Ci sono volute davvero molte attenzioni e un grande impegno per far si che l’orsa potesse raggiunge un traguardo cosi importante. Per una specie endemica come l’orso d’Abruzzo, dove ogni singolo esemplare ha un enorme valore per la sua comunità e per garantire il futuro della sottospecie. Per tutelare l’orsa e la sua numerosa prole il Parco ha messo in campo tutte le sue energie. In un anno come quello appena trascorso dove, in piena pandemia, la montagna ha avuto un incremento esponenziale di presenze.
Un costante monitoraggio dell’orsa più famosa d’Italia, nota per le sue “scappatelle” anche nei centri abitati per cercare i suoi frutti preferiti, le ciliegie. Senza fare male a nessuno, suscitando al massimo lo stupore di chi non aveva mai visto prima un orso dentro un paese. Ma quest’anno era diverso: l’orsa doveva preoccuparsi dei suoi cuccioli, difendendoli dagli attacchi dei maschi e dalle pressioni di turisti e fotografi. Giovani orsi che resteranno sotto la tutela materna ancora per un paio di anni, perché in questa specie le cure parentali richiedono tempo.
L’orsa Amarena con i quattro piccoli è stata sempre sotto lo sguardo attento di Guardie del Parco e Carabinieri Forestali
Raggiungere la stagione del letargo con tutti i suoi cuccioli ha rappresentato per il PNALM un grande successo, che ha premiato le fatiche. Con momenti in cui l’orsa non sapeva più da che parte andare a seguito dell’eccessivo disturbo. Il periodo del letargo consentirà gli ex cuccioli di uscire a primavera con un anno sulle spalle. Che significa avere maggiori possibilità di crescere e diventare adulti, considerando che il tasso di mortalità è molto alto nel primo anno di vita.
Un successo reso possibile dalla vigilanza di guardiaparco e militari dell’Arma, ma anche della stretta collaborazione fra la direzione del Parco e i sindaci dei Comuni subito fuori dall’area protetta. Dove Amarena ha trascorso lunghi periodi protetta da ordinanze e divieti di accesso imposti dalle autorità amministrative della fascia di rispetto. In un territorio che da tempo ha compreso il valore del nostro capitale naturale, dal cervo all’orso, dal camoscio al lupo. Senza distinzioni, ben comprendendo che è proprio la biodiversità a garantire l’equilibrio.
Questo evento avrebbe potuto essere vanificato da comportamenti irresponsabili, messi in atto forse in buona fede da persone che ritenevano di essere amanti della natura. E che lo avrebbero voluto certificare magari attraverso un post sui social, che sono diventati la causa di tantissimi comportamenti irrispettosi nei confronti degli animali. Per fare un video si inseguono gli animali in macchina, ci si avvicina troppo, li si bracca con un atteggiamento predatorio. Mettendoli in pericolo ma anche rischiando una denuncia.
Il Parco ha sempre mantenuto un comportamento molto fermo, dove la tutela degli animali veniva prima di ogni altra esigenza, comprese quelle dei turisti
In questi sei lunghi mesi, come Parco, abbiamo fatto una scelta, quella di rinunciare all’utilizzo di foto e video di orsi (tanto meno di Amarena e dei suoi cuccioli) sui social e sulle nostre pagine istituzionali, fatta eccezione per alcuni casi in cui è stato strettamente necessario. È stata una scelta di natura etica, sulla quale abbiamo ragionato a lungo, consapevoli del forte valore comunicativo e divulgativo delle immagini e proprio in seno a questa consapevolezza abbiamo ritenuto che fosse nostra responsabilità dare un segnale forte, andando in direzione ostinata e contraria.
Ostinata nel credere, soprattutto nel 2020, che il vero valore di una fotografia debba essere del tutto determinato dall’etica, dalla modalità e dal contesto in cui essa viene scattata ed utilizzata.
Contraria, sempre e comunque, nel cedere il passo alla vuota spettacolarizzazione della Natura e della sua fruizione, sacrificando scienza, equilibrio e sostenibilità in cambio di visibilità e, perché no, ritorno economico.
E non si deve pensare che le “scappatelle” in paese di Amarena, un fatto sicuramente negativo e non voluto che rientra nell’ineluttabile, siano frutto di attività di incoraggiamento. Quelle che contribuiscono a fare arrivare gli animali selvatici sempre più vicino alle case. Situazioni che possono dipendere dalla mancanza di difesa di pollai, arnie e stalle per arrivare fino alla cattiva, quando non pessima, gestione dei rifiuti.
Bisogna capire che convivenza non significa vicinanza forzata o indotta, ma bensì uso comune e rispettoso delle risorse quali territorio, cibo, garanzia di potersi spostare e disperdere sul territorio.
Il presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, ha attuato una crociata contro gli orsi. Ordinando la cattura di M49, evaso per ben due volte dal centro dove è rinchiuso. Disponendo prima l’abbattimento e poi la sola cattura per l’orsa Jj4. Che ricordiamo vive da anni in Trentino senza aver mai creato problemi, sino all’estate scorsa. Quando per difendere i suoi cuccioli è rimasta coinvolta in una scaramuccia con due residenti. Un attacco difensivo che aveva il solo scopo di spaventare gli intrusi e che sarebbe stato possibile evitare con comportamenti più accorti dei due uomini.
Ma se il Consiglio di Stato manda l’orsa Jj4 e i suoi cuccioli in letargo, il loro destino non è ancora certo
Il decreto emesso dal presidente della Terza Sezione del Consiglio di Stato, Franco Frattini, ripercorre l’intera vicenda dell’orsa. Partendo dai due distinti episodi in cui l’animale avrebbe avuto comportamenti aggressivi nei confronti di due escursionisti, prima, e di due operai forestali poi. Evidenziando come quanto accaduto si sarebbero potuto evitare se i responsabili avessero seguito le direttive fornitedella stessa amministrazione. Fatto particolarmente grave quando i comportamenti, che hanno causato uno dei due episodi, risultano essere stati messi in atto da dipendenti provinciali.
(…) la seconda relazione, questa volta effettuata allorché l’ordine di abbattimento era stato sostituito a quello di captivazione, desume la pericolosità tale da imporre la captivazione definitiva da azioni descritte dai due dipendenti forestali nel riferire sul “falso attacco”, che indicano negli stessi operatori, e per loro stessa dichiarazione, il compimento di azioni che rappresentano l’opposto di ciò che le stesse istruzioni della Provincia di Trento raccomandano alla generalità dei cittadini (e ovviamente anzitutto agli operatori forestali) e cioè: atti di disturbo (suono del clacson ) in particolare quando gli orsi si nutrono nel periodo anteriore al letargo; avvicinarsi nel bosco fitto a un’orsa con cuccioli (come detto, per verificare “cosa stesse mangiando”) mentre gli stessi mangiano; non correre o fuggire in presenza dell’orso, restare fermi o allontanarsi lentamente – come raccomandato in tutta la cartellonistica provinciale disseminata nella stessa Provincia delle aree frequentate da orsi.
Tratto dal Decreto del Consiglio di Stato del 12 ottobre 2020
L’ordinanza di Fugatti viene smontata pezzo dopo pezzo, evidenziando incongruenze e abusi
Il decreto del Consiglio di Stato stabilisce che la sentenza definitiva sarà emessa nell’udienza collegiale del 19 novembre. Quando con molta probabilità l’orsa Jj4 e i suoi cuccioli saranno già andati in letargo. Quale che sia, quindi, la decisione del Consiglio di Stato per un’eventuale cattura se ne dovrà riparlare a primavera. Ma leggendo il dispositivo emergono molte contraddizioni, erronee valutazioni e omissioni. Grazie a una disamina più che attenta fatta dal presidente Frattini sui documenti prodotti dalla Provincia.
Peraltro se Jj4 fosse stata catturata dai Forestali non avrebbe potuto essere rinchiusa a Casteller, considerando le precarie condizioni di detenzione dei tre plantigradi già presenti nel centro. Un’ulteriore dimostrazione di decisioni prese in modo frettoloso e approssimativo. Nulla a che vedere con una corretta gestione della popolazione di orsi, ma bensì con posizioni dettate esclusivamente da scelte politiche.
Adesso è necessario che l’amministrazione si occupi di garantire il benessere degli orsi che ha già catturato, secondo molti senza una reale motivazione. Da tempo il ministro Sergio Costa chiede che siano rimessi in libertà, ma sembra giunto il momento per rivedere anche l’intero progetto, valutando le ragioni per le quali sia diventato solo una ragione di conflitto. Mentre avrebbe potuto essere anche un motivo di sviluppo legato all’ecoturismo, sempre più compromesso dall’immagine che il Trentino da al mondo di se.
L’orso Papillon/M49 è diventato una star internazionale, mentre sono sempre più le azioni di boicottaggio del Trentino
Il paragone fra Trentino e Abruzzo risulta inevitabile, anche si tratta di realtà diverse, per un territorio caratterizzato da ambienti meno antropizzati. Gli orsi marsicani, a differenza di quelli reimmessi in Trentino, convivono da sempre con gli abruzzesi, che li considerano non come presenze ostili ma quasi come componenti di una famiglia allargata. Che si divide gli spazi con attenzione e rispetto grazie a una popolazione consapevole dei benefici, anche economici, garantiti dalla presenza degli orsi.
In Abruzzo ogni orso ha un nome, mentre in Trentino sono riconosciuti solo tramite le sigle alfanumeriche del progetto di reintroduzione. Potrebbe sembrare un particolare insignificante, ma non è così: a un nome viene sempre abbinato un individuo, che diversamente resta spersonalizzato, come una cosa. E l’orsa più famosa del parco d’Abruzzo ora è Amarena, con i suoi quattro cuccioli, che tutti si augurano possano andare presto in letargo. Interrompendo le incursioni dell’ingombrante famigliola nei centri abitati, fatto che non ha mai impensierito troppo i residenti.
A onore del vero non tutti i trentini manifestano ostilità contro gli orsi, anzi molti residenti sono contenti della loro presenza. Che non potrà aumentare a dismisura, ma seguirà le dinamiche di una popolazione con scarse possibilità di espansione. A causa dell’assenza dei corridoi faunistici necessari per consentire la loro disseminazione in altre zone dell’arco alpino.
Per una convivenza intelligente sarà però necessario chiudere questo periodo di ostilità, del tutto improduttivo di risultati. Cercando di capire gli errori commessi nell’attuazione del progetto, come la scarsa informazione alla popolazione e la cattiva gestione dei rifiuti, che porta gli orsi ad avvicinarsi troppo ai centri abitati, come accaduto recentemente a Andalo.
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