa che nell’interpretazione che molto spesso polizia giudiziaria e pubblici ministeri danno del termine maltrattamento.

Ma se su un cane di taglia piccola l’aggressività può comportare piccoli danni, in un cane di taglia grande la realtà cambia. Completamente. E il morso non è più causa di micro lesioni ma talvolta di gravissime ferite quando non è causa di morte.

A quel punto il cane viene classificato come pericoloso, aggressivo, capace di uccidere. Probabilmente andando a scavare in ogni storia che parla di lesioni a umani si potrebbe scoprire il ripetersi di una o più condizioni identiche, che seppur segnalate alle autorità non portano a risultati che possano tutelare animali e persone.

Per motivi di attenzione, di sensibilità ma non ultimo anche di costi: un cane maltrattato andrebbe, infatti, sottratto al proprietario, per tutelare l’animale ma anche per evitare conseguenze.

Soltanto che l’azione resta coniugata al condizionale: andrebbe. Il sequestro di un animale costa soldi e i canili, anche al Nord, sono pieni cani di grossa taglia abbandonati o sequestrati. Cani che difficilmente riescono a trovare adozione, specie i molossoidi. Questo significa costi per le amministrazioni e una reclusione infinita per i cani.

Chi paga i sequestri dei cani maltrattati?

In via teorica i sequestri fatti in base alla normativa penale dovrebbero essere posti a carico delle Procure della Repubblica, sino alla chiusura indagini. Successivamente se verrà disposto il rinvio a giudizio dell’indagato il costo dovrà essere messo a carico del capitolo di spesa dei tribunali.

Ma molto spesso questa è solo la teoria, perché i soldi non ci sono e così gli animali sequestrati finiscono quasi sempre a gravare sulle casse comunali. Oppure su quelle delle associazioni che per non far ritornare gli animali ai proprietari si accollano i costi.

Questa situazione lega molto spesso le mani delle Polizie Locali che, rispondendo ai Comuni devono coniugare attività di polizia e costi derivanti da queste. I comuni, per certo, non gradiscono infatti di doversi fare ulteriore carico dei cani, tenendo presente quanto già spendono per le conseguenze del randagismo.

Quindi questa situazione, assurda, finisce che la pagano animali e cittadini: i primi restando nelle mani di proprietari inadeguati, i secondi rischiando di essere aggrediti dal cane del bullo del quartiere.

Troppi cani sono maltrattati, non considerando i loro bisogni

Bisognerebbe rendersi conto che il possesso di un animale non può e non deve essere visto come un diritto garantito. Si dovrebbe poter tenere un cane solo se si dimostra di poterlo tenere in condizioni di benessere e lo si può prendere solo se si è superato un esame.

Questo direbbe il buon senso, questo significherebbe tutelare davvero gli animali, senza far gravare i costi dell’inadeguatezza dei proprietari sulla comunità.

Invece si ingigantiscono piccoli fatti, si minimizzano i fatti gravi e nulla succede. Continuando a permettere la libera detenzione degli animali in assenza di una valutazione dei requisiti dei proprietari.

Occupandosi solo delle conseguenze derivanti da comportamenti sbagliati nel gestire il rapporto fra uomini e animali. Un errore politico pagato giornalmente da animali e cittadini, a 360 gradi.

Il traffico di cani cambia pelle ma la crudeltà è la stessa

Il traffico di cani cambia pelle

Stop agli allevamenti di cani in batteria

Una nuova inchiesta sul traffico dei cani realizzata dall’associazione inglese Dogs Trust svela i retroscena del traffico di cani provenienti dall’Ungheria e dalla Lituania.

Un’altra inchiesta dopo quella realizzata dalla trasmissione Falò prodotta dalla tv svizzera RSI, già oggetto di un articolo su queste pagine.  In quel caso erano stati ripresi i trafficanti in Slovacchia e il totale disprezzo per ogni norma, sanitaria e di tutela del benessere dei cuccioli.

I trafficanti hanno ripreso ad utilizzare gli stessi sistemi che erano stati scoperti grazie a un’indagine congiunta della Guardia di Finanza di Bologna e delle Guardie Zoofile ENPA del nucleo di Milano fin dal 2005, che aveva permesso di accertare come i cani provenienti da Ungheria e Slovacchia arrivassero in Italia già muniti di microchip italiano e venissero denunciati all’ENCI, in particolare in Emilia Romagna, come nati nel nostro paese.

Grazie a un’investigazione fu possibile scoprire che la casa produttrice dei microchip li vendeva a grossisti italiani, che a loro volta li cedevano a società commerciali di San Marino che, sfruttando l’extra territorialità della repubblica del Titano, li spedivano in Ungheria e Slovacchia senza lasciare traccia. Vere e proprie triangolazioni fatte con gli identici sistemi che usano i criminali che trafficano in droga, armi, rifiuti tossici o animali in via d’estinzione; un’ulteriore dimostrazione del fatto che tutti i crimini trasnazionali impiegano non solo sistemi analoghi ma che molto spesso vedono coinvolti nei traffici i medesimi soggetti.

Il traffico dei cuccioli dilaga e le inchieste hanno finalmente dimostrato quello che purtroppo non può essere usato come prova nei tribunali: tutti i cuccioli sono molto più piccoli di quello che appare dai documenti, quasi nessuno viene vaccinato realmente in quanto i cani sono troppo giovani, i trafficanti possono identificare gli animali con i microchip di nazioni diverse e anche con passaporti di altri paesi.

Insomma in questo commercio sembra che l’unica cosa vera sia la sofferenza dei cani, sia per le condizioni di allevamento che per tutto quanto devono subire i cuccioli, mentre non vi è alcuna certezza sui documenti e sulle vaccinazioni, aumentando il rischio già molto concreto che questo commercio illegale diventi un veicolo di diffusione del virus della rabbia, una zoonosi mortale per l’uomo, quasi definitivamente sconfitto nell’Europa dei 9, ma ancora diffuso nei paesi dell’Est.

Per questo la Direzione di Sanità della Comunità Europea si sta attivando per ottenere un irrigidimento della normativa ed anche per l’inasprimento delle sanzioni, che purtroppo sono ancora di competenza dei singoli stati membri.

Guardando l’inchiesta realizzata da Dogs Trust vi potrete rendere conto come i cuccioli che vengono venduti nei negozi, anche se identificati con microchip italiano, possano essere in realtà provenienti da qualsiasi paese dell’Est Europa visto che questa è attualmente la nuova frontiera del traffico.

Piccole importazioni di 5/8 cani per volta, trasportati in auto o in pulmini adibiti al trasporto di persone, senza nessuna comunicazione TRACES, senza reali vaccinazioni: i maggiori costi saranno poi recuperati dai commercianti senza scrupoli grazie all’aumento del prezzo di vendita che potranno incassare grazie al fatto che i cani risulteranno essere italiani e potranno essere venduti a soli 60 giorni di età.

 

Il Natale è alle porte, ma ricordate che un animale non si regala, si adotta e non si compra ed è un rapporto che deve durare per sempre. Non siate complici di questi traffici, non aiutate le organizzazioni criminali: se la domanda decrescesse fino a sparire il traffico dei cuccioli cesserebbe per incanto. 

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