La Lombardia ha provato in tutti modi ad agevolare il mondo venatorio, usando gli sistemi corsari adottati dalla Regione Sicilia. Del resto il 3 ottobre il capoluogo lombardo vota per le elezioni amministrative, quindi la corsa contro il tempo era davvero disperata. Con un decreto urgente oggi il presidente della quarta sezione del TAR, Gabriele Nunziata, ha accolto la richiesta di sospendere l’efficacia del calendario venatorio. Stabilendo la chiusura immediata dell’attività venatoria che si era aperta solo ieri.
Un provvedimento doveroso contro un azione vergognosa messa in atto dalla politica lombarda, con i consueti sistemi indegni di un paese civile. Sostenuti dalla certezza dell’impunità perché ben difficilmente gli amministratori sono chiamati a rispondere delle loro azioni. Questo gli permette di usare i soldi dei contribuenti per varare provvedimenti inaccettabili, che sono regolarmente cassati dalla giustizia ammnistrativa.
Ora in Lombardia i cacciatori impallinati dal TAR non saranno così riconoscenti alla politica.
Riprende in Lombardia la guerra alle volpi, che non si ferma nemmeno in tempi difficili come questi. La Regione infatti ha presentato ricorso contro la sentenza del TAR che aveva sospeso il piano di abbattimento della provincia di Lodi. Una decisione che sconcerta, in parte per il periodo che non sembra essere il più opportuno per destinare fondi e tempo a questo capitolo, ma in parte anche per la scelta.
Il ricorso presentato dalla Regione infatti non riguarda una sentenza che annulla una delibera regionale ma bensì una sospensiva, in attesa di una decisione nel merito. Che il Tribunale amministrativo lombardo avrebbe preso da qui a qualche mese. Evidentemente l’amministrazione lombarda neanche in questa situazione ritiene di poter fare a meno di accontentare il mondo venatorio.
La caccia alle volpi in modi non previsti non è sicuramente una priorità regionale
Come è stato detto più volte le volpi rappresentano, come tutti i predatori, un anello importante della catena alimentare. Svolgendo un ruolo di selettore naturale delle popolazioni di diverse specie, fra le quali nutrie e conigli selvatici. Ma se le nutrie non interessano i cacciatori diverso è il discorso per i conigli e, soprattutto per i fagiani, le altre possibili prede. Che vengono lasciati proprio in primavera per farli riprodurre, situazione che però ben difficilmente si concretizza.
I fagiani che vengono liberati sono poco diversi dai polli di allevamento. Con scarsa possibilità di riprodursi e con difficoltà legate spesso anche alla loro stessa sopravvivenza. Animali allevati che molte volte non riescono a procurarsi il cibo per sopravvivere, essendo abituati ai mangimi che gli sono dati in allevamento.
Peraltro non è difficile prevedere, vista l’emergenza sanitaria, che sarà quasi certamente impossibile poter pensare a un veloce ritorno alla normalità. Anche per quanto riguarda l’attività legata alla caccia. Insomma almeno in questa occasione la Regione Lombardia poteva fare delle scelte più oculate e rispettose delle leggi, che vietano abbattimenti con metodi e tempi indicati dal provvedimento impugnato.
Ora sarà il Consiglio di Stato a dover confermare la sospensiva disposta dal TAR della Lombardia, che avrebbe comunque emesso la sentenza il prossimo luglio. Un inutile e ingarbugliata sovrapposizione, considerato che la Lombardia poteva sempre ricorrere contro la sentenza definitiva, qualora avesse confermato i criteri esposti in sospensiva.
Restano chiusi i roccoli lombardi, definitivamente si spera dopo l’ennesima bocciatura che il TAR ha inflitto alla Regione Lombardia. Dopo la sospensiva che aveva sospeso l’efficacia della delibera regionale arriva ora la sentenza, tombale per questa stagione. I roccoli resteranno chiusi e dovrebbero restare chiusi per sempre.
La Lombardia da anni ripete delibere illegali in materia di caccia e da anni prende sonori schiaffoni dal tribunale amministrativo regionale ma non solo. Identiche prese di distanza dagli atti, illegali, lombardi erano arrivate dal governo centrale e dalla Commissione Europea. Ribadendo sempre gli stessi concetti, preannunciando le stesse misure e sanzioni.
Anche quest’anno il ricorso presentato al TAR da parte delle associazioni ENPA, LAC, LAV, LIPU e WWF ha trovato puntuale accoglimento, sempre per le identiche ragioni, sempre con le stesse censure.
Dopo la definitiva (forse) chiusura dei roccoli ora occorre vietare la caccia da appostamento
Se la chiusura dei roccoli è stata una vittoria del buonsenso ora occorre mettere la parola fine alla caccia, iniziando da quella d’appostamento che rappresenta la peggiore. Una forma di caccia vergognosa, dove si spara agli uccelli come ai bersagli di un luna park.
Occorre presentare anche una modifica legislativa, che coinvolga la responsabilità degli amministratori locali quando continuano a ripetere atti che sono stati già oggetto di bocciature. Diversamente si crea un’impunità di fatto inaccettabile nei confronti di chi, con volontà, cerca consenso elettorale promuovendo attività illegali.
Bisogna interrompere il rapporto malato che lega politica e mondo venatorio e in questo caso, ancora una, volta Lega di Salvini e cacciatori. I leghisti infatti sanno che quello è un bacino di voti che non tradisce e cercano di assecondarlo.
Intanto le reti restano in freezer, congelate dalla sentenza del TAR
Gli elettori leghisti non cacciatori, ma non solo gli elettori leghisti, inizino a scegliere partiti e candidati che vogliano davvero attuare politiche green, smettendo di dichiararlo soltanto e passando a atti concreti. Affermanco con chiarezza che la questione “riapertura roccoli” è stata chiusa per sempre.
Abbiamo bisogno di coerenza, di lealtà nei confronti degli elettori che chiedono a gran voce un maggior rispetto dell’ambiente. Gli stessi, che con una maggioranza trasversale, vorrebbero vedere chiusa per sempre la caccia in Italia.
Seguirà fra qualche tempo la decisione sul merito che, molto probabilmente, annullerà la delibera. Il ricorso, presentato da ENPA, LAC, LAV, LIPU e WWF, è stato patrocinato dall’avvocato Claudio Linzola, un nome ricorrente nelle cause ambientali.
Questa iniziale vittoria ripropone ancora una volta il problema dell’arroganza della politica. Infatti il balletto dei richiami e degli impianti di cattura va avanti da anni e vede costantemente la Regione Lombardia soccombere nei procedimenti di fronte al tribunale amministrativo.
Uno dei cardini delle costanti sconfitte si basa proprio sui metodi di cattura, ritenuti non selettivi in quanto nelle reti viene catturato di tutto. E poco importa se poi gli uccelli rimasti impigliati vengano liberati, con tutti i danni e le sofferenze del caso.
La riapertura dei roccoli è avvenuta con il parere negativo di ISPRA
Il TAR lombardo chiude i roccoli anche perché, oltre alla mancata selettività dei metodi di cattura, il parere tecnico di ISPRA è, da sempre, contrario a questa attività. Un parere obbligatorio per legge, seppur non vincolante. Ma questo non è bastato alla Regione Lombardia per evitare di cercare strade illegali per accontentare i cacciatori.
L’attività politica è insindacabile, salvo che venga provato che dietro questi atti si celi un accordo che promette utilità di qualsiasi genere al politico. In questo caso sicuramente il vantaggio esiste ed è elettorale, costituito dalla possibilità di avere consenso quando ci saranno le elezioni.
Ma si tratta di un patto non provabile, fra i politici, capitanati dall’assessore all’agricoltura Fabio Rolfi, da sempre vicinissimo al mondo venatorio, e le associazioni di categoria dei cacciatori. Un modo di fare attività politica davvero squallido, quando si ha l’arroganza di rinnovare decisioni già dichiarate illegali. dai tribunali. Costringendo le associazioni a presentare un ricorso all’anno su questo tema.
La politica calpesta le leggi con volontà e determinazione
Contro questa politica gli elettori hanno solo un’arma, che devono esercitare al di la di quello che può essere il loro pensiero su roccoli e richiami. Un cittadino responsabile dovrebbe mandare a casa tutti i politici, di qualsiasi schieramento, che usino il potere in modo tanto disinvolto e contro i diritti della maggioranza.
Decidere di fare atti illegali in modo scientifico -dopo tanti la reiterazione di queste delibere illecite non può essere giudicata diversamente- significa mettersi sotto le suole delle scarpe legalità, diritti e buone prassi. Significa esercitare con arrogante protervia il potere e, per questo motivo, i cittadini li dovrebbero mandare a casa.
Non si può continuare ad accettare che la cosa pubblica sia amministrata secondo logiche basate su interessi politici e non sulla volontà di assicurare il bene comune. Solo per agevolare piccole componenti minoritarie. per averne un tornaconto politico.
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