Caccia in Sicilia bloccata nuovamente sino al 2 ottobre dal TAR di Catania

Caccia in Sicilia bloccata

Caccia in Sicilia bloccata dal 13 settembre al 2 ottobre, dopo la nuova ordinanza del Tribunale amministrativo di Catania. Il nuovo stop è stato imposto dopo che l’assessore regionale, che si era visto bloccare il precedente atto lo aveva sospeso. Riproponendo un nuovo calendario per aggirare l’ostacolo. Una manovra molto disinvolta, sia sotto l’aspetto giuridico che politico. Le associazioni ambientaliste hanno così impugnato nuovamente il calendario e il TAR lo ha bloccato per la seconda volta.

cani falchi tigri e trafficanti

Il comportamento arrogante della regione non deve essere piaciuto al presidente del TAR di Catania, che ha nuovamente disposto la sospensiva. Ora sarebbe opportuno che ci fosse un’attivazione della magistratura ordinaria, per valutare il comportamento dell’assessore. Inaccettabile sotto il profilo della buona gestione delle istituzioni. Un gesto plateale che è servito a far sparare qualche giorno prima del 2 ottobre, data indicata da ISPRA per l’apertura della caccia. In una regione che è stata devastata dagli incendi.

Difficile insegnare il valore del rispetto della legge se la politica si comporta in questo modo. Disprezzando le decisioni della magistratura al solo scopo di agevolare i cacciatori. Fortunatamente questa ulteriore pronuncia del tribunale amministrativo dovrebbe aver messo un punto fermo. Caccia vietata sino al 2 ottobre.

Caccia in Sicilia bloccata, con la politica che scivola sull’arroganza

La morale di questa vicenda lascia comunque l’amaro in bocca. In un paese che ha spesso ha amministratori troppo disinvolti per poter restare al loro posto. Con una classe politica che raramente paga il conto della cattiva amministrazione, degli interessi e dei favori. Politici disposti a passare sopra legge e buon senso pur di essere rieletti, trasformando in commedia una tragedia come gli effetti degli incendi e la siccità. L’Italia non potrà fare passi in avanti sino a quando gli elettori non pretenderanno candidati e programmi basati sul rispetto della legalità e dell’interesse comune.

Questa piccola battaglia di legalità è stata vinta, ma la caccia avrebbe dovuto restare completamente chiusa quest’anno. Per tutelare la fauna, per mettere nella giusta considerazione un’attività che è soltanto un gioco, di pochi, che danneggia un bene collettivo.

Caccia e arroganza in Sicilia beffano il TAR riaprendo la stagione venatoria

Caccia arroganza Sicilia

Caccia e arroganza in Sicilia vanno sottobraccio, utilizzando metodi che sembrano essere oltre il lecito esercizio del potere politico. Il TAR, decidendo sul solito ricorso presentato dalle associazioni, stabilisce che la caccia debba restare chiusa e vada aperta a ottobre. Bloccando così con decorrenza immediata la prevista apertura del 1° settembre. Ma l’assessore regionale Antonino Scilla non è d’accordo e si inventa una manovra corsara per non perdere consensi.

Cani falchi tigri e trafficanti

Una storia che merita di essere raccontata seguendo il filo degli eventi che la compongono. Tenendo ben presente che questa estate la Sicilia è stata una regione devastata dagli incendi. Con tutte le conseguenze del caso sulla fauna, che ha subito tutte le avversità derivanti dalla distruzione ambientale e dalla siccità. Un problema che per gli amministratori regionali deve essere sembrato secondario, rispetto agli interessi del potente mondo venatorio.

Seguendo il consolidato schema delle aperture anticipate della caccia la regione decide di aprire la caccia il 1° settembre. Senza tenere conto del parere rilasciato dall’ISPRA, l’organismo tecnico che fa capo al Ministero della Transizione Ecologica. Per questo le associazioni presentano un ricorso d’urgenza al TAR siciliano per ottenere la sospensiva del calendario venatorio. Una richiesta che il TAR accoglie, bloccando ogni attività venatoria sull’isola sino a ottobre.

Caccia e arroganza in Sicilia vanno da sempre sottobraccio, con la regione prona davanti alle richieste dei cacciatori

Le motivazioni del presidente del TAR Pancrazio Maria Savasta non lasciano né dubbi, né vie d’uscita agli amministratori. Il calendario deve conformarsi alla situazione ambientale e al parere dell’ISPRA. Quindi la caccia potrà aprire ma solo a ottobre. Ovviamente la decisione, presa in punta di diritto, fa esultare gli ambientalisti e strepitare i cacciatori. Un amministratore saggio e disinteressato si conformerebbe all’ordinanza della magistratura amministrativa, specie dopo aver letto le ragioni che motivano il provvedimento.

Ritenuto che, impregiudicata ogni valutazione in rito e sul fumus di fondatezza del ricorso, rimessa all’Udienza camerale di rinvio in composizione collegiale, sussiste il presupposto per l’adozione della misura cautelare monocratica, poiché, nel bilanciamento dei diversi interessi, anche in considerazione della rappresentata particolare situazione emergenziale nel territorio siciliano occasionata da diffusi incendi sviluppatisi nel periodo estivo e degli intuibili effetti sull’ambiente e sulla fauna stanziale, appare prevalente l’interesse pubblico generale alla limitazione dell’apertura della stagione venatoria, così come proposta, motivatamente, nel parere prot. n. 33198 del 22.6.2021 dell’ISPRA”

Tratto dal decreto del presidente della sezione distaccata di Catania del TAR Sicilia emessa in data 31 agosto 2021

Cosa decide di inventarsi l’assessore Scilla per far contenti i cacciatori isolani? Annulla in tutta fretta il provvedimento impugnato dalle associazioni presso il TAR e emette una disposizione che contiene un nuovo calendario venatorio. Stabilendo di fatto che la caccia possa essere subito riaperta, con grande soddisfazione del mondo venatorio. Le associazioni di protezione ambientale minacciano ulteriori azioni legali e anche di segnalare i fatti, incredibili, alle Procure della Repubblica e alla Corte dei Conti. A buona ragione in quanto un comportamento di questo genere, messo in atto da un amministratore pubblico, è eticamente inaccettabile.

La caccia dovrebbe essere vietata per l’intera stagione nelle regioni che hanno subito gravi danni al patrimonio ambientale

La Regione Sicilia ha chiesto in agosto al governo di decretare lo stato di emergenza per combattere gli incendi che la stavano devastando. Dichiarando nel contempo lo stato di calamità per far fronte ai danni e ottenere le risorse che consentissero lo spegnimento dei roghi (quasi tutti dolosi). Una situazione drammatica che ha sconvolto l’Italia centro meridionale, causando gravi danni non solo alle attività umane, ma anche alle aree naturali e alla fauna. Ferite ambientali che impiegheranno anni a rigenerarsi e che non possono essere sottovalutate.

Per questo sarebbe un gesto di grande responsabilità, che forse potrebbe anche servire come deterrente per i piromani, vietare la caccia per tutta la stagione. Dando un momento di respiro alla fauna e consentendo una reale tutela del nostro capitale naturale. Senza poter scordare che l’attività venatoria non è un diritto incomprimibile, per quanto riconosciuto, ma soltanto un’attività ludica e come tale davvero poco importante di fronte situazioni come quelle registrate.

Il patrimonio naturale è di proprietà dell’intero paese e la sua tutela dovrebbe avere la priorità su qualsiasi altra considerazione. La politica non può continuare a gestire i beni collettivi come strumenti per ottenere consenso elettorale e i cittadini devono alzare sempre di più la voce. Non può essere accettato che il parlamento non pensi a immediate e serie modifiche della normativa ambientale, cambiando completamente il senso delle priorità. La caccia non può più essere considerata uno strumento di gestione della fauna ma deve essere vista come un’attività ludica che non ci possiamo più permettere.

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